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Confisca corruzione: è legittima per il corruttore?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato per corruzione attiva, confermando la legittimità della confisca del profitto del reato. L’imputato sosteneva una disparità di trattamento rispetto al pubblico ufficiale corrotto e un’illegittima duplicazione della confisca. La Corte ha stabilito che la diversa disciplina del patteggiamento è una scelta legittima del legislatore e che la confisca a carico del corruttore (relativa al suo vantaggio) e quella a carico del corrotto (relativa al prezzo ricevuto) non costituiscono una duplicazione, in quanto colpiscono vantaggi illeciti distinti.

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Pubblicato il 28 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Corruzione: Legittima per il Corruttore Anche Senza Restituzione Preventiva

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un’importante questione relativa alla confisca corruzione, chiarendo la sua applicabilità nei confronti del corruttore privato che accede al rito del patteggiamento. La decisione conferma che la confisca del profitto del reato è obbligatoria, anche se al corruttore non è richiesta, a differenza del pubblico ufficiale, la restituzione preventiva delle somme come condizione per patteggiare. Analizziamo i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni.

Il Contesto del Ricorso: Patteggiamento e Confisca Omissa

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento per il reato di corruzione attiva. Inizialmente, il giudice aveva applicato la pena concordata omettendo, però, di disporre la confisca del profitto del reato a carico dell’imputato. La Corte di Cassazione, in un precedente giudizio, aveva annullato parzialmente tale sentenza proprio su questo punto, rinviando gli atti al Tribunale per provvedere.

Il Tribunale, in sede di rinvio, ha quindi ordinato la confisca, anche per equivalente, della somma di 14.300 euro, quantificata come pari all’importo versato dal corruttore al pubblico ufficiale. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, sollevando due principali motivi di doglianza.

La Questione di Legittimità Costituzionale sulla Confisca Corruzione

Il ricorrente ha sollevato dubbi sulla costituzionalità delle norme che regolano la confisca corruzione per il soggetto privato, evidenziando una presunta disparità di trattamento e il rischio di una duplicazione della sanzione patrimoniale.

La Disparità di Trattamento tra Corruttore e Corrotto

Il primo argomento si basava sulla differenza di disciplina per l’accesso al patteggiamento. Mentre per il pubblico ufficiale corrotto l’art. 444, comma 1 ter, c.p.p. subordina l’ammissibilità del patteggiamento alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato, tale condizione non è prevista per il corruttore privato (ex art. 321 c.p.).
Secondo la difesa, questa differenza creerebbe un’ingiustificata disparità: il corruttore privato, pur non essendo obbligato a restituire le somme per poter patteggiare, si vedrebbe comunque applicata d’ufficio la confisca obbligatoria del profitto prevista dall’art. 322 ter c.p. Questo, a suo dire, violerebbe il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione.

Il Rischio di Duplicazione della Confisca

Il secondo motivo di ricorso lamentava la violazione del principio del ne bis in idem. L’imputato sosteneva che, poiché la somma era già stata oggetto di confisca nei confronti del pubblico ufficiale corrotto (in quanto prezzo della corruzione), ordinarne una seconda a suo carico (in quanto profitto) avrebbe significato punire due volte per lo stesso fatto economico, determinando una duplicazione della confisca.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni con motivazioni chiare e nette.

La Scelta Discrezionale del Legislatore

In merito alla questione di legittimità costituzionale, i giudici hanno ribadito che il legislatore gode di un’ampia discrezionalità nella disciplina degli istituti processuali, con il solo limite della manifesta irragionevolezza. La scelta di prevedere un trattamento diverso per il corruttore e per il corrotto non è affatto irragionevole. Anzi, è una scelta precisa volta a riservare un trattamento più severo (la restituzione come condizione per patteggiare) a chi, come il pubblico ufficiale, ha violato i propri doveri di fedeltà verso la pubblica amministrazione. Il regime previsto per il corruttore privato, che non deve restituire il profitto per patteggiare, è in realtà più favorevole, non più gravoso. Pertanto, la questione è stata ritenuta manifestamente infondata.

L’Insussistenza del “Ne Bis in Idem”

La Corte ha smontato anche la tesi della duplicazione della confisca. Ha chiarito che il patto corruttivo genera due vantaggi illeciti distinti e non sovrapponibili:
1. Il prezzo della corruzione: la somma di denaro o l’utilità che il pubblico ufficiale riceve. Questa somma è oggetto di confisca nei suoi confronti.
2. Il profitto della corruzione: il vantaggio (spesso di natura economica o patrimoniale) che il corruttore privato ottiene grazie all’atto illecito del pubblico ufficiale.

La confisca disposta ai sensi dell’art. 322 ter, comma 2, c.p. mira a colpire specificamente il vantaggio ottenuto dal corruttore. La norma stabilisce che, qualora sia impossibile determinare l’esatto ammontare di questo profitto, la confisca debba essere calcolata in una misura non inferiore al prezzo della corruzione. Questo è un criterio di calcolo minimo, non un’identificazione tra le due somme. Non vi è quindi alcuna duplicazione, ma l’ablazione di due arricchimenti illeciti distinti, derivanti dal medesimo patto criminale ma facenti capo a soggetti diversi.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di reati contro la pubblica amministrazione: la confisca corruzione è uno strumento sanzionatorio imprescindibile che colpisce tutti i soggetti coinvolti nel patto illecito. La decisione chiarisce che il legislatore ha volutamente creato regimi differenziati per il corruttore e il corrotto, senza che ciò violi il principio di eguaglianza. Soprattutto, afferma che la confisca del profitto del corruttore e quella del prezzo del corrotto sono misure distinte che possono e devono coesistere, in quanto mirano a neutralizzare i diversi vantaggi economici generati dal reato. Per i professionisti e gli operatori del diritto, questa pronuncia ribadisce la natura inderogabile della confisca nei reati di corruzione, anche nell’ambito dei riti alternativi come il patteggiamento.

È costituzionalmente illegittimo che il corruttore privato possa patteggiare senza restituire il profitto, a differenza del pubblico ufficiale, ma subisca comunque la confisca?
No, secondo la Corte non è illegittimo. Si tratta di una scelta discrezionale e non irragionevole del legislatore, che ha inteso riservare un trattamento più severo al pubblico ufficiale che ha violato i suoi doveri di fedeltà. Il regime previsto per il corruttore privato è, di fatto, più favorevole.

Ordinare la confisca del profitto a carico del corruttore privato costituisce una duplicazione se la stessa somma (il prezzo della corruzione) è già stata confiscata al pubblico ufficiale?
No, non si realizza alcuna duplicazione. La Corte spiega che il prezzo incassato dal pubblico ufficiale e il vantaggio (profitto) ottenuto dal corruttore sono due voci distinte del patto criminale. La confisca colpisce l’arricchimento illecito di ciascuno dei soggetti coinvolti, che non è sovrapponibile.

Come si calcola il valore della confisca per il corruttore privato se il suo profitto non è facilmente determinabile?
La legge (art. 322 ter, comma 2, c.p.) stabilisce un criterio di calcolo minimo. Se il profitto concreto non è agevolmente determinabile, la confisca viene ordinata per un valore che non può essere inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale, cioè al prezzo della corruzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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