Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20139 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20139 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a FORLÌ( ITALIA) il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a FORLÌ( ITALIA) il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 03/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore generale della Repubblica press questa Corte di cassazione COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 3 ottobre 2023 la Corte di Appello di Bologna – per quel che qui rileva – a seguito del gravame interposto dai terzi interessati NOME COGNOME, NOME COGNOME (deceduta durante il giudizio di appello) e NOME COGNOME – ha confermato il decreto in data 16 gennaio 2023 del Tribunale di Bologna che, nel procedimento instaurato nei confronti di NOME COGNOME, aveva disposto la confisca di cinque immobili (tre appartamenti e due garage, di proprietà dei medesimi terzi, come specificato nel medesimo provvedimento di secondo grado) nonché delle somme giacenti su due conti correnti bancari (uno intestato a NOME COGNOME, l’altro ad NOME COGNOME).
Avverso il decreto di appello è stato proposto ricorso per cassazione, con unico atto, nell’interesse di NOME COGNOME (anche quale erede di NOME COGNOME) e NOME COGNOME, articolando sei motivi (di seguito esposti nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, d. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo – richiamando l’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., nonché gli artt. 125, comma 3, e 495, comma 2, cod. proc. pen. – è stata dedotta l’omessa motivazione: sulla richiesta di escussione del consulente di parte, ingegnere NOME COGNOME, volta a contestare la stima compiuta dall’Amministratore giudiziario e dimostrare che il valore degli immobili acquistati dai terzi è compatibile con la loro capacità reddituale; sulla richiesta di esaminare NOME COGNOME, già avanzata in primo grado e ribadita in appello.
2.2. Con il secondo motivo – richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) e d), cod. proc. pen., nonché gli artt. 125, comma 3, e 495, comma 2, cod. proc. pen. – si è assunto che sarebbe stata rigettata con una motivazione insufficiente ed anzi apparente la richiesta di esaminare NOME COGNOME (avente ad oggetto fatti compresi tra il 1981 e il 1987 per cui non erano disponibili alcuni documenti), al fine di dimostrare (alla luce pure della copiosa documentazione prodotta) che NOME COGNOME, moglie del proposto, era indipendente economicamente; inoltre, già il Tribunale ha revocato il sequestro e disposto la restituzione alla COGNOME della quota di proprietà del 50% di uno degli immobili in proposta (sito in Forlì, INDIRIZZO) e di parte delle giacenze bancarie a lei intestate, senza peraltro esplicitarne le ragioni; ragion per cui vi sarebbe un contrasto (che trova conferma anche nella decisione di secondo grado) tra le statuizioni ablative e le dette restituzioni.
2.3. Con il terzo motivo – richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) e d), cod. proc. pen., nonché gli artt. 24, comma 1, d. Igs. 159/2011 e 125, comma 3, cod. proc. pen. – è stata dedotta l’omessa valutazione della documentazione (rilasciata dall’I.N.P.S. e di quella contabile) volta a negare la sproporzione tra le
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disponibilità di NOME COGNOME (e del suo nucleo familiare, comprendente la moglie NOME COGNOME) e l’acquisto dell’immobile sito in Lido di Classe, oggetto di confisca; la Corte di merito avrebbe reso una motivazione apparente nonostante quanto dedotto dalla difesa (con la memoria presentata al Tribunale, cui era compiegata documentazione e con il gravame), risultando con evidenza che i redditi del nucleo familiare erano sufficienti a coprire il prezzo di acquisto dell’immobili per cui è stato peraltro acceso un mutuo ed avendo la Questura affermato – in difetto di prova – che l’attività illecita del proposto abbi determinato dal 2002 introiti superiori a un milione di euro.
2.4. Con il quarto motivo – richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) e d), cod. proc. pen., nonché gli artt. 24, comma 1, d. Igs. 159/2011 e 125, comma 3, cod. proc. pen. – è stata dedotta l’omessa valutazione della documentazione volta a negare la sproporzione tra le disponibilità di NOME COGNOME e l’acquisto degli immobili sito in Forlì, INDIRIZZO, oggetto di confisca, essendo stata disattesa con assedi apodittici la prospettazione contenuta nella memoria difensiva presentata al Tribunale, nonostante la documentazione prodotta dimostri che la COGNOME disponesse di redditi sufficienti, ed avendo la Questura affermato – in difetto di prova – che l’attività illecita del proposto abbi determinato dal 2002 introiti superiori a un milione di euro.
2.5. Con il quinto motivo – richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) e d), cod. proc. pen., nonché gli artt. 24, comma 1, d. Igs. 159/2011 e 125, comma 3, cod. proc. pen. – è stata dedotta l’omessa valutazione della documentazione volta a negare la sproporzione tra le disponibilità di NOME COGNOME e l’acquisto degli immobili siti in Forlì, INDIRIZZO, oggetto di confisca, essendo stata disattesa con assedi apodittici la prospettazione contenuta nella memoria difensiva presentata al Tribunale, nonostante la documentazione prodotta dimostri che la COGNOME disponesse di entrate (redditi e donazioni, lasciti ereditari, prestazioni assistenziali) sufficienti.
2.6. Con il sesto motivo – richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) e d), cod. proc. pen., nonché gli artt. 24, comma 1, d. Igs. 159/2011 e 125, comma 3, cod. proc. pen. – è stata dedotta l’omessa motivazione sulla disponibilità in capo al proposto degli immobili sito in Forlì, INDIRIZZO, di proprietà della figlia NOME COGNOME, profilo rispetto al quale – oltre a non argomentare effettivamente, come già esposto nel quarto motivo, sulla prospettazione difensiva relativa ai redditi di quest’ultima – la Corte di merito avrebbe espresso un ragionamento illogico e contraddittorio affermando che ella avrebbe convissuto con il padre fino all’anno di acquisto degli immobili e che, quantunque ella avesse lavorato nei dieci anni precedenti, non disponesse di redditi sufficienti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.
Al fine di provvedere, deve considerarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità:
nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge ai sensi degli artt. 10, comma 3, e 27, comma 2, d. Igs. 159 del 2011; dunque, è escluso dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità il vizio di motivazione (art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.), potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di motivazione inesistente o meramente apparente poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello (dagli artt. 7, comma 1, e 10, comma 2, d. Igs. n. 159 del 2011, in combinato disposto con l’art. 125, comma 3, cod. proc. pen.; Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME, Rv. 260246 – 01; nonché Sez. 5, n. 11325 del 23/09/2019, dep. 2020, COGNOME; Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 270080 01; Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, COGNOME, Rv. 257007 – 01);
la motivazione del tutto mancante oppure apparente e, dunque, inesistente, è ravvisabile soltanto quando essa sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 05/03/2015, Rv. 263100 – 01; Sez. 3, n. 11292 del 13/02/2002, Salerno Rv. 221437 – 01); in altri termini, «il vizio di motivazione apparente sussiste solo quando il giudice non dia in realtà conto del percorso logico seguito per pervenire alla conclusione che adotta, argomentando per clausole di stile o affermazioni generiche non pertinenti allo specifico caso sottoposto alla sua valutazione» (Sez. 6, n. 31390 del 08/07/2011, COGNOME, Rv. 250686), ossia «allorché la motivazione adottata non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 196361 – 01; cfr. pure Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244).
Tanto premesso, è dirimente considerare che la motivazione del decreto impugnato non può affatto dirsi apparente e le censure della difesa, quanto alle richieste istruttorie che sarebbero state disattese, sono prive della
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necessaria specificità e, nel resto, denunciano irritualmente il vizio di motivazione.
Difatti, quanto la Corte di appello ha esplicitato la ragione per cui ha ritenuto superflua l’escussione di NOME COGNOME, in particolare rilevando come le somme che (secondo la prospettazione difensiva) sarebbero state donate ad NOME COGNOME non sarebbero sufficienti a giustificare i suoi investimenti mobiliari e immobiliari; e al riguardo il ricorso non contiene una puntuale censura (cfr. Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01). Quanto alla mancata escussione del consulente di parte in ordine alla stima del valore dei beni oggetto del procedimento, l’allegazione è del tutto generica e, dunque, parimenti inidonea a costituire una compiuta critica al provvedimento impugnato.
Per quel che attiene poi alle ragioni a sostegno del rigetto del gravame, come anticipato, l’iter argomentativo speso dalla Corte distrettuale ha dato conto dei presupposti dell’ablazione, rimarcando non soltanto il difetto di sufficienti entrate lecite del proposto e dei formali intestatari (la moglie, la figlia e i genero), ma correlando anche tale dato al tempo degli acquisti, alla collocazione cronologica dei pagamenti risultanti da quanto dichiarato dalle parti negli atti pubblici di acquisto (rispetto, segnatamente, ad entrate successive), alle uscite per un’onerosa ristrutturazione.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l’evidente inammissibilità dei motivi formulati impone di attribuire loro profili di colpa (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21/02/2024.