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Confisca denaro detenzione: quando è illegittima

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di confisca denaro detenzione di stupefacenti. Se a un imputato è contestata solo la detenzione a fini di spaccio e non una specifica cessione, il denaro rinvenuto non può essere considerato profitto di quel reato e, pertanto, la sua confisca è illegittima. La sentenza ha annullato la confisca di 95 euro, chiarendo che deve esistere un nesso diretto tra la somma e il reato per cui si procede, non potendo essa derivare da presunte attività illecite pregresse e non contestate.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro Detenzione: Quando il Denaro Trovato non è Profitto del Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 9455 del 2024, offre chiarimenti cruciali sulla confisca denaro detenzione in materia di stupefacenti. Il principio affermato è di fondamentale importanza: se l’accusa è solo di detenzione a fini di spaccio, il denaro trovato addosso all’imputato non può essere automaticamente considerato ‘profitto’ di quel reato e, di conseguenza, non può essere confiscato. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti e Confisca

Il caso riguarda un individuo condannato per la detenzione di circa 11,7 grammi di cocaina. La Corte d’Appello, pur riqualificando il reato in un’ipotesi meno grave (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990), aveva confermato la confisca di due telefoni cellulari e di una somma di 95 euro trovati in possesso dell’imputato. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando tre aspetti: l’entità della pena, ritenuta eccessiva, e la legittimità della confisca sia dei telefoni che del denaro.

La Decisione della Cassazione: Analisi dei Motivi di Ricorso

La Suprema Corte ha esaminato separatamente i tre motivi di ricorso, giungendo a conclusioni diverse per ciascuno di essi.

Il Trattamento Sanzionatorio e la Motivazione della Pena

Il primo motivo, relativo alla presunta eccessività della pena, è stato respinto. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero adeguatamente motivato la loro decisione, tenendo conto di elementi oggettivi e soggettivi come la quantità di sostanza, il numero di dosi ricavabili (61 involucri) e i precedenti penali specifici e reiterati dell’imputato. La motivazione è stata quindi giudicata congrua.

La Confisca degli Strumenti: i Telefoni Cellulari

Anche il secondo motivo, riguardante la confisca dei cellulari, è stato respinto. La Cassazione ha confermato che la confisca di un bene è legittima quando esiste un ‘nesso di asservimento’ tra l’oggetto e il reato. Nel caso di specie, i telefoni sono stati considerati strumenti funzionali all’attività di spaccio, una conclusione supportata dal ritrovamento, insieme alla droga, di un quaderno con nomi e cifre. Questo ha dimostrato che i dispositivi non erano occasionalmente legati al reato, ma ne costituivano parte integrante.

La Confisca Denaro Detenzione: Il Punto Cruciale della Sentenza

Il terzo motivo di ricorso, relativo alla confisca denaro detenzione, è stato invece accolto. Questo rappresenta il cuore della pronuncia. La Corte ha stabilito un principio netto: per confiscare una somma di denaro come ‘profitto’ del reato, è indispensabile che tale somma sia il provento diretto del reato per cui si sta procedendo.

Nel caso specifico, all’imputato era stata contestata la mera detenzione della sostanza a fini di spaccio, non un episodio concreto di vendita. Di conseguenza, i 95 euro non potevano rappresentare il profitto di un’azione (la detenzione) che, di per sé, non genera un introito economico. Anche ammettendo che quel denaro fosse il ricavato di precedenti e diverse cessioni di droga, tali episodi non erano oggetto di contestazione in quel procedimento. Mancava, quindi, il nesso di pertinenzialità tra il denaro sequestrato e il reato specifico per cui l’imputato era stato condannato.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base dell’art. 240 del codice penale. Questa norma permette la confisca delle cose che costituiscono il profitto del reato. Il profitto è il vantaggio economico che si ricava direttamente dalla commissione dell’illecito. Se l’illecito contestato è la detenzione, non vi è un profitto economico diretto. Confiscare il denaro in questo contesto significherebbe punire l’imputato per altri reati (le presunte vendite passate) per i quali non è stato né imputato né condannato in quel giudizio. La statuizione ablatoria deve essere strettamente collegata alla regiudicanda, cioè all’oggetto specifico del processo. Poiché il nesso tra i 95 euro e il reato di detenzione era assente, la confisca è stata ritenuta illegittima e la sentenza annullata su questo punto, con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce un confine chiaro per l’applicazione della confisca del denaro nei reati di droga. Non è sufficiente trovare del contante su una persona accusata di detenzione per poterlo confiscare. L’accusa deve dimostrare che quella specifica somma è il risultato di un’attività di cessione contestata nel procedimento. Questa decisione rafforza il principio di legalità e di correlazione tra accusa e condanna, impedendo confische basate su mere presunzioni o su condotte illecite estranee al giudizio in corso.

Quando può essere confiscato il denaro trovato in possesso di una persona accusata solo di detenzione di stupefacenti?
In linea di principio, non può essere confiscato. La sentenza chiarisce che la confisca del denaro come ‘profitto del reato’ è possibile solo se esso deriva direttamente dal reato contestato. Poiché la mera detenzione non genera un profitto, il denaro non può essere confiscato, a meno che non si contesti e si provi un atto specifico di cessione da cui quel denaro è derivato.

Perché la confisca dei telefoni cellulari è stata considerata legittima, a differenza di quella del denaro?
La confisca dei telefoni è stata ritenuta legittima perché è stato dimostrato un ‘nesso di asservimento’ tra i dispositivi e il reato. I telefoni sono stati considerati strumenti utilizzati per commettere il reato di spaccio (contattare gli acquirenti), mentre il denaro non poteva essere qualificato né come strumento né come profitto del reato di sola detenzione.

Cosa significa che deve esistere un ‘nesso di pertinenzialità’ tra il bene confiscato e il reato?
Significa che deve esserci un legame diretto e specifico tra l’oggetto e il reato per cui si è stati condannati in quel processo. Non è sufficiente un collegamento generico o la presunzione che il bene derivi da altre attività illecite non contestate. La confisca deve riguardare esclusivamente gli strumenti o il profitto del reato oggetto del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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