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Confisca beni intestati a terzi: chi può impugnare?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35672/2025, ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per narcotraffico, confermando la confisca di beni fittiziamente intestati alla sua convivente. Il punto centrale della decisione riguarda la carenza di interesse dell’imputato a impugnare il provvedimento di confisca beni intestati a terzi. Secondo la Corte, solo il terzo intestatario ha un interesse diretto e personale a dimostrare la legittima provenienza dei beni, non l’imputato che non può vantare alcun diritto alla loro restituzione.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca beni intestati a terzi: la Cassazione nega il ricorso all’imputato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale in materia di misure patrimoniali: la confisca beni intestati a terzi. Con la pronuncia n. 35672/2025, i giudici hanno stabilito un principio fondamentale: l’imputato non ha l’interesse giuridico per impugnare un provvedimento di confisca che riguarda beni formalmente di proprietà di un’altra persona, anche se si sospetta che ne abbia la disponibilità indiretta. Questa decisione rafforza un orientamento consolidato, delineando con chiarezza i confini della legittimazione a ricorrere in questi casi complessi.

I fatti del caso

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per gravi reati legati al narcotraffico internazionale. Oltre alla pena detentiva, i giudici di merito avevano disposto la cosiddetta ‘confisca allargata’ (prevista oggi dall’art. 240-bis del codice penale) su alcuni beni immobili. La particolarità risiedeva nel fatto che tali beni non erano intestati direttamente al condannato, ma alla sua convivente.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano ritenuto che si trattasse di un’interposizione fittizia, ovvero di una titolarità solo formale. Le motivazioni si basavano su due elementi principali: la sproporzione tra il valore dei beni, acquistati in un periodo coincidente con le attività illecite, e il reddito quasi nullo dichiarato dal nucleo familiare, e l’insufficienza dei fondi presenti sul conto corrente della donna per giustificare l’acquisto.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la convivente avesse le capacità economiche per acquistare gli immobili e che i giudici avessero erroneamente invertito l’onere della prova, addossando alla difesa il compito di dimostrare la legittimità della provenienza dei beni.

La questione giuridica e la confisca beni intestati a terzi

Il quesito al centro della decisione della Suprema Corte non era tanto la prova della fittizietà dell’intestazione, quanto una questione procedurale preliminare: l’imputato ha titolo per contestare la confisca di un bene che, formalmente, non è suo? In altre parole, possiede il cosiddetto ‘interesse ad agire’?

Il ricorso, infatti, non mirava a ottenere la restituzione dei beni per sé, ma a dimostrare che la legittima proprietaria era la sua compagna. Questo, secondo la Cassazione, sposta il focus dal diritto dell’imputato a quello del terzo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basandosi su un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. I giudici hanno chiarito che, in tema di confisca beni intestati a terzi, l’imputato non ha un interesse giuridicamente rilevante a proporre impugnazione. Il motivo è semplice: non potendo vantare alcun diritto alla restituzione di beni che non gli appartengono formalmente, non otterrebbe alcun effetto favorevole da un’eventuale decisione di annullamento della confisca.

L’interesse a provare la legittima acquisizione dei beni o l’assenza di un’intestazione fittizia è personale e diretto del terzo intestatario. È quest’ultimo, e solo quest’ultimo, il soggetto legittimato a difendere la propria posizione patrimoniale nelle sedi opportune. Unica eccezione a questa regola si avrebbe se l’imputato dimostrasse un interesse ‘concreto ed attuale’ alla proposizione del ricorso, cosa che nel caso di specie non è avvenuta, essendo le argomentazioni ritenute del tutto generiche.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce con forza che la strategia difensiva dell’imputato non può trasformarsi in una difesa della posizione del terzo intestatario dei beni. Chi è condannato per uno dei reati che consentono la confisca allargata non può contestare il provvedimento ablativo sostenendo le ragioni del terzo, a meno di non dimostrare un vantaggio diretto e immediato derivante dall’accoglimento del ricorso. La tutela del diritto di proprietà del terzo è affidata al terzo stesso, che ha gli strumenti processuali per far valere le proprie ragioni. Questa pronuncia consolida un principio di ordine processuale che mira a evitare impugnazioni pretestuose, focalizzando il giudizio sui soggetti effettivamente titolari delle posizioni giuridiche lese.

Un imputato può presentare ricorso contro la confisca di beni intestati a un’altra persona?
No, secondo la Corte di Cassazione, l’imputato non ha un interesse giuridicamente tutelato a impugnare un provvedimento di confisca su beni intestati a terzi, poiché non potrebbe ottenerne la restituzione per sé.

Chi ha l’onere di dimostrare la legittima provenienza dei beni confiscati e intestati a un terzo?
L’interesse personale e diretto a provare la legittima acquisizione dei beni o l’assenza di un’intestazione fittizia spetta esclusivamente al terzo intestatario dei beni, non all’imputato.

Esistono eccezioni al principio per cui l’imputato non può impugnare la confisca di beni di terzi?
Sì, un’eccezione potrebbe sussistere qualora l’imputato riesca a dimostrare di avere un interesse concreto e attuale alla proposizione dell’impugnazione, che vada oltre una generica difesa della posizione del terzo. Nella sentenza esaminata, tale interesse non è stato ravvisato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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