Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30601 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30601 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore Della Repubblica Presso il Tribunale di Teramo
nel procedimento nei confronti di:
COGNOME NOME, nato a Teramo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/03/2024 del Tribunale di Teramo
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Teramo;
lette le conclusioni scritte degli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, difensori di COGNOME NOME, che hanno concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Tribunale di Teramo, in funzione di giudice del riesame ex art. 324 cod. proc. pen., ha annullato il
provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari con cui era stato disposto il sequestro preventivo in funzione della confisca, in forma diretta, del denaro quale profitto di reato per la somma di euro 700.985,60, nei confronti di NOME COGNOME, ovvero, in alternativa, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, ed, in via sussidiaria, nella forma “per equivalente”, nei confronti di entrambi i predetti soggetti, in relazione al reato di cui all’art. 316-bis cod. pen ed all’illecito per responsabilità amministrativa dell’ente ex artt. 5-24 d.lgs. n.231/2001.
Il Tribunale, pur ravvisando il presupposto del fumus di reato, ha escluso la possibilità di configurare un profitto suscettibile di confisca anche per equivalente, in quanto, pur ammettendo che il profitto possa essere costituito da un accrescimento patrimoniale per effetto del risparmio di spesa conseguente all’impiego delle somme oggetto del finanziamento pubblico per pagare i debiti della società e per le altre uscite correnti, tuttavia, non sarebbe configurabile alcun profitto del reato a beneficio del COGNOME, non avendo questi conseguito alcun incremento patrimoniale per effetto dell’erogazione del finanziamento.
COGNOME La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Teramo ha proposto ricorso, articolando le seguenti censure.
2.1. Con un unico motivo deduce violazione di legge, in ordine al concetto di profitto del reato, atteso che il beneficio economico conseguente dal reato non deve essere necessariamente conseguito da colui che ha commesso il reato (Sez. U. n. 29952 del 24/05/2004, COGNOME).
Si obietta che l’interpretazione del Tribunale crea una zona franca in caso di diversità del soggetto che ha beneficiato del profitto del reato e si pone in contrasto con il principio affermato circa la legittimità della confisca dell’intero profitto caso di concorrente nel reato, quando non sia individuabile il soggetto che ne ha personalmente beneficiato, considerato che la confisca aveva titolo anche nella disposizione dell’art. 19 d.lgs. 231/2001, trattandosi di reato che rientra tra quelli che costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni che di seguito si espongono.
Nel caso di specie dalla sequenza procedimentale descritta dallo stesso Giudice del riesame, emerge che il sequestro è stato disposto dal Giudice delle indagini preliminari, in via principale, nei confronti sia della società e sia ne
confronti dell’indagato, in funzione della anticipata confisca diretta del denaro e, in via subordinata, nella forma della anticipata confisca per equivalente.
COGNOME Prima di procedere all’esame del caso concreto, è utile richiamare i principi, oramai consolidati, affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di confisca diretta e di confisca per equivalente del profitto del reato, nonché in relazione al rapporto che intercorre tra l’amministratore di una società, dotata di personalità giuridica, quale autore del reato, e la società stessa, quale diretta beneficiaria del profitto del reato.
Tale premessa si impone perché la decisione impugnata risulta viziata dall’erronea interpretazione della disciplina della confisca diretta del profitto del reato e della confisca per equivalente, quest’ultima ammessa solo nei casi tassativamente indicati dalla legge.
Innanzitutto, si deve ricordare che il profitto del reato, quando sia costituito da denaro – come nella fattispecie in esame – o da altri beni fungibili è sempre oggetto di confisca diretta laddove il denaro sia concretamente reperito nella disponibilità dell’autore del reato (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264437; Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037).
Il profitto del reato, in linea di principio, è suscettibile di confisca anche n confronti dei soggetti diversi dall’autore del reato, che in quanto diretti beneficiar non potrebbero essere considerati “persona estranea al reato”, secondo quanto disposto in via generale dall’art. 240 cod. pen. che prevede la confisca del profitto del reato nei confronti di chiunque ne abbia conseguito la disponibilità, fatta salva la tutela della buona fede del terzo.
Sulla base di tale regola generale anche nel caso in cui il profitto del reato sia costituito dall’indebito utilizzo di una provvista di denaro erogata in favore di un ente giuridico, tali somme di denaro possono senz’altro essere confiscate direttamente nei confronti dell’ente giuridico che ne abbia beneficiato in conseguenza del reato commesso dall’amministratore.
Solo laddove tali somme di denaro non vengano materialmente reperite presso l’ente beneficiato dal profitto del reato commesso dal suo amministratore, sarà consentito operare la confisca per equivalente, di regola, unicamente nei confronti dell’amministratore, in base all’art. 322-ter cod. pen., non essendo la confisca per equivalente, attesa la sua natura sanzionatoria, applicabile ad un soggetto terzo diverso dall’autore del reato, sempre che non ricorrano i presupposti della confisca per equivalente prevista dalla disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Va considerato che, nel caso di specie, rispetto alla società trova applicazione anche l’art. 19 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 che prevede la confisca diretta del
profitto del reato o, in subordine, per equivalente, poiché l’art. 24 del citato d. Igs contempla il reato di malversazione di cui all’art. 316-bis cod. pen. tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, in quanto incluso tra i reatipresupposto della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche a norma dell’art. 5 del citato d.lgs n.231/2001.
Si tratta di principi che sono stati affermati dalle Sez. U. Gubert in tema di reati tributari, ma che assumono una valenza generale, salve le peculiarità proprie del fatto che all’epoca della richiamata pronuncia di legittimità i reati tributari non erano previsti tra i reati-presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, diversamente dal reato per cui si procede e da quanto ora previsto dall’art. 25quinquiesdecies del d.lgs.321/2001, introdotto dall’art. 39 del d.l. 26 ottobre 2019, n.75, convertito dalla legge 19 dicembre 2019, n.157, che ha esteso la responsabilità degli enti anche ai reati tributari previsti dal d.lgs.10 marzo 2000, n.74.
Innanzitutto, assume rilievo il primo principio affermato dalla richiamata decisione delle Sezioni Unite, secondo cui « É consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tribut commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella disponibilità di tale person giuridica».
È stato, inoltre, chiarito che nel caso in cui tale profitto non sia reperibile nella disponibilità della persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non può essere disposto nei confronti di una persona giuridica, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio.
Si tratta del caso in cui la società rappresenta solo uno schermo attraverso cui l’amministratore agisce come effettivo titolare.
In una simile ipotesi, infatti, la trasmigrazione del profitto del reato in capo all’ente non si atteggia alla stregua di trasferimento effettivo di valori, ma quale espediente fraudolento non dissimile dalla figura della interposizione fittizia; con la conseguenza che il denaro o il valore trasferito devono ritenersi ancora pertinenti, sul piano sostanziale, alla disponibilità del soggetto che ha commesso il reato, in “apparente” vantaggio dell’ente ma, nella sostanza, a favore proprio.
Altro fondamentale principio affermato sempre dalla sentenza “Gubert”, che assume qui rilevanza, è quello secondo cui « Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario compiuto dagli organi della
persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona (compresa quella giuridica) non estranea al reato».
Quest’ultimo principio, a ben vedere, non è altro che la riproposizione dell’orientamento già consolidato secondo cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente è legittimo solo quando il reperimento dei beni costituenti il profitto del reato sia impossibile, sia pure transitoriamente, ovvero quando gli stessi non siano aggredibili per qualsiasi ragione (Sez. 3, n. 30930 del 05/05/2009, Pierro, Rv. 244934).
Conseguentemente, l’amministratore di una società che abbia consentito all’ente di beneficiare del profitto del reato, sarà esposto alla confisca per equivalente, e perciò al sequestro preventivo finalizzato ad anticiparne e preservarne gli effetti, salvo che non vi siano elementi per ritenere che il denaro confluito nel patrimonio della società sia rientrato nella sua disponibilità diretta, assumendo la società la natura di mero soggetto interposto, così da potersi procedere ad una confisca diretta del denaro nei confronti dell’amministratore responsabile dell’illecito penale o, laddove non sia reperibile denaro, attraverso la confisca per equivalente anche nei confronti della società, qualora questa risulti un mero schermo attraverso il quale il reo agisce come effettivo titolare dei beni.
Va ricordato che la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato si qualifica sempre come confisca diretta, e non per equivalente, ma sul presupposto che risulti certo che il profitto del reato rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito dal suo autore, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione (vedi Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037).
Ne discende che, ove vi sia la prova certa che l’accrescimento patrimoniale, quale profitto del reato, sia stato conseguito da una società, dotata di effettiva autonomia patrimoniale rispetto all’amministratore, e quindi da un soggetto diverso dall’autore del reato, la confisca nei confronti di quest’ultimo potrà essere disposta solo nella forma della confisca per equivalente, anche se oggetto di essa dovesse essere del denaro, e, quindi, sempre subordinatamente al mancato reperimento di denaro nelle casse della società beneficiata, essendo la confisca per equivalente consentita e giustificata solo qualora ricorra l’impossibilità di procedere alla confisca diretta del profitto nei confronti del soggetto che lo ha materialmente conseguito.
A tale riguardo deve, perciò, affermarsi, in linea di principio, che anche nel caso di profitto costituito da denaro, la confisca diretta nei confronti dell’autore del reato è ammessa solo se risulti che questi ne abbia beneficiato personalmente attraverso l’accrescimento del proprio patrimonio, essendo in caso contrario
ammessa nei suoi confronti soltanto la confisca per equivalente, nonostante la disponibilità di somme di denaro.
Ulteriore profilo che deve essere chiarito è quello afferente alla nozione di profitto del reato, che può essere costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario. (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036 in tema di reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui all’art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000).
Tuttavia, rispetto ai reati in cui il profitto sia la conseguenza dell’indebita erogazione di somme di denaro (art. 316-ter cod. pen.), o dell’indebito utilizzo per finalità diverse da quelle per le quali il finanziamento è stato erogato (art. 316-bis cod. pen.), il vantaggio patrimoniale non è dato dal risparmio di spesa, ma dall’incremento patrimoniale dovuto alla diretta erogazione della somma di denaro.
Tanto ciò premesso, si deve rilevare che, nel caso in esame, il reato presupposto non è stato oggetto di censure, perché il ricorso investe solo la pertinenzialità dei beni sequestrati al COGNOME, sotto il profilo che il denaro oggett del finanziamento pubblico con destinazione di scopo sarebbe stato pacificamente versato nelle casse della società e sarebbe stato impiegato quasi interamente per ripianare i debiti della società e non per realizzare l’impianto di raccolta dei rifiut per conto della Regione Abruzzo (finalità vincolata del finanziamento pubblico).
E, dunque, senza un incameramento del profitto da parte del COGNOME o di altri soggetti diversi dalla società, chiamata a rispondere anche a titolo di responsabilità amministrativa in quanto avvantaggiata dal reato commesso dal suo amministratore.
In ragione di tale condotta dell’organo apicale della società RAGIONE_SOCIALE, ritenuta, secondo l’imputazione provvisoria, commessa nell’interesse e ad esclusivo vantaggio di detta società, che ha tratto un indebito vantaggio patrimoniale dall’utilizzo della quasi totalità della prima tranche del finanziamento per far fronte al pagamento di imposte e tributi, nonché delle retribuzioni del personale dipendente e dei compensi ai fornitori – somme così distolte dalla finalità pubblicistica – sono stati contestati all’amministratore unic il delitto di cui all’art. 316-bis cod.pen., ed all’ente l’illecito amministrativo prev dagli artt. 5 e 24, commi 1 e 3, d.lgs. n. 231/2001.
Alla stregua dei principi in premessa richiamati, risulta evidente che il sequestro preventivo poteva essere legittimamente disposto, in via prioritaria, nei confronti della società, in funzione anticipatoria della confisca diretta, ove fossero state reperite somme di denaro di importo corrispondente al finanziamento erogato, ovvero, nel caso contrario, in funzione della confisca per equivalente, a norma dell’art.19 del d.lgs. n.231/2001, trattandosi di profitto derivante da un reato incluso tra quelli per i quali è prevista la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche.
Nei confronti dell’amministratore della società, COGNOME NOME, il sequestro preventivo poteva essere legittimamente disposto in funzione della confisca per equivalente, essendo tale forma di confisca prevista dall’art. 322-ter cod. pen. anche per il reato di cui al 316-bis cod. pen., ma solo subordinatamente alla condizione del mancato rinvenimento del denaro nelle casse della società beneficiata dal profitto del reato, una volta escluso che il profitto sia entrato nel suo patrimonio, qualora si possa ritenere accertato che il denaro oggetto del finanziamento sia stato effettivamente impiegato per le spese della società non dissimulatorie della disponibilità in capo all’amministratore, attraverso lo schermo della società, intesa quale mero soggetto interposto.
Va ricordato, poi, che anche il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 24 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, indipendentemente dalla natura obbligatoria o facoltativa della confisca (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848).
In conclusione, deve essere disposto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per verificare, alla stregua dei principii sopra affermati, se confermare il sequestro disposto nei confronti della società quale beneficiaria del profitto confiscabile in forma diretta ai sensi dell’art. 322-ter cod. pen. nonché ai sensi dell’art. 19 d. Igs. n. 231/2001, o in subordine nella forma per equivalente ai sensi della sola disposizione di cui all’art. 19 del citato d.lgs. 231/2001, avendo il Tribunale omesso di valutare l’ulteriore presupposto del c.d. periculum in mora al fine di giustificare l’anticipazione della confisca prima del passaggio in giudicato della sentenza per effetto dell’annullamento del sequestro preventivo in accoglimento della richiesta di riesame avanzata dalla difesa di NOME COGNOME.
Deve essere, inoltre, verificato se confermare, sempre ove ricorra il presupposto del “periculum in mora” non oggetto di valutazione, il sequestro per equivalente disposto nei confronti dell’amministratore NOME COGNOME, in linea
subordinata al mancato rinvenimento del profitto nelle casse della società o, eventualmente, in forma diretta, ma solo ove risultino elementi concreti per ritenere che il denaro sia entrato nella sua disponibilità, qualora si accerti che la società sia solo uno schermo dell’indagato (interposizione fittizia).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 12 giugno 2024 Il cons COGNOME re estensore COGNOME
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