Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25521 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25521 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Cirninà il 24/06/1955
avverso l’ordinanza emessa in data 10/04/2024 dalla Corte di appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di annullare l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria per una nuova valutazione.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha rigettato l’opposizione proposta avverso il provvedimento con la quale, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha disposto ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen. il sequestro e la contestuale confisca di due immobili intestati a NOME COGNOME figlio
di NOME COGNOME condannato per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., commesso dal 2006 sino al 28 settembre 2015.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso tale ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento
Il difensore, con unico motivo, ha dedotto l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 240-bis cod. pen., nonché la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione.
Il difensore, in particolare, rileva che il provvedimento impugnato non ha dato risposta alle censure devolute all’esame della Corte di appello in sede di opposizione, con riferimento alla configurabilità della scissione tra la titolarità formale e la disponibilità sostanziale degli immobili confiscati, alla sproporzione del valore dei beni oggetto di confisca rispetto ai redditi riconducibili ai destinatari del provvedimento, censure puntualmente ribadite con la memoria difensiva e i documenti prodotti.
I giudici di appello, infatti, non avrebbero considerato l’esiguità degli investimenti operati nell’arco temporale di acquisto dei beni.
Parte del prezzo per l’acquisto del secondo bene, pari a euro 40.000, sarebbe stato coperto con l’accensione di un mutuo ventennale e l’altra parte con il risarcimento del danno conseguito ad un incidente stradale subito dal figlio NOME COGNOME (euro 22.619,00).
Il pagamento del mutuo in parte sarebbe stato garantito da entrate economiche successive, quali i canoni d’affitto e la vendita di un immobile.
Le rispettive entrate lecite avrebbero, inoltre, consentito un risparmio da poter investire, in quanto la famiglia è radicata in un piccolo paesino dell’entroterra connotato da un basso costo della vita.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 18 aprile 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto di annullare l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria per una nuova valutazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto.
Il difensore, proponendo un unico motivo di ricorso, ha dedotto l’erronea applicazione dell’art. 240-bis cod. pen., nonché la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione.
Il motivo è fondato, in quanto la motivazione dell’ordinanza impugnata non si è confrontata con le censure proposte dal difensore del ricorrente nell’atto di opposizione.
3.1. La Sesta sezione di questa Corte, peraltro, con sentenza n. 44087 del 23 ottobre 2024, ha accolto l’analogo ricorso proposto da NOME COGNOME figlio del ricorrente, e ha annullato con rinvio l’ordinanza di rigetto dell’opposizione al provvedimento confisca emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria in data 10 aprile 2024.
3.2. La Corte di appello di Reggio Calabria, nel provvedimento impugnato, a fronte delle specifiche censure proposte nell’atto di opposizione dal difensore di NOME COGNOME ha integralmente omessa la dimostrazione dell’interposizione fittizia e dell’effettiva disponibilità dei beni da parte del condannato.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, ai fini dell’operatività della confisca di cui all’art. 240-bis cod. pen. n confronti del terzo estraneo alla commissione di uno dei reati menzionati da detta norma, grava sull’accusa l’onere di provare, in forza di elementi fattuali che si connotino di gravità, precisione e concordanza, l’esistenza della discordanza tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, non essendo sufficiente la sola presunzione fondata sulla sproporzione tra valore dei beni intestati e reddito dichiarato dal terzo, atteso che tale presunzione è prevista dall’art. 240-bis cod. pen. solo nei confronti dell’imputato (Sez. 2, n. 37880 del 15/06/2023, COGNOME, Rv. 285028 – 01).
In tal caso incombe sull’accusa l’onere di dimostrare l’esistenza di situazioni che avallino concretamente l’ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, in modo che possa affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire l permanenza dell’acquisizione del bene in capo al condannato e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca. Il giudice ha, a sua volta, l’obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, adducendo non solo circostanze sintomatiche di spessore indiziario ma anche elementi fattuali che si connotino della gravità, precisione e concordanza, tali da costituire prova indiretta del superamento della coincidenza fra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene (Sez. 5, n. 13084 del 06/03/2017, COGNOME, Rv. 269711 – 01).
E’ ben vero che la presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale, prevista nella speciale ipotesi di confisca di cui all’art. 12-sexies del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni nella legge del 7 agosto 1992, n. 356, opera, oltre che in relazione ai beni del condannato, anche in riferimento ai beni intestati al coniuge e ai figli, qualora la sproporzione tra il patrimonio nella titolarit di tali soggetti e l’attività lavorativa dagli stessi svolta, rapportata alle ulter
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circostanze del fatto concreto, appaia dimostrativa della natura simulata dell’intestazione (Sez. 6, n. 26638 del 30/05/2024, COGNOME e altri, n.m.; Sez. 2, n. 23937 del 20/05/2022, COGNOME, Rv. 283177).
Nel caso di specie non sono state ricostruite in dettaglio le somme versate e le obbligazioni assunte al fine di dar conto della insostenibilità delle stesse, nonostante le allegazioni e la documentazione offerta diretta a dimostrare la legittima provenienza del bene confiscato, attingendo al patrimonio legittimamente accumulato.
La prova della titolarità apparente del terzo intestatario non può, inoltre, essere basata sulla mera sproporzione tra il reddito o l’attività economica del terzo e il valore dei beni a lui intestati, atteso che tale raffronto di proporzionalità previsto dall’art. 240-bis cod. pen. con riguardo alla sola posizione dell’indagato o imputato e non alla posizione dei terzi.
Alla luce dei questi principi, la Corte d’Appello di Reggio Calabria avrebbe dovuto motivare, con riguardo a ciascuno dei menzionati beni oggetto del sequestro e contestuale confisca, le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, indicando gli elementi fattuali, connotati da gravità precisione e concordanza, idonei a comprovare, anche indirettamente, che ciascun bene sequestrato fosse nell’effettiva disponibilità del condannato e che, quindi, il terzo intestatario dello stesso bene, ne era solo apparentemente il titolare.
3.3. La motivazione è, inoltre, del tutto generica in ordine alla ritenuta sproporzione, in quanto la Corte di appello si è limitata a rinviare agli esiti degli accertamenti patrimoniali svolti dalla polizia giudiziaria senza alcun riferimento a dati contabili e senza alcun confronto con le risultanze della consulenza tecnica di parte e con i documenti offerti per dimostrare l’esistenza di entrate lecite dei componenti del nucleo familiare, idonee a superare lo squilibrio ravvisato dagli inquirenti, specie avuto riguardo alla modestia degli investimenti.
Questa necessaria spiegazione non è stata fornita dalla Corte d’Appello, che si è limitata ad affermare che le censure difensive non erano idonee a superare gli esiti delle indagini patrimoniali compiute dalla Polizia Giudiziaria e ha omesso ogni motivazione in merito agli elementi addotti dalla difesa con l’atto di opposizione.
Alla stregua di tali rilievi, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio perché la Corte di appello di Reggio Calabria motivi sulle censure proposte da parte opponente, conformandosi ai principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Reggio Calabria.
Così deciso il 06/05/2025.