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Confisca beni: inammissibile il vizio di motivazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso avverso un provvedimento di confisca beni, poiché fondato su un presunto vizio di motivazione (illogicità e contraddittorietà). La Corte ribadisce che, nei procedimenti di prevenzione, il ricorso è ammesso solo per violazione di legge, nozione che include la motivazione mancante o meramente apparente, ma non la semplice illogicità del ragionamento del giudice di merito.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Beni: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sui limiti del ricorso contro i provvedimenti di confisca beni emessi nell’ambito delle misure di prevenzione. La decisione sottolinea un principio cruciale: non è sufficiente lamentare l’illogicità della motivazione del giudice di merito per ottenere un riesame del caso. Il ricorso è ammesso solo per la più grave “violazione di legge”, un concetto che la Corte ha delineato con precisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un decreto della Corte d’Appello che confermava la confisca di alcuni beni immobili intestati a una donna. La misura era stata disposta dal Tribunale sulla base del presupposto che tali beni fossero stati acquistati con proventi derivanti dall’attività criminosa del coniuge, ritenuto affiliato a un sodalizio criminale sin dalla metà degli anni ’90.

La coppia proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che la decisione dei giudici di merito fosse viziata da illogicità e contraddittorietà. In particolare, contestavano la datazione dell’affiliazione al clan, indicando che le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia la collocavano in un periodo successivo. Inoltre, eccepivano che, per uno degli immobili confiscati e cointestato con altre due persone, non era stata valutata la capacità patrimoniale di tutti i comproprietari.

La Decisione della Cassazione sulla Confisca Beni

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione fondamentale tra “vizio di motivazione” e “violazione di legge” nel contesto specifico dei procedimenti di prevenzione.

La normativa di riferimento (D.Lgs. 159/2011) stabilisce che il ricorso per cassazione contro i decreti in materia di misure di prevenzione patrimoniale è consentito solo per violazione di legge. La Corte ha chiarito che in questa nozione rientra anche il caso di una motivazione completamente assente o meramente apparente, ovvero quando il giudice omette di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo per l’esito del giudizio. Tuttavia, una critica all’illogicità o alla contraddittorietà del ragionamento del giudice non costituisce, di per sé, una violazione di legge, ma un semplice vizio di motivazione, non sindacabile in questa sede.

Le Motivazioni

Nel dettaglio, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione completa e priva di censure logiche. La datazione dell’appartenenza del proposto al clan era stata stabilita non solo sulla base di un singolo collaboratore, ma di un complesso di dichiarazioni convergenti. Pertanto, la valutazione del giudice di merito era logica e ben argomentata.

Per quanto riguarda la questione dell’immobile in comproprietà, la Corte ha osservato che la confisca aveva riguardato la quota del 50% acquistata dalla coppia. L’onere di dimostrare la provenienza lecita dei fondi necessari per l’acquisto di tale quota ricadeva interamente su di loro. Non avendo fornito alcuna prova in tal senso, la censura è stata ritenuta infondata. I giudici hanno concluso che il ricorso si limitava a denunciare vizi di motivazione non ammessi dalla legge per questo tipo di procedimento, portando inevitabilmente alla dichiarazione di inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale per chi intende impugnare un provvedimento di confisca beni: non basta contestare la ricostruzione dei fatti o la logicità delle argomentazioni della corte territoriale. Per accedere al giudizio di legittimità, è necessario individuare una vera e propria violazione di norme di legge o un difetto motivazionale talmente grave da equivalere a un’assenza totale di giustificazione della decisione. In caso contrario, come avvenuto nel caso di specie, il ricorso sarà dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

In un procedimento per la confisca dei beni, è possibile ricorrere in Cassazione lamentando che la motivazione del giudice è illogica?
No, la sentenza chiarisce che il ricorso per cassazione è ammesso solo per “violazione di legge”. Questa categoria include una motivazione totalmente mancante o solo apparente, ma non una critica alla sua logicità o coerenza interna, che costituisce un semplice vizio di motivazione non deducibile in questa sede.

Su chi ricade l’onere di provare la provenienza lecita dei fondi per l’acquisto di un bene soggetto a confisca?
L’onere di dimostrare la provenienza lecita della provvista finanziaria necessaria all’acquisto ricade sui soggetti destinatari della misura di prevenzione. In assenza di tale dimostrazione, si presume che i beni siano frutto di attività illecite.

Cosa succede se un ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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