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Confisca denaro contrabbando: motivazione necessaria

In un caso di contrabbando di tabacchi, la Corte di Cassazione ha annullato la confisca di 9.980 euro. La sentenza stabilisce che per procedere alla confisca del denaro come profitto del reato non è sufficiente ritenere inverosimile la giustificazione dell’imputato, ma è necessaria una motivazione che provi concretamente il legame tra la somma e l’attività illecita. La questione della confisca denaro contrabbando viene quindi rinviata alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Denaro Contrabbando: Quando la Prova è Indispensabile

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 8651 del 2024, torna su un tema cruciale nel diritto penale patrimoniale: la confisca denaro contrabbando. Il principio affermato è netto: per confiscare una somma di denaro ritenuta profitto di un reato, non basta smentire la versione difensiva sulla sua provenienza, ma è onere dell’accusa fornire una prova concreta del nesso causale tra il denaro e l’attività illecita. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri. L’imputato era stato trovato in possesso di 339 chilogrammi di sigarette di contrabbando. Contestualmente al sequestro della merce, le autorità avevano rinvenuto e sequestrato anche una somma in contanti di 9.980,00 euro.

Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano disposto la confisca di tale somma, ritenendola il profitto dell’attività di contrabbando. L’imputato, dal canto suo, aveva sempre sostenuto che il denaro fosse di provenienza lecita, affermando di averlo ricevuto in prestito da un parente per l’acquisto di un’automobile, tesi supportata anche da dichiarazioni testimoniali.

La Decisione della Cassazione sulla confisca del denaro

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione lamentando due aspetti: l’eccessività della pena e l’illegittimità della confisca del denaro. La Suprema Corte ha trattato i due motivi in modo distinto, giungendo a conclusioni opposte.

La Pena: Ricorso Inammissibile

Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno evidenziato che la pena inflitta (due anni di reclusione) era stata determinata tenendo conto della notevole gravità del fatto (l’ingente quantitativo di tabacchi) e dei precedenti penali dell’imputato. La pena, inoltre, era già stata fissata su valori inferiori alla media edittale, rendendo la lamentela dell’imputato generica e infondata.

La Confisca: Necessario un Accertamento Concreto

Il cuore della sentenza risiede nel secondo motivo di ricorso. La Cassazione ha accolto la tesi difensiva, annullando la sentenza impugnata limitatamente alla confisca del denaro. Il punto centrale è il vizio di motivazione delle corti di merito. Secondo gli Ermellini, sia il Tribunale che la Corte d’Appello si erano limitati a confutare la tesi difensiva, giudicandola “inverosimile” per l’assenza di prove sulla programmazione dell’acquisto di un’auto e per il divieto di pagamenti in contanti di tale importo. Tuttavia, da questa smentita avevano tratto in modo assertivo la conclusione che il denaro derivasse necessariamente dal commercio illecito di tabacchi.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha chiarito che questo modo di ragionare è insufficiente. Confutare la versione dell’imputato non equivale a provare la tesi dell’accusa. Ai sensi dell’art. 301 del d.P.R. n. 43 del 1973, la confisca del profitto del reato è obbligatoria, ma presuppone un accertamento rigoroso della sua provenienza illecita.

Il giudice deve indicare gli elementi concreti e specifici che dimostrano il legame causale tra la somma sequestrata e l’attività criminale contestata. Nel caso di specie, mancavano elementi che indicassero, ad esempio, recenti cessioni di tabacchi di contrabbando da parte dell’imputato che potessero aver generato quel profitto. La sola detenzione della merce illecita, per quanto ingente, non è di per sé sufficiente a dimostrare che il denaro trovato contestualmente sia il ricavato di quella specifica attività. La motivazione della Corte d’Appello è stata quindi giudicata insufficiente e inidonea a fondare una misura ablativa così incisiva come la confisca.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza annulla la confisca e rinvia la questione a un’altra sezione della Corte d’Appello di Napoli per un nuovo giudizio. Quest’ultima dovrà rivalutare il punto, ricercando e indicando elementi dimostrativi concreti della provenienza illecita della somma. La decisione riafferma un principio di garanzia fondamentale: la confisca patrimoniale non può basarsi su mere presunzioni o sulla semplice mancanza di credibilità della versione difensiva. Spetta all’organo giudicante fornire una motivazione solida e ancorata ai fatti per provare che un bene costituisce effettivamente il profitto di un reato.

È sufficiente smentire la giustificazione dell’imputato per confiscare del denaro trovato in suo possesso?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che per disporre la confisca del denaro come profitto di reato non basta ritenere inverosimile la spiegazione fornita dall’imputato, ma è necessario un accertamento positivo che dimostri la derivazione causale di tale somma dall’attività illecita.

Per quale motivo la Cassazione ha annullato la confisca del denaro in questo caso?
La confisca è stata annullata per un vizio di motivazione. Le sentenze di merito si erano limitate a confutare la tesi difensiva senza fornire elementi di prova concreti che collegassero la somma di 9.980 euro al reato di contrabbando, traendo conclusioni in modo assertivo e insufficiente.

La pena inflitta per il reato di contrabbando è stata modificata dalla Cassazione?
No. La parte del ricorso relativa alla misura della pena è stata dichiarata inammissibile. La Corte ha ritenuto che la sanzione fosse adeguata alla gravità del fatto e ai precedenti dell’imputato. L’annullamento della sentenza riguarda unicamente la statuizione sulla confisca del denaro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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