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Confisca del denaro: la Cassazione e la prova del nesso

La Cassazione Penale analizza la confisca del denaro alla luce di un nuovo principio delle Sezioni Unite. Anche se ora serve la prova del nesso causale tra denaro e reato per la confisca diretta, il ricorso di una società è stato rigettato. La Corte ha ritenuto sufficienti gli indizi sulla provenienza illecita delle somme, distinguendo tra confisca diretta del profitto e confisca per equivalente.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca del Denaro: Le Sezioni Unite Cambiano le Regole, ma la Cassazione Conferma il Sequestro

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 9444 del 2025, offre un’importante analisi sulla confisca del denaro, un tema di grande attualità e complessità. Il caso è particolarmente significativo perché interviene a ridosso di una rivoluzionaria pronuncia delle Sezioni Unite che ha ridefinito la distinzione tra confisca diretta e per equivalente. Vediamo come la Corte ha applicato i nuovi principi a un caso concreto di sequestro preventivo.

I Fatti di Causa

Il procedimento nasce dal ricorso presentato dalla legale rappresentante di una società a responsabilità limitata contro un’ordinanza del Tribunale di Monza. Quest’ultimo aveva confermato il sequestro preventivo di somme di denaro presenti su due conti correnti societari, per un totale di oltre 42.000 euro.
Il sequestro era stato disposto nell’ambito di un’indagine che vedeva le somme come profitto di un reato. La vicenda era una ‘costola’ di un altro procedimento più ampio, in cui erano state sequestrate due polizze vita del valore di quasi un milione di euro. I fondi derivanti dalla liquidazione di tali polizze erano stati accreditati a una prima società, considerata di fatto amministrata dall’indagato principale, la quale aveva poi trasferito una cospicua parte di quel denaro (circa 290.000 euro) alla società ricorrente, a lui riconducibile tramite i suoi familiari. La difesa sosteneva che il sequestro fosse una duplicazione illegittima di una misura già in atto e che si trattasse di una confisca per equivalente non consentita.

Il Cambiamento Epocale sulla Confisca del Denaro

Il cuore della decisione ruota attorno a un recente mutamento giurisprudenziale delle Sezioni Unite della Cassazione (udienza del 26/9/2024). In passato, vigeva il principio secondo cui il denaro, essendo un bene fungibile, poteva sempre essere oggetto di confisca diretta. Non era necessario provare che quelle specifiche banconote o quel saldo derivassero dal reato; era sufficiente che una somma equivalente fosse illecitamente entrata nel patrimonio dell’indagato.
Le Sezioni Unite hanno ribaltato questa impostazione, affermando un principio più garantista: la confisca del denaro ha natura diretta soltanto se viene fornita la prova della derivazione causale di quella somma dal reato. In tutti gli altri casi, quando cioè non si può provare questo nesso diretto, la confisca deve essere qualificata come per equivalente.

Le Motivazioni della Cassazione

Nonostante questo nuovo e importante principio, la Sesta Sezione Penale ha rigettato il ricorso. La Corte ha ritenuto che, anche alla luce delle nuove regole, il provvedimento del Tribunale di Monza fosse legittimo. Il Tribunale, infatti, aveva già individuato una serie di ‘elementi indiziari sintomatici’ sufficienti a dimostrare la derivazione del denaro dal reato contestato.
In particolare, sono stati valorizzati due aspetti:
1. La riconducibilità della società: La società ricorrente non poteva essere considerata un ‘terzo estraneo’ ai fatti, in quanto le quote erano detenute dall’indagato principale e la gestione era affidata alla sua compagna e alla figlia. Questa stretta connessione ha permesso di superare lo schermo societario.
2. L’assenza di giustificazione lecita: La difesa non ha fornito alcuna prova o allegazione riguardo a una possibile causa lecita per il trasferimento di quasi 300.000 euro tra le due società, rafforzando così l’ipotesi della provenienza illecita.
Inoltre, la Corte ha chiarito che non vi era alcuna duplicazione di sequestri. Il sequestro nel procedimento ‘principale’ aveva ad oggetto l’equivalente del profitto (beni offerti in sostituzione delle polizze), mentre quello nel presente procedimento aveva ad oggetto il profitto diretto del reato, ovvero proprio quella parte di denaro che, dopo vari passaggi, era finita sui conti della società ricorrente.

Conclusioni

La sentenza rappresenta una delle prime applicazioni del nuovo principio stabilito dalle Sezioni Unite sulla confisca del denaro. Se da un lato viene innalzato l’onere probatorio per l’accusa, che ora deve dimostrare un nesso causale per procedere con la confisca diretta, dall’altro lato la decisione conferma che tale prova può essere raggiunta anche attraverso solidi elementi indiziari. La riconducibilità soggettiva delle entità coinvolte e l’assenza di giustificazioni economiche alternative rimangono elementi chiave che i giudici possono utilizzare per tracciare il percorso del denaro illecito e sottoporlo a sequestro, qualificandolo come profitto diretto del reato.

Quando la confisca di somme di denaro è considerata ‘diretta’ secondo i nuovi principi?
Secondo la recente pronuncia delle Sezioni Unite citata nella sentenza, la confisca di denaro è ‘diretta’ solo quando esiste la prova della derivazione causale del bene rispetto al reato. In tutti gli altri casi in cui questo nesso non è provato, la confisca è qualificabile ‘per equivalente’.

Perché il ricorso della società è stato rigettato nonostante il nuovo principio giurisprudenziale fosse potenzialmente più favorevole?
Il ricorso è stato rigettato perché la Corte ha ritenuto che il Tribunale avesse già individuato sufficienti elementi indiziari per dimostrare la derivazione del denaro dal reato. In particolare, è stata evidenziata la stretta riconducibilità della società all’indagato principale e l’assenza di una giustificazione lecita per il trasferimento di fondi, elementi sufficienti a provare il nesso causale richiesto.

La Corte ha riscontrato una duplicazione illegittima del sequestro?
No. La Cassazione ha chiarito che non vi era alcuna duplicazione, in quanto i due procedimenti penali avevano oggetti diversi. Un procedimento riguardava un sequestro funzionale alla confisca per equivalente su beni offerti in sostituzione, mentre il procedimento in esame riguardava un sequestro funzionale alla confisca diretta del profitto del reato, confluito nei conti della società ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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