Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13184 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13184 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a NAPOLI il 21/08/1972
avverso la sentenza del 10/01/2025 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di NOME
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG, che ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al GUP presso il Tribunale di Noia.
Con la sentenza indicata in epigrafe, il GUP presso il Tribunale di Noia ha applicato nei confronti di NOME COGNOME ai sensi degli artt. 444 ss. cod.proc.pen. e in riferimento al reato previsto dall’art.73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, la pena finale di anni due di reclusione ed C 10.000,00 di multa; disponendo, altresì, la confisca della somma di C 2.750,00, originariamente sottoposta a sequestro in quanto ritenuta provento di attività di spaccio.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione; con il quale ha dedotto, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen., la mancanza della motivazione o comunque la sua manifesta illogicità e contraddittorietà in ordine al punto della sentenza concernente la confisca del denaro.
Ha premesso che, in sede di interrogatorio di garanzia e in relazione al complesso del denaro sequestrato, l’imputato aveva ammesso la derivazione dell’attività di spaccio in ordine a soli C 3.850,00, dichiarando invece che la rimanente parte del denaro (C 2.750,00), rinvenuto nella camera da letto, era un accantonamento operato da parte della moglie e dei figli, costituendo il provento dell’attività lavorativa svolta da questi ultimi nonché il residuo di un risarcimento danno riconosciuto alla moglie; ha dedotto che, essendo il denaro un bene fungibile, non era ontologicamente possibile provarne l’effettiva provenienza ma che, nel caso di specie, sussistevano elementi idonei a dimostrare l’estraneità della somma rispetto all’attività di spaccio, considerando la documentazione allegata e il diverso taglio delle monete rispetto agli altri importi sequestrati.
Il Procuratore generale ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va premesso che i limiti di ammissibilità del ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta sono attualmente regolati dal disposto dell’art.448, comma 2bis, cod.proc.pen., introdotto
dalla I. 23 giugno 2017. n.103, ai sensi del quale il Pubblico Ministero e l’imputato possono ricorrere solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza, conseguendone l’inammissibilità del ricorso per cassazione con cui si deducano vizi di violazione di legge differenti da quelli tassativamente indicati nel citato comma 2-bis (Sez.6, n.1032 del 07/11/2019, dep.2020, COGNOME, Rv. 278337-01; Sez.fer. n.28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761).
Avendo questa Corte precisato, nel suo massimo consesso, che la sentenza di patteggiamento che abbia applicato una misura di sicurezza è ricorribile per cassazione nei soli limiti di cui all’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., ove la misura sia stata oggetto dell’accordo tra le parti, diversamente – come nel caso di specie – essendo ricorribile per vizio di motivazione ai sensi della disciplina generale prevista dall’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 21368 del 26/09/2019, dep. 2020, Savin, Rv. 279348).
Mentre, è stato altresì rilevato che l’obbligo di motivazione del giudice in relazione alla confisca diretta del profitto del reato deve essere parametrato alla particolare natura della sentenza, rispetto alla quale – pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti – lo sviluppo argomentativo della decisione è necessariamente correlato all’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione (Sez. 2, n. 28850 del 05/06/2019, COGNOME, Rv. 276574; Sez. 2, n. 13915 del 05/04/2022, NOME, Rv. 283081).
Nel caso di specie, deve ritenersi che non sussista il denunciato vizio di manifesta illogicità.
Difatti, il giudice procedente – nell’esposizione dei fatti all’origine della formulazione dell’imputazione – ha dato atto del rinvenimento della predetta somma all’interno della camera da letto dell’imputato; ha altresì dato atto, in ordine alla dedotta provenienza legittima del denaro, che non sussisteva alcun principio di prova documentale dal quale evincere che lo stesso fosse stato effettivamente versato dalla moglie e dai figli dell’imputato per una, non meglio precisata, attività di accantonamento.
Non avendo ritenuto, con argomentazione congrua e non palesemente illogica, che tale elemento potesse essere dedotto dal solo comprovato svolgimento di attività lavorativa da parte dei figli dell’imputato e dalla ricezione, da parte della moglie, di una somma (pari sulla base della
documentazione depositata) a € 3.900,00, a titolo risarcitorio, in epoca di sei mesi antecedente rispetto alla perquisizione.
Mentre alcun elemento di palese illogicità può neanche essere dedotto dal solo dato del diverso taglio delle monete rispetto a quello della rimanente parte della somma sequestrata.
Va quindi concluso per il rigetto del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente