Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9707 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9707 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, n. Sassari il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/01/2023 del G.u.p. del Tribunale di Oristano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste scritte trasmesse dal Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv., con modiff., dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176 che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; lette le conclusioni rassegnante nell’interesse del ricorrente dall’AVV_NOTAIO
COGNOME, la quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Depositata in Cancelleria
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19 gennaio 2023, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Oristano, decidendo in giudizio abbreviato, ha assolto NOME COGNOME dal reato di detenzione illecita di 775,27 Kg. di infiorescenze di marijuana, con principio attivo medio di 0,49% (per un totale di Kg. 3,760 di THC), nonché di ulteriori modici quantitativi RAGIONE_SOCIALE stessa sostanza e di hashish contenuti in tre bustine termosaldate, perché il fatto non costituisce reato.
Avverso detta sentenza, a mezzo del difensore fiduciario, l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, con il primo motivo, la mancanza di motivazione nella parte in cui la sentenza reputa provata l’efficacia drogante dei Kg. 775,27 di sostanza in sequestro. Trattandosi di canapa sativa L. con principio attivo medio dello 0,49% – e un significativo livello di CBD, antagonista che ridimensiona gli effetti RAGIONE_SOCIALE del THC – la ricorrente lamenta che, con mera petizione di principio, la sentenza abbia disatteso l’orientamento RAGIONE_SOCIALE più accreditata letteratura scientifica, condiviso anche dalla giurisprudenza, secondo cui non può riconoscersi efficacia drogante a sostanze che non raggiungano un livello di THC pari ad almeno 0,50%. Disattendendo l’orientamento fissato dalle Sezioni unite RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione, il giudice non aveva operato alcuna indagine volta ad accertare in concreto l’efficacia drogante RAGIONE_SOCIALE sostanza, limitandosi a richiamare genericamente il convincimento espresso da istituzioni nazionali (il RAGIONE_SOCIALE) e sovranazionali (in particolare, la RAGIONE_SOCIALE del 1961), fraintendendone tuttavia la portata.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione RAGIONE_SOCIALE legge penale in relazione agli artt. 7 cedu, 25 e 117 Cost e 1 cod. pen. nella parte in cui è stata affermata l’illiceità RAGIONE_SOCIALE condotta di detenzione di infiorescenza di canapa sativa aventi un livello di THC inferiore a 0,50%, nonostante all’epoca dei fatti non fosse chiara la portata applicativa RAGIONE_SOCIALE I. n. 242 del 2016 con particolare riguardo alla illiceità dell’attività di commercializzazione dei derivati RAGIONE_SOCIALE canap sativa. La norma penale – si argomenta, citando anche giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Corte Edu – deve essere formulata in modo da evitare il ricorso all’uso di concetti e criteri vaghi o aperti incompatibili con i requisiti di chiarezza e prevedibilità.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione RAGIONE_SOCIALE legge penale in relazione agli artt. 7 cedu, 25 e 117 Cost e 1 cod. pen. nella parte in cui sono state disposte la confisca e la distruzione RAGIONE_SOCIALE sostanza in sequestro. Posto che,
sul piano convenzionale, anche la confisca va considerata pena, l’art. 7 cedu impone che essa possa trovare applicazione soltanto quando a carico dell’autore del reato sia stato accertato un profilo di responsabilità soggettiva. Essendo nel caso di specie stato accertato il difetto dell’elemento soggettivo del reato – si allega – la confisca non poteva essere ordinata, pena la violazione delle disposizioni evocate, che impongono un’interpretazione RAGIONE_SOCIALE disciplina nazionale conforme a quella convenzionale, salva, in difetto, la necessità di sollevare questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 25 e 117 Cost. in relazione all’art. 7 cedu.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 1, Prot. 1 cedu, in relazione agli artt. 117 e 42 Cost., nella parte in cui è stata disposta l confisca con distruzione RAGIONE_SOCIALE canapa in sequestro. Posto che la citata disposizione convenzionale esige un ragionevole rapporto di proporzionalità tra la privazione RAGIONE_SOCIALE proprietà privata per interessi generali e lo scopo di interesse generale perseguito, nel rispetto del principio del contraddittorio, l’applicazione automatica RAGIONE_SOCIALE confisca è in contrasto con questi principi. Nel caso di specie si lamenta – il giudice ha disposto automaticamente la confisca senza aver effettuato alcun bilanciamento tra interesse RAGIONE_SOCIALE collettività e interesse dell’incolpato, non ha considerato la pur riconosciuta assenza di colpa né valutato la possibilità di adottare misure meno restrittive ovvero la restituzione RAGIONE_SOCIALE sostanza condizionata al rispetto di determinate modalità. Anche in questo caso si imponeva un’interpretazione convenzionalmente orientata o, in subordine, la proposizione di una questione di legittimità costituzionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione circa l’integrazione del reato previsto dall’art. 73, comma 4, T.U. stup. in relazione alla detenzione e commercializzazione di derivati RAGIONE_SOCIALE c.d. Cannabis sativa L., coltivata seguendo la disciplina RAGIONE_SOCIALE citata I. 242 del 2016, è stata già approfonditamente trattata in diverse decisioni di questa Corte e definitivamente messa a punto da una sentenza delle Sezioni unite. Ai fini RAGIONE_SOCIALE decisione del ricorso è opportuno riepilogare i principi nella specie applicabili.
Dalla giurisprudenza di legittimità resa sul punto si ricava che principio cardine RAGIONE_SOCIALE disciplina in materia è la generale previsione, contenuta nell’art. 26, comma 1, T.U. stup., di divieto RAGIONE_SOCIALE coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze RAGIONE_SOCIALE di cui alle tabelle indicate nell’art. 14 T.U. stup senza la prescritta autorizzazione, la “coltivazione” è una delle condotte oggetto
d’incriminazione da parte dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990; tuttavia, come da tempo precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte – e, come subito si dirà, anche di recente ribadito – per l’integrazione del reato occorre che il giudice verifichi in concreto l’offensività RAGIONE_SOCIALE condotta di coltivazione, ovvero l’idoneit RAGIONE_SOCIALE sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile (Sez. U, n. 28605 del 24/04/2008, COGNOME, Rv. 239921).
2.1. In via d’eccezione generale, la coltivazione di piante da cui sono estraibili sostanze RAGIONE_SOCIALE è consentita solo previo rilascio di autorizzazione, che può essere concessa, ai sensi degli artt. 17 e 26 d.P.R. n. 309 del 1990, dal RAGIONE_SOCIALE a enti o imprese interessati alla coltivazione per finalità commerciali, ovvero a istituti universitari o laboratori pubblici aventi fi istituzionali di ricerca, per scopi scientifici, sperimentali e didattici.
2.2. Con specifico riguardo alla cannabis ed ai prodotti da essa ottenuti che l’art. 14, comma 1, lett. b), T.U. stup. considera stupefacente indipendentemente dalla qualità (in particolare, indica o sativa) RAGIONE_SOCIALE specie botanica – l’art. 26, comma 1, T.U. stup. pone un’ulteriore eccezione al divieto di coltivazione con riguardo alla «canapa coltivata esclusivamente per la produzione di fibre o per altri usi industriali diversi da quelli di cui all’articolo 27, cons dalla normativa dell’Unione europea».
2.3. In questa cornice s’inserisce la legge 2 dicembre 2016, n. 242, recante “disposizioni per la promozione RAGIONE_SOCIALE coltivazione e RAGIONE_SOCIALE filiera agroindustriale RAGIONE_SOCIALE canapa” che sono state introdotte con la finalità, espressamente dichiarata dall’art. 1, comma 1, di sostenere e promuovere la coltivazione e la filiera RAGIONE_SOCIALE canapa (Cannabis sativa L.) «quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e RAGIONE_SOCIALE desertificazione e alla perdita di biodiversità, nonché come coltura da impiegare quale possibile sostituto di colture eccedentarie e come coltura da rotazione».
La finalità RAGIONE_SOCIALE legge, quindi, è quella di affermare la liceità, incentivare sostenere la coltivazione RAGIONE_SOCIALE canapa in vista dei suoi molteplici utilizzi in ambito agro-industriale, senza interferire con il mercato illecito finalizzato al consumo personale di quella sostanza, la quale contiene Delta-9-tetraidrocannabinolo e Delta-8-trans-tetraidrocannabinolo (di seguito THC), principio attivo idoneo a provocare effetti RAGIONE_SOCIALE e psicotropi.
2.4. L’art. 1, comma 2, I. 242/2016 ne delimita l’ambito applicativo e si riferisce alle coltivazioni non di qualsivoglia tipo botanico di canapa, ma solo «delle varietà ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’articolo 17 RAGIONE_SOCIALE direttiva 2002/53/CE del RAGIONE_SOCIALE, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli RAGIONE_SOCIALE e sostanze psicotrope,
prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309».
2.5. Le varietà di canapa iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole si caratterizzano per la bassa concentrazione di THC, tale, di regola, da non superare lo 0,2%. Del resto, il rispetto di questo limite, per un verso, è imposto per l’importazione dei semi di canapa nei Paesi dell’Unione europea dal Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del RAGIONE_SOCIALE del 17 dicembre 2013, che, all’art. 189, fissa, appunto, allo 0,2% il tenore massimo di THC RAGIONE_SOCIALE canapa greggia, dei semi di varietà di canapa destinati alla semina, nonché dei semi di canapa diversi da quelli destinata alla semina; per altro verso, è necessario per ottenere, da parte del coltivatore, i sussidi stanziati dall’U.E. nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dal regolamento delegato (UE) n. 639/2014 RAGIONE_SOCIALE Commissione, che integra il Regolamento (UE) n.1307/2013 del Parlamento europeo e del RAGIONE_SOCIALE recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune e che modifica l’allegato X di tale regolamento, cosi come modificato dal Regolamento delegato n. 2017/1155 RAGIONE_SOCIALE Commissione del 15 febbraio 2017.
2.6. Il successivo comma 3 dell’art. 1 I. 242/2016 individua gli scopi cui è diretta la (lecita) coltivazione RAGIONE_SOCIALE canapa, che deve essere finalizzata: «a) alla coltivazione e alla trasformazione; b) all’incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali; c) allo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i ri RAGIONE_SOCIALE ricerca e perseguano l’integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale; d) alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori; e) al realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività didattiche di ricerca».
2.7. In attuazione del citato art. 26, comma 1, ultima parte, T.U. stup., l’art. 2 I. 242/2016 – rubricato “liceità RAGIONE_SOCIALE coltivazione” – consente, al primo comma, la coltivazione delle varietà di canapa di cui all’art. 1, comma 2 senza necessità di autorizzazione. Al coltivatore è imposto solo l’obbligo di conservare sia i cartellini RAGIONE_SOCIALE semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi, sia le relative fatture di acquisto per il periodo previsto dalla normativa vigente, come stabilito dal successivo art. 3, rubricato “obblighi del coltivatore”.
Il comma 2 indica i prodotti ricavabili dalla (lecita) coltivazione RAGIONE_SOCIALE canapa, vale a dire: «a) alimenti e cosmetici prodotti esclusivamente nel rispetto delle discipline dei rispettivi settori; b) semilavorati, quali fibra, canapulo, polve cippato, oli o carburanti, per forniture alle industrie e alle attività artigiana
diversi settori, compreso quello energetico; c) materiale destinato alla pratica del sovescio; d) materiale organico destinato ai lavori di bioingegneria o prodotti utili per la bioedilizia; e) materiale finalizzato alla fitodepurazione per la bonifi di siti inquinati; f) coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostra nonché di ricerca da parte di istituti pubblici o privati; g) coltivazioni destinate florovivaismo».
2.8. La legge regola altresì i controlli sulle coltivazioni. Oltre a prevedere che la misurazione RAGIONE_SOCIALE percentuale di THC deve avvenire secondo metodiche previste da norme europee e nazionali, l’art. 4, al comma 5, stabilisce che «qualora all’esito del controllo il contenuto complessivo di THC RAGIONE_SOCIALE coltivazione risulti superiore allo 0,2 per cento ed entro il limite dello 0,6 per cento, nessuna responsabilità è posta a carico dell’agricoltore che ha rispettato le prescrizioni di cui alla presente legge». La disposizione assume una particolare rilevanza perché implicitamente afferma che la coltivazione di canapa avente una percentuale di THC ricompresa in quella forbice può risultare illecita, laddove sia accertata un’efficacia drogante; diversamente, non si spiegherebbe la necessità di prevedere in maniera espressa l’esclusione di responsabilità dell’agricoltore nel caso in cui detta percentuale di THC sia superiore a quella soglia. In altri termini, la ratio del rispetto del limite pari allo 0,2%, che caratterizza la coltivazione di canapa incoraggiata e incentivata sia in ambito europeo, sia dalla legge n. 242 del 2016, è di intuitiva evidenza, in quanto, se rispettata, quella soglia individua una percentuale di THC così esigua, da risultare ragionevolmente inidonea a provocare qualsivoglia effetto stupefacente o psicotropo.
2.9. Infine, ai sensi dell’art. 4, comma 7, «il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposti dall’autorità giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato secondo il metodo di cui al comma 3, risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento. Nel caso di cui al presente comma è esclusa la responsabilità dell’agricoltore». Anche il tal caso, la norma prevede il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa se la percentuale di THC sia superiore allo 0,6%, trattandosi di principio attivo ritenuto certamente idoneo a provocare un’efficacia drogante rilevabile; anche in tal caso si prevede espressamente la non punibilità del coltivatore, a condizione che abbia rispettato le prescrizioni imposte dalla legge in esame.
Nell’interpretare la citata I. 242/2016, componendo contrasti interpretativi che in precedenza si erano delineati, le Sezioni unite di questa Corte – dopo aver precisato che la coltivazione RAGIONE_SOCIALE cannabis sativa L. è consentita senza necessità
di autorizzazione al solo fine di ottenere i prodotti tassativamente indicati dall’art. 2, comma 2, RAGIONE_SOCIALE legge – hanno affermato il principio giusta il quale, in tema di RAGIONE_SOCIALE, la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati RAGIONE_SOCIALE coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio e resina, integrano il reato di cui all’art. 73 T.U. stup. anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, I. n. 242 del 2016, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficac drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività (Sez. U, n. 30475 del 30/05/2019, Castignani, Rv. 275956).
Con riguardo al livello di concentrazione di THC richiesto per soddisfare il principio di offensività, nella motivazione RAGIONE_SOCIALE decisione, si precisa che «la commercializzazione di foglie, inflorescenze, olio e resina, derivanti dalla coltivazione di cannabis sativa L., integra la fattispecie di reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, T.U. stup., atteso che la tabella II richiama testualmente tali derivati RAGIONE_SOCIALE cannabis, senza effettuare alcun riferimento alle concentrazioni di THC presenti nel prodotto. Ed il fatto che la norma incriminatrice di cui all’art. 73, commi 1 e 4, T.U. stup., riguardante la circolazione delle sostanze indicate dalla Tabella II, non effettui alcun riferimento alle concentrazioni di THC presenti nel prodotto commercializzato, non risulta incoerente rispetto ai limiti di tollerabilità di cui all’art. 4, commi 5 e 7, legge n. 242 del 2016, stante l disomogeneità sostanziale dei termini di riferimento. La norma incriminatrice, infatti, riguarda la commercializzazione dei derivati RAGIONE_SOCIALE coltivazione – foglie, inflorescenze, olio e resina – ove si concentra il tetraidrocannabinolo; diversamente, la novella del 2016, nel promuovere la coltivazione agroindustriale RAGIONE_SOCIALE canapa a basso contenuto di THC, proveniente da semente autorizzata, pone dei limiti soglia rispetto alla concentrazione presente nella coltura medesima, rilevanti anche ai fini RAGIONE_SOCIALE erogazione dei benefici economici per il coltivatore ed elenca tassativamente i prodotti che è possibile ottenere dalla coltivazione, tra i quali non sono ricompresi foglie, inflorescenze, olio e resina». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel ribadire il risalente orientamento RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza di legittimità confermato anche dalla Corte costituzionale (si richiama la sent. Corte cost. n. 109 del 2016) – giusta il quale per l’integrazione del fatto occorre che il giudice verifichi in concreto l’offensività RAGIONE_SOCIALE condotta di coltivazione, ovvero l’idoneit RAGIONE_SOCIALE sostanza ricavata a produrre un effetto drogante, le Sezioni unite precisano che «ciò che occorre verificare non è la percentuale di principio attivo contenuto nella sostanza ceduta, bensì l’idoneità RAGIONE_SOCIALE medesima sostanza a produrre, in concreto, un effetto drogante».
Orbene, nel caso di specie, facendo buon governo di tali principi, la sentenza impugnata ha attestato che: dopo aver avviato nel 2019 un’attività imprenditoriale di coltivazione di cannabis sativa L, informandone anche le locali stazioni dei Carabinieri e facendo effettuare presso laboratori accreditati analisi su campioni RAGIONE_SOCIALE sostanza da cui risultava il non superamento RAGIONE_SOCIALE soglia di THC dello 0,6%, la ricorrente, effettuata l’essicazione delle piante giunte a maturazione, ne separava le infiorescenze, cedendole ad imprese che si occupavano RAGIONE_SOCIALE vendita all’ingrosso o dell’ulteriore lavorazione industriale del prodotto, senza tuttavia verificare quale concreta destinazione i suoi acquirenti dessero alla sostanza; le indagini svolte sui principali clienti dell’impresa dell’imputata avevano peraltro rivelato che alcuni risultano operare nel mercato quali rivenditori al dettaglio di articoli per fumatori e di infiorescenze di canap sativa; trattandosi, dunque, di destinazioni anche diverse da quelle tassativamente indicate nell’art. 2, comma 2, I. 242/2016 (o, comunque, non previamente verificate come conformi dall’imputata), la detenzione delle infiorescenze a lei sequestrate (e, ancor prima, la stessa attività di coltivazione) si poneva al di fuori dell’eccezionale area di liceità delineata dalla disciplina normativa più sopra richiamata; in assenza di una norma che stabilisca un valore soglia di THC al di sotto del quale la sostanza sia da considerarsi priva di efficacia drogante ed esclusa la possibilità di attribuire valore assoluto al dato del 0,5% indicata come soglia drogante da studi di tossicologia forense, poiché le analisi effettuate sulla rilevantissima quantità in sequestro avevano rivelato una concentrazione media di THC dello 0,49% – e, si precisa, «parte dei campioni superava ampiamente la soglia dello 0,50%» – la condotta di detenzione con finalità di immissione nel mercato di più dire 750 Kg. di infiorescenze, contenenti oltre 3 Kg. di principio attivo di THC, è stata ritenuta non inoffensiva. Motivatamente argomentando, tuttavia, che, con una condotta lineare ed improntata a buona fede, a fronte di interpretazioni RAGIONE_SOCIALE I. 242/2016 non ancora consolidate prima del citato intervento RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte, l’imputata era incorsa in errore scusabile sulla legge penale, la sentenza impugnata l’ha assolta dal delitto contestato perché il fatto non costituisce reato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ciò premesso, reputa il Collegio che la sentenza non presti il fianco alle censure svolte in ricorso.
5.1. Quanto al primo motivo, al di là delle ragioni addotte in sentenza per disattendere la conclusione attestata da una parte RAGIONE_SOCIALE letteratura scientifica ed affermare l’insussistenza di un valore soglia minimo assoluto di concentrazione di principio attivo al di sotto del quale dovrebbe escludersi l’efficacia drogante RAGIONE_SOCIALE sostanza, che la ricorrente vorrebbe invece fissato allo 0,50% di THC, il
Collegio si limita ad osservare come, senza che in ricorso si muova alcuna contestazione, la sentenza attesti che detta percentuale era risultata “ampiamente superata” nell’analisi di parte dei campioni selezionati, campioni che – si legge in sentenza (pag. 4) – erano stati effettuati su poco meno del 10% dei contenitori delle infiorescenze detenuti, la metà dei quali selezionati dalla polizia giudiziaria e la metà dal consulente tecnico RAGIONE_SOCIALE difesa. Non v’è dubbio, pertanto, che quella soglia risultava superata almeno per parte RAGIONE_SOCIALE sostanza detenuta, sicché, quantomeno per questa, secondo le stesse argomentazioni svolte in ricorso, non potrebbe dubitarsi dell’efficacia drogante, con la conseguenza che non può affermarsi l’irrilevanza penale RAGIONE_SOCIALE detenzione e non si sarebbe dunque potuto pronunciare sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto.
Al di là questo rilievo – assorbente rispetto alla questione ora in esame rileva poi il Collegio come il modestissimo scarto (pari allo 0,01%) che il valore medio delle analisi effettuate ha registrato rispetto al valore RAGIONE_SOCIALE soglia di efficacia drogante indicato dalla letteratura scientifica richiamata dalla ricorrente, certamente utilizzabile quale qualificante valore indicativo dell’efficacia stupefacente o psicotropa, l’assenza di un rigido valore assoluto minimo di principio attivo drogante affermata anche dalla più volte richiamata decisione RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione a Sezioni unite, il rilevantissimo quantitativo complessivo di THC comunque contenuto nella sostanza sequestrata (pari, si legge in imputazione, a kg. 3,760) rendono in ogni caso non manifestamente illogica la conclusione circa la concreta offensività RAGIONE_SOCIALE condotta imputata.
5.2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La violazione del principio di prevedibilità dell’irrogazione di una sanzione penale per una condotta in concreto non suscettibile di essere apprezzata come reato in un dato momento storico – ad es., prima che una certa interpretazione si consolidi -, con conseguente violazione dei principi ricavabili dall’art. 7 cedu come interpretato dalla Corte di Strasburgo, è questione del tutto genericamente posta nel caso di specie. La prevedibilità, invero, è aspetto che attiene all’elemento intellettivo RAGIONE_SOCIALE condotta (cfr., per tutte, 28 giugno 2018, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, § 242), e nella specie l’imputata è stata assolta proprio perché, non essendosi ancora formato un consolidato orientamento giurisprudenziale prima RAGIONE_SOCIALE citata sentenza delle Sezioni Unite Castignani, è stato riconosciuto il suo incolpevole errore sulla legge penale, sicché, non essendole stata applicata alcuna pena, il richiamo all’art. 7 cedu è del tutto fuori luogo.
5.3. Detto richiamo, non vale neppure per la confisca, sicché è infondato il terzo motivo di ricorso.
La confisca (e la distruzione) di sostanza riconosciuta di natura stupefacente non può infatti essere considerata una pena nel senso di cui all’art. 7 cedu – e le sentenze RAGIONE_SOCIALE Corte di Strasburgo citate in ricorso non sono pertinenti rispetto alla questione qui in disamina – poiché, trattandosi di una misura di sicurezza imposta dall’intrinseca illiceità RAGIONE_SOCIALE res con riguardo alla sua oggettiva pericolosità per la salute pubblica, essa prescinde dalla commissione di un reato accertato nei confronti di taluno (anche sotto l’aspetto soggettivo) e dev’essere obbligatoriamente disposta ai sensi dell’art. 240, secondo comma, n. 2, cod. pen. anche se non è stata pronunciata condanna, mentre l’art. 85, comma 2, T.U. stup. disciplina addirittura l’immediata distruzione dello stupefacente sequestrato, in caso di convalida del sequestro non più impugnabile, ancor prima RAGIONE_SOCIALE confisca. La confisca delle sostanze RAGIONE_SOCIALE, a prescindere dalla commissione di reati, del resto, è prevista da tutte le convenzioni internazionali concluse in materia di RAGIONE_SOCIALE in ambito O.N.U., ratificate anche dall’RAGIONE_SOCIALE, ed è misura largamente adottata anche nei Paesi membri del RAGIONE_SOCIALE d’Europa (v. art. 37 Convenzione unica RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fatta a New RAGIONE_SOCIALE il 30 marzo 1961 e succ. modiff., ratificata con I. 5 giugno 1974, n. 412; art. 22, par. 3, Convenzione sulle sostanze psicotrope di Vienna del 1971, ratificata con I. 25 maggio 1981, n. 385; art. 5, par. 1, lett. b, Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di sostanze RAGIONE_SOCIALE e psicotrope adottata a Vienna il 19 DATA_NASCITA, ratificata con I. 5 novembre 1990, n. 328).
5.4. Quanto appena osservato dimostra l’infondatezza anche del quarto motivo di ricorso.
Mentre è incomprensibile il riferimento alla violazione del contraddittorio trattandosi di misura disposta nell’ambito del procedimento penale aperto contro l’imputata, nel quale quest’ultima ha potuto pienamente esercitare anche sul punto il proprio diritto di difesa – per quanto appena detto ed alla luce delle citate disposizioni nazionali ed internazionali non v’è alcun dubbio sulla legittimità RAGIONE_SOCIALE confisca e RAGIONE_SOCIALE distruzione delle sostanze RAGIONE_SOCIALE la cui produzione, detenzione, commercio costituisce reato e non è al proposito rivendicabile alcun diritto di proprietà suscettibile di tutela ai sensi dell’art. Prot. 1 cedu. Ed invero, mentre la sentenza impugnata ha correttamente e non illogicamente argomentato come l’imputata non avrebbe potuto lecitamente coltivare la cannabis sativa poi sequestrata, né lecitamente detenerla per la successiva vendita, secondo la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Corte Edu da tempo affermata, l’art. 1, Prot. 1 cedu, interpretato alla luce di un principio di diri comune agli Stati contraenti, in via generale (e, quindi, non soltanto in materia di RAGIONE_SOCIALE) legittima la confisca e la distruzione delle cose il cui utilizzo
stato regolarmente giudicato illecito e pericoloso per l’interesse generale (Corte Edu, sent. 7 dicembre 1976, Handyside c. Regno Unito, §. 63).
Del tutto generica e manifestamente infondata – in ogni caso – è la doglianza circa l’omessa valutazione RAGIONE_SOCIALE possibilità di adottare misure meno restrittive come “la restituzione RAGIONE_SOCIALE sostanza condizionata al rispetto di determinate modalità”. Non essendo state specificate le modalità idonee a garantire il soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso alla necessità di neutralizzare l’oggettiva pericolosità delle infiorescenze di cannabis in sequestro pur nella particolare vicenda qui in esame, non è chiaro – a tacer d’altro – come la restituzione RAGIONE_SOCIALE stessa alla persona che, con condotta oggettivamente illecita, l’ha coltivata e detenuta per la commercializzazione possa dirsi idonea a perseguire gli indicati fini di interesse generale. Val la pena ricordare che la delicatezza dell’esecuzione delle operazioni connesse alla distruzione delle sostanze RAGIONE_SOCIALE ha indotto il legislatore (v. art. 87 T.U. stup.) a prevedere particolari disposizioni al riguardo, che confermano – ove mai ve ne fosse bisogno – l’interesse pubblico alla immediata distruzione dello stupefacente sequestrato, ancor prima che lo stesso sia confiscato se la sua conservazione non è assolutamente necessaria a fini processuali, e ne dettano le opportune cautele, disponendo che alle operazioni procedano idonee strutture pubbliche statali o locali e che le stesse si svolgano sotto il controllo RAGIONE_SOCIALE poliz giudiziaria. Questa particolare disciplina ne rivela l’ontologica incompatibilità con modalità di restituzione delle sostanze sequestrate contenenti RAGIONE_SOCIALE anche in ipotesi particolari come quella qui in esame – a soggetti privati oggettivamente coinvolti nel reato che rimettano a costoro, pur a fronte di specifiche prescrizioni e condizioni, le operazioni di neutralizzazione/distruzione del principio attivo in esse contenuto. 6. Il ricorso, complessivamente infondato, deve pertanto essere rigettato, con condanna RAGIONE_SOCIALE ricorrente al pagamento delle spese processuali. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16 febbraio 2024.