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Confisca beni culturali: sentenza obbligatoria

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35010/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di tutela del patrimonio artistico. Il caso riguardava l’esportazione illecita di un dipinto di valore storico-artistico, sottoposto a vincolo, venduto all’estero. Nonostante un accordo di patteggiamento, il Tribunale di primo grado aveva omesso di disporre la confisca dell’opera. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso del Pubblico Ministero, ha annullato la sentenza sul punto, affermando che la confisca beni culturali è una misura di sicurezza patrimoniale obbligatoria e deve essere sempre disposta, anche in sede di patteggiamento. La Corte ha quindi disposto direttamente la confisca dell’opera d’arte.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Beni Culturali: La Cassazione ne Ribadisce l’Obbligatorietà

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35010 del 2024, ha riaffermato un principio cruciale per la protezione del nostro patrimonio artistico: la confisca beni culturali esportati illegalmente è una misura obbligatoria, che il giudice deve sempre applicare, anche in caso di patteggiamento. Questa decisione chiarisce che la tutela del patrimonio culturale prevale sulle dinamiche processuali dell’accordo tra le parti.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal trasferimento illecito all’estero di un prezioso dipinto raffigurante una “Trinità”, attribuito a un noto artista del tardo Trecento. L’opera, pervenuta all’imputato per successione ereditaria, era sottoposta a un vincolo di tutela ai sensi della normativa sui beni culturali. L’imputato, invece di seguire l’iter legale, trasferiva il dipinto nel Principato di Monaco e lo vendeva per oltre 500.000 euro, utilizzando un presunto attestato di libera circolazione contraffatto. In primo grado, l’imputato aveva raggiunto un accordo con la Procura per una pena patteggiata, che il Tribunale aveva recepito, condannandolo a un anno e sei mesi di reclusione (con pena sospesa). Tuttavia, nella sentenza non veniva disposta la confisca del dipinto.

L’Omissione della Confisca Beni Culturali e il Ricorso della Procura

Ritenendo errata l’omessa applicazione della misura di sicurezza patrimoniale, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ha presentato ricorso per cassazione. Il motivo del ricorso era chiaro: la legge, sia nella sua formulazione attuale (art. 518-undecies c.p.) sia in quella precedente (art. 174 D.Lgs. 42/2004), prevede la confisca obbligatoria dei beni culturali che sono oggetto del reato di uscita o esportazione illecite. L’omissione di tale statuizione, secondo il PM, costituiva una palese violazione di legge che rendeva la sentenza impugnabile, nonostante si trattasse di un patteggiamento.

La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le argomentazioni del Pubblico Ministero, ritenendo il ricorso ammissibile e fondato.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno innanzitutto chiarito che il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è consentito quando si contesta l’illegalità di una misura di sicurezza. Tale illegalità può consistere non solo in un’errata applicazione, ma anche, come nel caso di specie, nella sua mancata applicazione quando invece è prevista dalla legge come obbligatoria.

Nel merito, la Corte ha sottolineato che la disciplina dei beni culturali si fonda su una presunzione di proprietà statale, intesa a garantire la massima tutela del patrimonio nazionale. La confisca beni culturali non è quindi una sanzione accessoria discrezionale, ma una misura di sicurezza obbligatoria che consegue direttamente alla commissione del reato. Essa prescinde persino da una pronuncia di condanna formale e deve essere disposta “in ogni caso”, salvo che il bene appartenga a una persona estranea al reato.

Essendo pacifico che il dipinto fosse di proprietà dell’imputato (pervenutogli per eredità) e costituisse il corpo del reato, la sua confisca era un atto dovuto. L’omissione da parte del Tribunale ha quindi viziato la sentenza.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata limitatamente al punto della mancata confisca. Sfruttando i poteri conferiti dall’art. 620, lett. l) del codice di procedura penale, ha deciso il caso nel merito senza bisogno di un rinvio, disponendo direttamente la confisca dell’opera d’arte.

Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche: rafforza la tutela del patrimonio culturale, stabilendo che la sua protezione non può essere derogata da accordi processuali come il patteggiamento. Il giudice, anche nel ratificare un accordo tra le parti, è tenuto a un controllo di legalità che include l’applicazione di tutte le misure obbligatorie previste dalla legge, come la confisca beni culturali illecitamente esportati.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Sì, ma solo in casi tassativamente previsti dalla legge. Come chiarito dalla sentenza, uno di questi casi è l’illegalità di una misura di sicurezza, che include sia un’applicazione errata sia, come in questa vicenda, la mancata applicazione di una misura obbligatoria come la confisca.

La confisca di un bene culturale esportato illegalmente è sempre obbligatoria?
Sì, la sentenza conferma che la confisca del bene culturale che costituisce l’oggetto materiale del reato di esportazione illecita è una misura obbligatoria. L’unica eccezione prevista è che il bene appartenga a una persona estranea al reato, circostanza non presente in questo caso.

Cosa succede se il giudice del patteggiamento omette di disporre una confisca obbligatoria?
La sentenza diventa viziata per violazione di legge. Il Pubblico Ministero può impugnarla davanti alla Corte di Cassazione, la quale può annullare la decisione sul punto e, se non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, può disporre direttamente la confisca senza rinviare il caso a un altro giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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