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Confisca denaro da spaccio: quando è illegittima?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23727/2025, ha annullato la confisca di denaro a carico di un imputato condannato per detenzione e tentata cessione di stupefacenti. La Corte ha stabilito che, in assenza di un nesso di pertinenzialità diretto tra la somma sequestrata e il reato specifico, la confisca del denaro è illegittima. In particolare, per un reato solo tentato, non può esistere né un ‘prezzo’ né un ‘profitto’ da confiscare.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro da Spaccio: La Cassazione Stabilisce i Limiti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 23727 del 2025, ha offerto un importante chiarimento sui limiti della confisca denaro in materia di reati legati agli stupefacenti. La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: non è sufficiente trovare del denaro in possesso di un imputato per poterlo confiscare. È necessario dimostrare un legame diretto e inequivocabile, un ‘nesso di pertinenzialità’, tra quella somma e il reato specifico contestato. Questo principio assume particolare rilevanza quando il reato è solo tentato.

I Fatti del Caso: Detenzione e Tentata Cessione di Stupefacenti

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di quattro persone per detenzione in concorso di circa trenta grammi di marijuana e tentata cessione della stessa sostanza. L’abitazione dove si svolgevano i fatti era monitorata dalle forze dell’ordine e considerata una vera e propria ‘piazza di spaccio’.

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni. Tre dei quattro ricorsi sono stati giudicati inammissibili perché considerati mere riproposizioni di argomenti già valutati e respinti nei gradi di merito. La Corte ha confermato la responsabilità penale degli imputati, basandosi sulle prove raccolte, come la sorveglianza dell’appartamento, il rinvenimento di stupefacenti e strumenti per il confezionamento, e le testimonianze degli acquirenti.

L’eccezione: il ricorso sulla confisca del denaro

L’unico motivo di ricorso che ha trovato accoglimento è stato quello relativo alla confisca di 50 euro trovati addosso a uno degli imputati. A quest’ultimo era stata contestata una tentata cessione per un corrispettivo di soli cinque euro. La sua difesa ha sostenuto che la somma di 50 euro non poteva essere considerata né il prezzo, né il profitto del reato contestato, che peraltro non si era neanche consumato.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Confisca Denaro

La Corte di Cassazione ha accolto questa tesi, annullando la sentenza sul punto della confisca. Il ragionamento dei giudici è stato chiaro e si basa su una distinzione cruciale tra i diversi reati e la natura del bene sequestrato.

La Corte ha spiegato che la sentenza impugnata non aveva fornito alcuna motivazione sul perché i 50 euro dovessero essere considerati provento o profitto del reato di detenzione. Per poter procedere alla confisca denaro in relazione alla semplice detenzione di stupefacenti, è necessario che sussista un nesso di pertinenzialità tra il denaro e l’attività illecita. Non è confiscabile il denaro che rappresenta il ricavato di precedenti cessioni o che è destinato a futuri acquisti, in quanto non può essere qualificato come ‘strumento’, ‘prodotto’, ‘profitto’ o ‘prezzo’ del reato di detenzione contestato.

Il caso della tentata cessione

Ancora più netto è il ragionamento in relazione al reato di tentata cessione. La Corte ha ribadito un principio logico e giuridico: se un reato non si è consumato, non può aver generato un profitto o un prezzo. Pertanto, il denaro trovato in possesso dell’imputato non poteva essere confiscato a tale titolo. La confisca, in questo caso, sarebbe stata illegittima perché priva del suo presupposto fondamentale: l’esistenza di un profitto derivante dal reato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa decisione rafforza un importante principio di garanzia nel diritto penale. La confisca denaro non può essere una misura automatica basata su semplici sospetti o sulla generica contestualizzazione del ritrovamento. Per essere legittima, deve essere rigorosamente provato dall’accusa il legame diretto tra la somma sequestrata e lo specifico reato per cui si procede.

Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Onere della Prova: Spetta all’accusa dimostrare che il denaro è il prezzo o il profitto del reato, non alla difesa provare la sua provenienza lecita.
2. Distinzione tra Reati: La possibilità di confisca varia a seconda del reato contestato. Per la detenzione, le regole sono più stringenti (richiamando la confisca allargata ex art. 240-bis c.p. in certi casi) rispetto alla cessione consumata.
3. Reato Tentato: In caso di reato solo tentato, la confisca del presunto ‘prezzo’ è da escludersi, poiché la transazione economica non è mai avvenuta.

In sintesi, la Suprema Corte ha tracciato una linea netta per evitare confische arbitrarie, ancorando la misura ablativa a una prova concreta del suo collegamento con il fatto-reato.

È sempre possibile confiscare il denaro trovato in possesso di una persona accusata di detenzione di stupefacenti?
No, non è sempre possibile. La confisca del denaro è legittima solo se l’accusa dimostra l’esistenza di un ‘nesso di pertinenzialità’, ovvero un legame diretto, tra la somma di denaro e il reato di detenzione contestato. Non è sufficiente che il denaro sia trovato nella disponibilità dell’imputato.

Se una persona è accusata solo di tentata cessione di droga, il denaro che ha con sé può essere confiscato come ‘profitto’ del reato?
No. La sentenza stabilisce che, poiché il reato di cessione non si è consumato ma è rimasto a livello di tentativo, non può esserci né un ‘prezzo’ né un ‘profitto’. Di conseguenza, la confisca del denaro a tale titolo è illegittima.

Qual è la differenza tra la confisca per il reato di detenzione e quella per il reato di cessione di stupefacenti?
Per il reato di cessione consumata, il denaro ricevuto come corrispettivo è considerato il ‘prezzo’ o ‘profitto’ e può essere confiscato. Per il reato di mera detenzione, invece, il denaro può essere confiscato solo se si dimostra che è lo strumento, il prodotto o il profitto di quell’attività (cosa più difficile da provare) o se ricorrono le più stringenti condizioni previste per la confisca allargata (art. 240-bis c.p.).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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