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Confisca Cannabis: legittima anche se assolti

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un’imprenditrice, assolta per detenzione di un ingente quantitativo di cannabis con THC medio dello 0,49% per errore scusabile sulla legge. L’imprenditrice contestava la confisca e distruzione della sostanza. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la confisca cannabis non è una pena, ma una misura di sicurezza obbligatoria. Tale misura si applica a prescindere dalla colpevolezza dell’imputato, data la pericolosità intrinseca della sostanza per la salute pubblica.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Cannabis: Legittima Anche in Caso di Assoluzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità: la confisca di cannabis detenuta da un soggetto poi assolto. La decisione chiarisce un principio fondamentale, distinguendo nettamente tra pena e misura di sicurezza e affermando la prevalenza della tutela della salute pubblica. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni dei giudici.

I Fatti del Caso: La Detenzione di Cannabis “Light”

Il caso riguarda un’imprenditrice del settore agricolo che deteneva un quantitativo di oltre 775 kg di infiorescenze di marijuana, con un principio attivo (THC) medio dello 0,49%. In primo grado, la donna era stata assolta dall’accusa di detenzione illecita di stupefacenti con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.

Il giudice aveva riconosciuto l’esistenza di un “errore scusabile” sulla legge penale. All’epoca dei fatti, infatti, il quadro normativo sulla cosiddetta “cannabis light” (regolata dalla L. 242/2016) era ancora oggetto di interpretazioni contrastanti, prima che le Sezioni Unite della Cassazione facessero chiarezza. Nonostante l’assoluzione, il giudice aveva disposto la confisca e la distruzione della sostanza sequestrata. L’imprenditrice ha quindi proposto ricorso in Cassazione proprio contro quest’ultima decisione.

Le Ragioni del Ricorso e la confisca cannabis

La difesa dell’imputata ha basato il ricorso su diversi punti, sostenendo che la confisca di cannabis fosse illegittima perché:

1. La sostanza, con un THC inferiore allo 0,50%, non avrebbe avuto un’efficacia drogante concreta.
2. La confisca, equiparabile a una pena secondo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), non poteva essere applicata in assenza di un accertamento di colpevolezza.
3. La misura violava il diritto di proprietà, essendo sproporzionata e automatica.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso. I giudici hanno chiarito che, sebbene il THC medio fosse dello 0,49%, alcuni campioni analizzati superavano ampiamente la soglia dello 0,50% e, in ogni caso, l’enorme quantitativo complessivo (oltre 3,7 kg di principio attivo puro) rendeva la sostanza concretamente offensiva e pericolosa per la salute pubblica. Il punto centrale della decisione, tuttavia, risiede nella natura giuridica della confisca.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha stabilito che la confisca di cannabis e di altre sostanze stupefacenti non è una pena, bensì una misura di sicurezza. Questa distinzione è cruciale. Mentre la pena ha lo scopo di punire il colpevole e presuppone un accertamento della sua responsabilità soggettiva (dolo o colpa), la misura di sicurezza ha una funzione preventiva. Il suo scopo è neutralizzare la pericolosità di una cosa (in questo caso, la droga) o di una persona.

In base all’articolo 240 del codice penale, la confisca delle cose intrinsecamente illecite e pericolose è sempre obbligatoria, anche se non viene pronunciata una condanna. L’assoluzione dell’imputata per errore scusabile riguarda il suo stato soggettivo, ma non modifica la natura oggettivamente pericolosa della sostanza detenuta. Di conseguenza, lo Stato ha il dovere di impedirne la circolazione per tutelare la collettività. Anche il richiamo al diritto di proprietà è stato ritenuto infondato, poiché non può esistere un diritto di proprietà tutelabile su beni la cui produzione, detenzione e commercio costituiscono reato.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento in materia di stupefacenti: la tutela della salute pubblica prevale sull’interesse individuale. La confisca di cannabis è un atto dovuto quando la sostanza è ritenuta pericolosa, indipendentemente dall’esito del processo penale a carico del detentore. La distinzione tra pena e misura di sicurezza si rivela fondamentale per comprendere perché, anche di fronte a un’assoluzione, beni considerati pericolosi per la società debbano essere sottratti alla disponibilità privata e distrutti.

È possibile la confisca di cannabis se l’imputato viene assolto?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che la confisca di sostanze stupefacenti è una misura di sicurezza obbligatoria, la cui applicazione è indipendente da una sentenza di condanna, essendo legata alla pericolosità intrinseca della sostanza per la salute pubblica.

La confisca di sostanze stupefacenti è considerata una pena?
No. La Corte ha chiarito che non si tratta di una pena, ma di una “misura di sicurezza”. Questa natura le permette di essere applicata anche in assenza di un accertamento della colpevolezza soggettiva dell’imputato, poiché il suo scopo è preventivo e non punitivo.

Un livello di THC inferiore allo 0,50% rende la detenzione di cannabis sempre lecita?
No. La Corte ha ribadito che non esiste una soglia di THC fissa e assoluta al di sotto della quale la sostanza sia automaticamente considerata lecita o non offensiva. Il giudice deve valutare in concreto la pericolosità della sostanza, tenendo conto anche della quantità complessiva del principio attivo e della sua idoneità a produrre un effetto drogante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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