Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9294 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9294 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA( ITALIA) il 09/01/1968 COGNOME NOME COGNOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA il 13/03/1974
avverso il decreto del 17/09/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che chiedeva dichiararsi il ricorso inammissibile
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Napoli con decreto motivato del 17 settembre 2024 confermava il decreto emesso dal Tribunale di Napoli in data 31 ottobre 2023 con cui veniva applicata a Vallefuoco Biagio la misura di prevenzione patrimoniale della confisca dei beni indicati nel decreto stesso.
Avverso detto decreto proponevano ricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME, lamentando l’illogicità della motivazione.
Il Tribunale di Napoli aveva disposto l’ablazione dei beni di cui risultava intestataria COGNOME NOME, coniuge di Vallefuoco, sull’assunto che la provvista per l’acquisto di tali beni e l’edificazione degli edifici fosse riferib all’attività criminosa del coniuge, affiliato al sodalizio criminoso dei COGNOME fin dagli anni 1994-1995.
La decisione della Corte di Appello sarebbe sorretta da una motivazione illogica e contraddittoria, poiché ha dato, al fine di collocare temporalmente la partecipazione del COGNOME all’attività della consorteria criminosa, rilievo precipuo alle dichiarazioni di COGNOME NOME che affermava di aver commesso una pluralità di estorsioni con COGNOME negli anni 94 – 95, una volta che anche COGNOME era stato affiliato al clan.
Per contro, la Corte di Appello non ha valutato le dichiarazioni di altri collaboratori che collocavano detta partecipazione in un periodo posteriore; il ricorrente, inoltre, sottolineava come uno dei beni immobili confiscati fosse stato acquistato da quattro persone e come, dunque, si sarebbe dovuta vagliare la capienza dei patrimoni dei quattro comproprietari per valutarne la congruità rispetto all’acquisto.
Il sostituto Procuratore generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
In tema di procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione in cui va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio. (Sez. 6 n. 21525 del 18/06/2020, Rv. 279284).
Il ricorrente lamenta, per contro, un vizio di motivazione individuato nella illogicità e contraddittorietà della medesima, e non già nella sua omissione o apparenza, che, laddove contestata, avrebbe potuto essere fatta rientrare nella violazione di legge.
Il vizio denunciato non è dunque fra quelli per cui è ammesso il ricorso per Cassazione; in ogni caso, non vi è alcun punto del decreto che ometta di confrontarsi con un elemento decisivo che avrebbe portato a conclusioni diametralmente opposte.
Quanto alla datazione dell’inserimento di COGNOME nel clan, il decreto del Tribunale richiama, oltre alle dichiarazioni di COGNOME NOME, quelle di altri collaboratori, quali COGNOME NOME, che, sentito nel 2016, lo colloca nel clan da vent’anni e COGNOME NOME che parla di un temporaneo allontanamento e di un rientro nel 2010.
Con motivazione completa e priva di cesure logiche i giudici della prevenzione hanno datato l’inizio della appartenenza al clan del Vallefuoco agli anni 1994-1995, periodo dal quale il ricorrente e la sua famiglia hanno certamente goduto dei proventi delle attività illecite svolte del Vallefuoco all’interno della cosca d appartenenza.
Circa, poi, la censura relativa alla carenza di indagine patrimoniale sui comproprietari del terreno, cioè COGNOME NOME e COGNOME NOME, la Corte rilevava che il 50 °h del bene era stato acquistato, come evidente dall’atto notarile, dalla coppia COGNOME – COGNOME e non vi sono ragioni per ritenere che fosse stato acquistato in toto dai diversi comproprietari; in ogni caso l’onere probatorio di dimostrare una differente provenienza della provvista necessaria all’acquisto del 50% della proprietà dell’immobile, ricadente nel periodo di manifestazione della pericolosità, incombeva sui confiscati, come correttamente osservato dalla Corte di Appello che nulla hanno eccepito né, tantomeno dimostrato.
2. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili; all’inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende, tenuto conto della evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione.
PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14 gennaio 2025