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Confisca denaro detenzione stupefacenti: i limiti

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che disponeva la confisca di una somma di denaro a una persona condannata per sola detenzione di stupefacenti. La Suprema Corte ha chiarito che in caso di semplice detenzione, il denaro non può essere considerato ‘profitto’ del reato. La confisca denaro detenzione stupefacenti è possibile solo a condizioni specifiche, come quelle previste per la confisca allargata per sproporzione, che il giudice di merito non aveva correttamente motivato.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca denaro detenzione stupefacenti: i limiti secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33963/2025, affronta un tema cruciale in materia di reati legati agli stupefacenti: la legittimità della confisca denaro detenzione stupefacenti. La pronuncia stabilisce chiari paletti, distinguendo nettamente tra la confisca del profitto del reato e la confisca cosiddetta allargata o per sproporzione, annullando la decisione di un tribunale che aveva applicato la misura in modo illegittimo.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Roma. Un’imputata veniva condannata per il reato di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. Durante un controllo di polizia, era stato rinvenuto un quantitativo di cocaina e una somma di 5.800 euro.

Contestualmente alla condanna, il Tribunale disponeva d’ufficio la confisca della somma di denaro sequestrata, motivando che tale somma derivasse da una pregressa attività di cessione di stupefacenti. Tuttavia, il capo di imputazione contestato all’imputata riguardava esclusivamente la detenzione della sostanza, non la sua vendita o cessione.

Il Ricorso in Cassazione: i limiti della confisca denaro detenzione stupefacenti

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un unico motivo: la violazione di legge in relazione agli articoli 240 del codice penale e 85 del d.P.R. 309/90. Il punto centrale dell’argomentazione difensiva era l’assenza di un nesso di causalità diretta tra la somma di denaro e il reato contestato.

Secondo il ricorrente, poiché l’accusa era limitata alla mera detenzione illecita di stupefacenti e non alla loro vendita, il denaro non poteva essere considerato ‘profitto’ del reato per cui si procedeva. La detenzione di per sé non genera un profitto economico; quest’ultimo deriva dall’atto della cessione, che però non era stato contestato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno svolto un’analisi approfondita delle diverse tipologie di confisca applicabili in materia di stupefacenti, chiarendone i presupposti e i limiti.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che la confisca del profitto del reato (prevista dall’art. 240 c.p. e richiamata dall’art. 73, comma 7-bis, d.P.R. 309/90) richiede un legame causale diretto e immediato tra il bene da confiscare e il reato per il quale è stata pronunciata condanna. Nel caso della sola detenzione di droga, questo nesso non sussiste, poiché il denaro non è il vantaggio economico che deriva direttamente dal detenere la sostanza.

In secondo luogo, la Corte ha esaminato la possibilità di applicare la cosiddetta ‘confisca allargata’ o ‘per sproporzione’, oggi disciplinata dall’art. 240-bis del codice penale e specificamente richiamata per i reati di droga dall’art. 85-bis del d.P.R. 309/90. Questa forma di confisca ha presupposti diversi: si applica a beni di valore sproporzionato rispetto al reddito del condannato, dei quali non sia possibile giustificare la lecita provenienza. Si tratta di una misura di sicurezza con funzione preventiva, volta a colpire ricchezze di origine illecita non giustificate.

Il Tribunale di Roma, pur menzionando la norma sulla confisca in casi particolari (art. 85-bis), aveva errato nella motivazione. Invece di verificare i requisiti della sproporzione e della mancata giustificazione della provenienza lecita del denaro, aveva giustificato la confisca affermando che la somma fosse il ‘provento di attività di spaccio’, ricollegandola così a un reato (la cessione) né contestato né accertato nel giudizio. In questo modo, il giudice di merito ha creato una motivazione ibrida e contraddittoria, incorrendo nel vizio di violazione di legge denunciato dal ricorrente.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al punto della confisca, rinviando la questione al Tribunale di Roma per un nuovo esame. Il principio di diritto che emerge è netto: la confisca denaro detenzione stupefacenti non può essere disposta automaticamente. Se il reato contestato è solo quello di detenzione, il denaro non può essere confiscato come ‘profitto’ del reato. Potrà essere confiscato solo se ricorrono i presupposti della confisca allargata, ovvero la dimostrazione da parte dell’accusa della sproporzione tra il valore del bene e il reddito del condannato, e la mancata giustificazione della provenienza lecita da parte di quest’ultimo. Il giudice, in tal caso, ha l’onere di fornire una motivazione rigorosa su tali specifici presupposti.

È possibile confiscare il denaro trovato in possesso di una persona accusata solo di detenzione di stupefacenti?
No, non come ‘profitto’ del reato. La sentenza chiarisce che il denaro non è un profitto diretto della mera detenzione. La confisca è possibile solo se si applicano le regole della ‘confisca allargata’, che richiedono la prova della sproporzione del valore del denaro rispetto al reddito del condannato e la mancata giustificazione della sua provenienza lecita.

Qual è la differenza tra confisca del profitto e confisca allargata?
La confisca del profitto (art. 240 c.p.) colpisce il vantaggio economico direttamente derivante dal reato per cui si è condannati. La confisca allargata (art. 240-bis c.p.) è una misura di sicurezza che colpisce beni di valore sproporzionato rispetto al reddito del condannato, per i quali non vi sia una giustificazione lecita, a prescindere da un nesso diretto con il singolo reato-spia.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del Tribunale?
La Corte ha annullato la sentenza perché il Tribunale ha giustificato la confisca del denaro come se fosse profitto di un’attività di spaccio, ma il reato contestato e accertato era solo quello di detenzione. Il giudice di merito non ha correttamente applicato né la disciplina della confisca del profitto (perché mancava il nesso causale con il reato di detenzione) né quella della confisca allargata (perché non ha motivato sulla sproporzione e sulla mancata giustificazione della provenienza).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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