Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 658 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 658 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME NOME nato a MILANO il 20/06/1993, nella qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE e di liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE
COGNOME NOME nato a DESIO il 5/05/1982;
COGNOME NOME nata a PADOVA il 9/0/9/1964;
COGNOME NOME nato a Milano il 9/10/1991;
avverso l’ordinanza del 14/06/2024 della Corte d’appello di Milano
Letti gli atti e il provvedimento impugnato;
Udita la relazione del cons. NOME COGNOME
Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del Sost. Proc. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
Letta la memoria di replica depositata nell’interesse di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME nella
qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE e di liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE nonché da NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME soci delle suddette imprese, avverso l’ordinanza pronunciata in data 12 marzo 2024 dalla Corte d’appello di Milano con la quale è stata respinta la richiesta di revoca della confisca penale – disposta nei confronti di NOME COGNOME NOME con sentenza di condanna per reati tributari pronunciata dalla Corte d’appello di Milano dell’8 aprile 2019, irrevocabile in data 14 gennaio 2020 – dei conti correnti e delle somme di proprietà delle suddette società di capitali. ed
1.1. In data 3 gennaio 2024 i terzi estranei hanno presentato al giudice dell’esecuzione la richiesta di revoca della confisca penale ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, disposta nei confronti di NOME COGNOME sulle somme e i conti correnti delle società, già oggetto di sequestro preventivo.
L’istanza è stata rigettata con ordinanza in data 7 marzo 2024.
In data 29 marzo 2024 i suddetti terzi hanno presentato opposizione che è stata rigettata con il provvedimento impugnato, il quale ha ravvisato, anzitutto, che NOME COGNOME, socio di capitale nella misura del 10%, era amministratore di fatto e delegato a operare sui conti correnti dell’impresa e quindi titolare sostanziale della società RAGIONE_SOCIALE e che, quanto alla società RAGIONE_SOCIALE, il condannato era delegato a operare sui conti correnti sociali tanto che li utilizzava anche per fini estranei allo scopo sociale, così palesando di poterne liberamente disporre, anche perché il figlio, NOME COGNOME, giovane studente, privo di competenze e professionalità, agiva nella gestione delle società quale longa manus del padre, effettuando incassi e pagamenti privi di causale.
Ricorrono NOME COGNOME nella qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE e di liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME soci delle suddette imprese, a mezzo dei rispettivi difensori e procuratori speciali avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME che chiedono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando la violazione di legge, in riferimento all’articolo 12-bis decreto legislativo n. 74 del 2000, e il vizio della motivazione in relazione al requisito della effettiva disponibilità in capo al condannato delle somme oggetto di confisca depositate sui conti correnti delle società estranee al reato.
In particolare, il provvedimento impugnato non è rispettoso dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, la quale richiede, oltre alla delega a operare sul conto corrente, che il condannato abbia la disponibilità dei beni e che ne disponga per finalità estranee alle attività di gestione dell’ente, così comportandosi da possessore.
Nel caso in esame, invece, il giudice dell’esecuzione si è limitato ad affermare che le società erano riconducibili a NOME COGNOME perché la carica di amministrazione era
ricoperta, quanto alla società RAGIONE_SOCIALE, dal figlio NOME che sarebbe stato privo, per la giovane età e l’assenza di partita IVA, di qualunque autonomia rispetto al genitore, e perché il condannato aveva una delega a operare sul conto corrente sociale.
Oltre alla genericità di tali elementi, non risulta che NOME COGNOME abbia utilizzato le somme depositate sui conti correnti della società, mentre risulta apodittica l’affermazione della subalternità di NOME COGNOME al padre.
Quanto alla società RAGIONE_SOCIALE, si è chiarito che la quota sociale del 10% attribuita al condannato derivava dalla anticipata retribuzione delle sue attività professionali di commercialista, incaricato di tenere la contabilità dell’impresa, mentre la delega bancaria rientra nella normalità, anche in considerazione del fatto che le operazioni bancarie dovevano essere attuate con lo strumento dell’home banking.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto dei ricorsi perché nell’ordinanza impugnata, con motivazione adeguata, in risposta alle censure difensive, si indicano gli elementi che comprovano la riconducibilità a NOME COGNOME delle società e del denaro sul conto corrente sociale, in relazione, da un lato, al fatto che egli, all’epoca dei fatti in contestazione, aveva la delega a operare sul conto corrente, e dall’altro in considerazione degli elementi, specificamente indicati e argomentati, dimostrativi del fatto che il figlio NOME non esercitasse un’attività effettiva ed autonoma rispetto a quella del padre.
Il difensore di NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME ricevuto avviso dell’udienza ed estratta copia delle conclusioni del Procuratore generale, ha depositato in data 15 novembre 2024 una memoria di replica a dette conclusioni. Il difensore evidenzia che nel provvedimento impugnato manca del tutto l’indicazione di qualsivoglia attività, attuata da NOME COGNOME dimostrativa del fatto che abbia esercitato “poteri corrispondenti a quelli riservati al titolare dei rapporti bancari per finalità del tutto estranee alla normale attività gestionale della società”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME sono inammissibili.
Il ricorso di NOME COGNOME nella qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE e di liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE non è fondato.
I ricorsi di NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME soci della società RAGIONE_SOCIALE e della società RAGIONE_SOCIALE sono inammissibili perché proposti da soggetti non legittimati.
2.1. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che «in tema di confisca dei beni di una società di capitali, la legittimazione a impugnare il provvedimento ablatorio spetta unicamente al legale rappresentante dell’ente e non anche ai soci, i quali non hanno una titolarità giuridica qualificata potendo al più vantare una mera disponibilità indiretta e di fatto sui beni societari» (Sez. 6, n. 16860 del 19/03/2019, COGNOME, Rv. 275934 – 01).
Il principio di diritto, con riguardo ai beni aziendali, è da tempo applicato anche alle impugnazioni cautelari; si è in proposito affermato che «non sussiste l’interesse a proporre il riesame avverso un decreto di sequestro preventivo di un immobile da parte del titolare di quote della società proprietaria del bene medesimo, non avendo quest’ultimo alcun titolo a conseguire il possesso o la detenzione della res sequestrata» (Sez. 6, n. 271 del 05/11/2013 – dep. 2014, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 257768 01).
2.2. È pacifico che l’incidente di esecuzione è stato proposto per la revoca della confisca penale delle somme e dei conti correnti della società RAGIONE_SOCIALE e della società RAGIONE_SOCIALE
È, del pari, pacifico che NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME sono soci, secondo diverse quote, delle suddette società dotate di personalità giuridica.
Essi, quindi, non sono proprietari o possessori dei beni oggetto di confisca che, infatti, sono intestati alle suddette imprese, sicché sono privi di legittimazione ad agire per ottenere la revoca della disposta confisca.
2.3. NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME hanno, tuttavia, proposto ricorso a mezzo del difensore e procuratore speciale avv. NOME COGNOME che ha, poi, ricevuto l’avviso di trattazione del presente ricorso e ha anche depositato nel loro interesse la citata memoria di replica.
Il ricorso di NOME COGNOME nella qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE e di liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE non è fondato.
3.1. L’ordinanza impugnata, facendo non contestato richiamo alle conclusioni del giudizio di cognizione a carico di NOME COGNOME ha chiarito gli elementi di fatto in ragione dei quali è giunta ad affermare che i conti correnti delle società erano di fatto nella disponibilità del condannato e che il figlio NOME COGNOME era la sua longa manus succedutagli nella gestione delle imprese dopo la condanna.
3.2. La giurisprudenza di legittimità, che il Collegio condivide, ha chiarito che «il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 12-bis d.lgs. 10
marzo 2000, n. 74, disposto in relazione a reato tributario ascritto al legale rappresentante di un ente risultato estraneo all’illecito, può essere eseguito sul conto corrente dell’ente solo a condizione che sussistano specifici elementi da cui desumere, con giudizio di ragionevole probabilità, che l’indagato, in virtù della delega ad operare su di esso, abbia esercitato autonomamente e incondizionatamente le facoltà del proprietario delle somme, disponendone anche per finalità estranee all’attività di gestione dell’ente» (Sez. 3, n. 46252 del 18/10/2022, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 283824 – 01, ha precisato che il saldo del conto corrente della società non è nella disponibilità dell’amministratore, mero gestore dello stesso per conto dell’ente).
Analogamente, si è chiarito che «in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, la delega a operare rilasciata dal titolare di un conto corrente all’imputato, anche se non caratterizzata da limitazioni, non è sufficiente ex se a dimostrare la piena disponibilità, da parte di quest’ultimo, delle somme depositate, occorrendo ulteriori elementi di fatto sui quali fondare il giudizio di ragionevole probabilità circa la libera utilizzabilità delle somme da parte del delegato» (Sez. 1, n. 19081 del 30/11/2022 – dep. 2023, COGNOME, Rv. 284548 – 01, in materia di confisca per equivalente disposta a seguito di condanna per violazioni finanziarie).
3.3. Ciò premesso, va rilevato che l’ordinanza resa de plano in data 12 marzo 2024 e l’ordinanza oggi impugnata, emessa in data 14 giugno 2024, non sono del tutto coincidenti per quello che riguarda la ricostruzione contabile, tanto è vero che la seconda ordinanza riconosce l’erroneità dell’argomentazione motivazionale impiegata dal primo giudice con riguardo alle movimentazioni asseritamente effettuate sul conto della società RAGIONE_SOCIALE ma in realtà poste in essere sul conto corrente personale di NOME COGNOME.
Tuttavia, dopo avere preso atto della erronea attribuzione all’impresa di movimentazioni che riguardano, invece, NOME COGNOME, l’ordinanza impugnata ribadisce, sulla base del non contestato accertamento svolto nel processo di cognizione a carico di NOME COGNOME, che quest’ultimo era il titolare di fatto delle società poi amministrate, con immutato ruolo gestorio svolto di fatto, dal figlio NOME COGNOME che agiva per suo conto in forza dell’attribuzione della gestione dei cc delle imprese.
Il giudice dell’esecuzione ha quindi chiarito il ruolo concretamente svolto da NOME e NOME COGNOME, in disparte l’esistenza di una delega a operare sul conto dell’impresa che, per la richiamata giurisprudenza, non è di per sé dimostrativa della disponibilità delle somme da parte del condannato.
3.4. Per quanto riguarda, poi, la disponibilità del conto corrente della società RAGIONE_SOCIALE, che il primo giudice ricava dalla intestazione in capo a NOME COGNOME del 10% delle quote societarie, il secondo giudice evidenzia anche una anomala confusione di ruoli tra NOME COGNOME, socio nonché commercialista
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dell’impresa, ricavando da ciò, unitamente al predicato ruolo subalterno attribuito al figlio NOMECOGNOME la disponibilità dei conti della società da parte del condannato.
Il ricorso non svolge critiche specifiche alle conclusioni circa la contestuale partecipazione societaria e il ruolo amministrativo di tipo gestionale e contabile, essendo emerso positivamente che il condannato ha agito sul patrimonio sociale come se ne fosse proprietario, mentre il di lui figlio, attuale rappresentante delle imprese, operava quale alter ego, privo di competenze e sotto le direttive paterne, senza che gli altri soci abbiano esercitato i poteri di controllo loro riconosciuti dagli art. 2261 e 2476 cod. civ. o in altro modo ostacolato o sanzionato le condotte del condannato.
All’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME e COGNOME consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
Al rigetto del ricorso di NOMECOGNOME nelle indicate qualità, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di COGNOME Matteo RobertoCOGNOME nella qualità di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE e liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 21/11/2024
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