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Confisca denaro da spaccio: motivazione necessaria

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che confermava la confisca di 18.000 euro a un imputato per spaccio di stupefacenti. La decisione sottolinea che, anche in caso di patteggiamento, la confisca del denaro richiede una motivazione specifica e non congetturale che dimostri il ‘vincolo di pertinenzialità’ tra la somma sequestrata e l’attività illecita contestata. La mancanza di una prova diretta che quei soldi fossero il profitto delle cessioni ha portato all’annullamento con rinvio, imponendo al giudice di riesaminare il caso e motivare adeguatamente l’eventuale provvedimento.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro e Spaccio: La Cassazione Richiede una Motivazione Rigorosa

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 34177/2024 riafferma un principio fondamentale in materia di misure patrimoniali: la confisca denaro ritenuto profitto di un reato, come lo spaccio di stupefacenti, non può mai essere automatica. Anche in contesti processuali come il patteggiamento, il giudice è tenuto a fornire una motivazione solida e puntuale che dimostri il legame diretto tra la somma sequestrata e l’attività criminale. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi espressi dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale trae origine da un provvedimento con cui il Giudice per le indagini preliminari, in sede di patteggiamento, aveva disposto la confisca di 18.000 euro nei confronti di un imputato. Tale somma era stata ritenuta il profitto derivante da reiterate cessioni di sostanze stupefacenti.

Questo provvedimento era già stato oggetto di un primo ricorso in Cassazione, che lo aveva annullato per totale assenza di motivazione riguardo al nesso tra il denaro e il reato. Il caso era stato quindi rinviato a un altro giudice, il quale, però, aveva nuovamente confermato la confisca, argomentando che la somma dovesse considerarsi il profitto delle cessioni contestate. Contro questa seconda decisione, la difesa ha proposto un nuovo ricorso, lamentando la violazione di legge e un vizio di motivazione, poiché il legame tra i soldi e l’attività illecita era stato affermato su basi puramente congetturali.

La Decisione della Corte e la Confisca Denaro

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso, annullando per la seconda volta la sentenza limitatamente alla parte sulla confisca. Il punto centrale della decisione risiede nell’obbligo di una motivazione rafforzata quando si dispone una misura ablativa così incisiva. I giudici di legittimità hanno ricordato che la giurisprudenza è orientata in senso restrittivo sulla possibilità di confiscare somme di denaro trovate in possesso di un imputato, anche a fronte di accertate cessioni di stupefacenti.

Il semplice fatto di trovare del denaro non è sufficiente. È necessario che il giudice dimostri, con argomenti logici e basati sulle risultanze processuali, che quella specifica somma costituisce il profitto del reato contestato. Non è possibile basarsi su mere supposizioni o estendere la confisca a ipotetiche attività di spaccio non accertate nel procedimento.

Le Motivazioni

La Corte ha evidenziato come il giudice del rinvio non avesse sanato il vizio motivazionale segnalato nella prima sentenza di annullamento. La motivazione della seconda decisione è stata giudicata nuovamente carente e illogica. In particolare, non era stato provato il cosiddetto ‘vincolo di pertinenzialità’ tra i 18.000 euro e le specifiche cessioni di droga contestate all’imputato.

La difesa aveva sottolineato che le cessioni accertate erano di modesta entità, avvenivano con cadenza mensile e per piccole somme, circostanze che mal si conciliavano con il sequestro di una cifra così consistente. Inoltre, la Corte ha specificato che la somma non poteva essere collegata né al reato di coltivazione né a quello di detenzione di stupefacenti, poiché queste condotte, di per sé, non generano un profitto economico diretto confiscabile in questa forma. Di conseguenza, affermare che il denaro fosse il frutto di un’attività di spaccio più ampia, ma non provata, rappresentava una congettura inaccettabile. La sentenza impugnata doveva essere annullata perché il giudice, pur nella sua autonomia, non aveva superato i vizi motivazionali rilevati.

Le Conclusioni

Con questa pronuncia, la Corte di Cassazione ribadisce che il diritto di proprietà è tutelato anche nel processo penale e può essere limitato solo in presenza di rigorosi presupposti di legge, supportati da una motivazione adeguata. La confisca del denaro non può trasformarsi in una sanzione patrimoniale automatica. Il giudice che la dispone ha l’onere di spiegare chiaramente perché quella somma è il prodotto o il profitto del reato, basandosi su elementi concreti emersi nel processo. Il caso è stato quindi nuovamente rinviato al Tribunale, affinché un altro giudice riesamini la questione della confisca, attenendosi ai principi di diritto e all’obbligo di una motivazione completa e logica.

È possibile confiscare una somma di denaro trovata a una persona accusata di spaccio?
Sì, ma solo se viene rigorosamente dimostrato che quella specifica somma di denaro costituisce il profitto diretto delle attività di spaccio contestate e accertate nel procedimento. Non può essere basata su mere congetture.

In un patteggiamento, la confisca del denaro è automatica?
No, anche nelle sentenze di applicazione della pena su richiesta (patteggiamento), il provvedimento di confisca deve essere sorretto da un’autonoma e adeguata motivazione che giustifichi il vincolo di pertinenzialità tra il denaro e il reato.

Cosa significa che la motivazione della confisca è viziata?
Significa che il giudice non ha spiegato in modo logico e basato su prove concrete perché ritiene che il denaro sequestrato sia il profitto del reato. Una motivazione è viziata se è assente, contraddittoria, o si fonda su semplici supposizioni anziché su elementi processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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