Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22323 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22323 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a PALERMO il 15/11/1977
avverso la sentenza del 29/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso dell’Avv. NOME COGNOME udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G. NOME
CIMMINO
Ricorso trattato con rito cartolare
RITENUTO IN FATTO
NOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza del 29/10/2024 della Corte di appello di Palermo, con cui, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo, è stata rideterminata la pena inflitta all’imputato in ordine al delitto di tentata rapina, escluse le aggravanti contestate (comma 3 n. 1 e n. 3-bis dell’art. 628 cod. pen.) e riconosciuta l’attenuante della lieve entità del fatto.
La difesa affida il ricorso a due motivi, con i quali deduce:
nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e), cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e per irragionevolezza e contraddittorietà della motivazione, in relazione agli artt. 56, 628 cod. pen., nonché in relazione all’art. 125 cod. proc. pen.;
nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e), cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e per mancanza di motivazione, in relazione all’art. 240, comma 1, cod. pen., nonché in relazione all’art. 125 cod. proc. pen.
Con requisitoria del 28 aprile 2025, la Procura generale ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al secondo motivo e per l’inammissibilità nel resto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al secondo motivo. È, invece, inammissibile nel resto.
La questione di cui al primo motivo di ricorso – che attiene all’esclusione della desistenza volontaria GLYPH appare congruamente valutata dalla sentenza impugnata.
Come affermato da Sez. 3, n. 17518 del 28/11/2018 – dep. 2019, T., Rv. 275647 – 01 «In tema di desistenza dal delitto e di recesso attivo, la decisione, rispettivamente, di interrompere l’azione criminosa o di porre in essere una diversa condotta finalizzata a scongiurare l’evento deve essere il frutto di una scelta volontaria dell’agente, non riconducibile ad una causa indipendente dalla sua volontà o necessitata da fattori esterni».
Nel caso in esame, come evidenziato dalla Corte di appello, dalla ricostruzione della dinamica dei fatti non appare emergere alcun elemento di volontaria interruzione dell’azione posta in essere dall’imputato, non essendo stato consumato il delitto a causa di fattori esterni, quali l’opposizione della persona
offesa, nei termini descritti dalla stessa. Sul punto, peraltro, la censura finisce per fondarsi su un’alternativa ricostruzione dei fatti alternativamente prospettata dalla
difesa, la quale suddivide in due segmenti la ricostruzione del fatto operata dalla p.o., al fine di neutralizzare la valenza degli antecedenti comportamentali che
risultano essere stati correttamente letti dal giudice del merito nell’ambito dell’unitario disegno volto a conseguire, con minaccia, la somma di denaro. In
assenza di ulteriori profili di valutazione idonei ad incidere sulla ricostruzione dei fatti, la sentenza impugnata appare immune da censure.
3. A diverse conclusioni può pervenirsi con riferimento al secondo motivo di ricorso.
La confisca del casco in sequestro, motivata nel giudizio di primo grado in ragione della riconosciuta circostanza aggravante dell’uso del casco come arma,
non rinviene adeguata motivazione nella sentenza impugnata a fronte della eselusione della menzionata aggravante da parte della Corte territoriale che ha
ritenuto fondato sul punto il motivo di appello con cui la difesa aveva censurato il riconoscimento circostanziale del fatto operato dal Tribunale.
Sancito che il casco non ha assunto alcun ruolo nel corso della condotta contestata, la conferma dell’ordine di confisca e distruzione dà luogo ad un’errata applicazione della legge penale, ponendosi al di fuori delle ipotesi contemplate dall’art. 240 cod. pen.
In conclusione, va annullata senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca e distruzione del casco in sequestro che va restituito all’avente diritto, dichiarandosi inammissibile nel resto il ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca del casco con conseguente restituzione dello stesso all’avente diritto.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Manda alla Cancelleria per la comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso, il 14 maggio 2025.