Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 38651 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 38651 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/11/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME NOME a Casaluce il DATA_NASCITA avverso la sentenza resa il 17 marzo 2025 dalla Corte di appello di Roma. lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; preso atto che non è stata avanzata richiesta di trattazione orale dell’udienza; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; chiesto dichiararsi l’inammissibilità d el ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ordinanza impugnata il Tribunale, decidendo su rinvio della Corte di Cassazione, che aveva annullato la sentenza di applicazione della pena nei confronti di COGNOME per il reato di corruzione attiva, ex art. 321 cod.pen., nella parte in cui aveva omesso di disporre la confisca del profitto nei confronti dell’imputato , ha provveduto al riguardo; in particolare ha ordiNOME la confisca diretta o per equivalente della somma di euro 14. 300, determinata ai sensi dell’art. 322 ter comma 2 cod.proc.pen. e cioè in misura pari agli importi versati dal corruttore in favore del pubblico ufficiale.
2.Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso l’imputato , deducendo quanto segue.
2.1. I llegittimità costituzionale dell’art. 322 ter comma 2 cod.pen. in relazione all’art . 444 comma 1 ter cod. proc. pen. per violazione de ll’art.3 della Costituzione in quanto l’art. 444 comma 1 ter stabilisce che nei procedimenti per i delitti contro la pubblica amministrazione, tra cui quelli previsti dagli artt. 314, 317,318,319 ,319 ter , 319 quater e 322 bis cod.pen., l’ammissibilità della richiesta di patteggiamento è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato, mentre per il corruttore privato di cui all’art. 321 cod. pen. tale condizione di ammissibilità del patteggiamento non sussiste; va però considerato che l’art. 322 ter cod. pen. impone, in caso di condanna o patteggiamento per i reati indicati dagli articoli da 314 a 320 cod. pen. e quindi anche per la corruzione di c ui all’art. 319 cod. pen. la confisca obbligatoria anche per equivalente del profitto o del prezzo della corruzione e, solo per il delitto ex art. 321 cod.pen., la confisca obbligatoria del profitto.
Tale diversa previsione comporta che mentre il soggetto corrotto allorché acceda al patteggiamento ha un quadro chiaro delle conseguenze sanzioNOMErie che derivano dalla propria scelta processuale, in quanto a pena d’inammissibilità del patteggiamento deve avere restituito il prezzo o il profitto del reato, non altrettanto avviene per il soggetto corruttore, che si vedrà applicata in via automatica la sanzione obbligatoria della confisca obbligatoria del prezzo del profitto.
La Corte costituzionale, chiamata a valutare questa questione, con la sentenza n.194 del 2022 non l’ha ritenuta infondata ma inammissibile, poiché non strumentale e pregiudiziale rispetto alla decisione del giudice a quo, mentre nel caso di specie la vicenda ha una sua incidenza.
2.2 Violazione de ll’art. 322 ter comma 2 cod.pen. in quanto nel caso di specie la somma è già stata oggetto di confisca nei confronti del soggetto corrotto e in questo modo si determinerebbe una duplicazione della confisca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile.
1.1. La questione di legittimità costituzionale, già dedotta con il primo ricorso per cassazione, è inammissibile perché manifestamente infondata e carente di interesse.
In sostanza, secondo il ricorrente, il fatto che l’art. 444, comma 1 ter, cod. proc. pen. che subordina l’ammissibilità del la richiesta di patteggiamento per alcuni reati e tra questi quelli di corruzione alla restituzione integrale del prezzo o del profitto – non si applichi al corruttore privato ex art. 321 cod. pen., sarebbe gravemente pregiudizievole per quest’ultimo e si porre bbe in contrasto con il principio di eguaglianza, in quanto il
soggetto privato potrebbe “subire” una confisca non prevista ma applicata automaticamente dal giudice ex art. 322 ter cod. pen. .
Giova ricordare che con diverse pronunzie ed in ultimo con la sentenza n. 128 del 2025 la Corte Costituzionale ha ribadito che «in tema di disciplina del processo e di conformazione degli istituti processuali il legislatore dispone di un’ampia discrezional ità, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute ( ex plurimis : sentenze n. 17 del 2011; n. 229 e n. 50 del 2010; n. 221 del 2008; ordinanze n. 43 del 2010, n. 134 del 2009, n. 67 del 2007)»
La sentenza della Corte costituzionale n. 194 del 2022, richiamata dal ricorrente, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità dell’art. 444 comma 1 ter cod.proc.pen. sollevata in riferimento all’articolo 3 della Costituzione perché questa norma pacificamente non si applica al corruttore attivo imputato del reato di cui all’art. 321 cod.pen.
Nel caso in esame , che presenta caratteristiche analoghe, si ipotizza la illegittimità dell’art. 322 ter comma 2 cod. pen. in quanto prevede anche per il privato corruttore la confisca obbligatoria del profitto per il corruttore, mentre l’art. 444 comma 1 ter cod.proc.pen. non prevede nei suoi confronti la integrale restituzione del prezzo o del profitto come condizione di inammissibilità del patteggiamento.
A ben vedere il ricorrente si duole che una norma più grave, che impone una condizione all’accesso dei pubblici ufficiali corrotti al patteggiamento , non sia applicabile al privato corruttore e lamenta che a costui si applichi solo l’art. 322 ter comma 2 cod. pen., che impone la confisca obbligatoria del profitto del reato, norma analoga a quella prevista per il pubblico ufficiale.
Così facendo il ricorrente formula una questione non sostenuta da adeguato interesse poiché in effetti il regime previsto per il corruttore privato è più favorevole rispetto a quello del pubblico ufficiale corrotto, che non può avere accesso al patteggiam ento se non ha provveduto all’integrale restituzione del prezzo o del profitto del reato.
La questione è comunque manifestamente infondata poiché è evidente che si tratta di una scelta precisa del legislatore che non ha voluto sottoporre ad una condizione onerosa, come la restituzione integrale del profitto e del prezzo, il soggetto estraneo alla pubblica amministrazione, riservando un trattamento deteriore a chi è venuto meno ai suoi doveri di fedeltà nei confronti della funzione pubblica esercitata.
1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
L’art. 322 ter cod.pen. al secondo comma stabilisce che nel caso di condanna o di applicazione della pena a norma dell’articolo 444 cod.proc.pen. per il delitto previsto dall’art. 321 cod.pen. ‘ è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto, salvo che appartengano a persone estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente
a quello di detto profitto e comunque non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio ‘ .
E’ evidente che la confisca de qua si riferisce al vantaggio ottenuto per effetto del reato dal privato corruttore e che, solo nel caso di impossibilità di determinare l’importo del profitto in concreto conseguito, viene calcolata, per espressa previsione normativa, in misura non inferiore al vantaggio realizzato dal pubblico ufficiale corrotto, e cioè al prezzo della corruzione.
Si tratta pertanto di due voci ben distinte del sinallagma che sta alla base del patto criminale, il prezzo della corruzione incassato dal pubblico ufficiale corrotto e il vantaggio ricavato dal corruttore, che consiste nella situazione più favorevole che è derivata al privato per effetto del comportamento illecito del pubblico ufficiale corrotto; solo in caso di impossibilità di determinazione specifica del vantaggio ricavato dal corruttore per effetto del reato, la norma prevede un criterio di calcolo che fissa il limite minimo della somma da confiscare nel valore del prezzo della corruzione e cioè nel valore dell’importo ricevuto dal pubblico ufficiale per venir meno ai suoi doveri di corretto ed imparziale esercizio della funzione.
Come è stato brillantemente osservato, la clausola di salvezza contenuta nella parte finale del comma 2 dell’articolo 322 ter cod. proc. pen. ha la sola finalità di facilitare la individuazione del quantum da assoggettare a confisca per equivalente, laddove l’entità del profitto effettivamente esistente e conseguito dal corruttore non sia agevolmente determinabile e trova giustificazione nella logica economica di qualsivoglia fare corruttivo per cui è possibile ragionevolmente ritenere che ai fini della confisca il profitto, se sussistente ma non facilmente determinabile, non possa comunque essere inferiore al prezzo dato o promesso al corrotto. (Sez. 6 n.9929 del 13/2/2014, COGNOME)
E’ evidente , pertanto, che non si realizza alcuna duplicazione della confisca, con conseguente violazione del principio del ne bis in idem , poiché il legislatore prevede l’ablazione del vantaggio che ciascuno dei soggetti che aderiscono al patto illecito ha ricavato dal suo comportamento e che non è sovrapponibile, se non ai fini della determinazione del quantum da confiscare.
Per le ragioni sin qui esposte, si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una ammenda che si ritiene congruo liquidare nella somma di euro 3000 in proporzione al grado di colpa nella presentazione della impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma 14 novembre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME