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Confisca beni a terzi: l’assoluzione non basta

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una figlia, assolta da reati di autoriciclaggio, confermando la confisca beni a terzi. I beni, sebbene a lei intestati, sono stati ritenuti riconducibili al padre, condannato per associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.). La Corte ha sottolineato che l’assoluzione della ricorrente non incide sulla confiscabilità dei beni se la loro origine illecita è legata al reato commesso da un altro soggetto, in questo caso il padre.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Beni a Terzi: L’Assoluzione dell’Intestatario non Salva gli Immobili

L’assoluzione da un reato non garantisce automaticamente la restituzione dei beni sequestrati, specialmente quando questi sono collegati a crimini commessi da un’altra persona. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23249/2025, affronta un caso emblematico di confisca beni a terzi, chiarendo che la titolarità formale di un bene non è sufficiente a proteggerlo se la sua effettiva disponibilità è riconducibile a un soggetto condannato. Questo principio è cruciale nei procedimenti per reati gravi, come quelli di stampo mafioso.

I Fatti del Caso: L’Assoluzione e la Confisca Contestata

La vicenda processuale ha origine dalla richiesta di dissequestro di alcuni immobili presentata da una donna, precedentemente indagata e poi assolta in primo grado per i reati di autoriciclaggio (art. 648-ter c.p.) e trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.). Gli immobili, formalmente intestati a lei, erano stati sottoposti a sequestro preventivo.

La richiesta di restituzione si basava proprio sull’esito assolutorio del processo a suo carico. Tuttavia, il Tribunale rigettava la richiesta, confermando la misura ablativa. La ragione risiedeva nel fatto che il padre della donna era stato condannato in via definitiva per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) e i beni in questione, sebbene intestati alla figlia, erano stati ritenuti nella sua effettiva disponibilità e quindi soggetti a confisca obbligatoria.

La Decisione della Cassazione sulla confisca beni a terzi

La ricorrente ha impugnato l’ordinanza del Tribunale dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge. Sosteneva che, essendo stata assolta, i beni avrebbero dovuto esserle restituiti, contestando la loro riconducibilità al padre.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la confisca. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali.

I Limiti del Ricorso per Cassazione in Materia Cautelare

In primo luogo, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro è consentito solo per violazione di legge. Tale violazione include non solo l’errata applicazione di una norma, ma anche vizi della motivazione talmente gravi da renderla inesistente o puramente apparente. Nel caso di specie, la ricorrente ha presentato critiche generiche, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dal Tribunale, senza confrontarsi specificamente con la motivazione del provvedimento impugnato. Questo ha reso il ricorso inammissibile.

La Riconducibilità dei Beni al Condannato

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che il punto focale della questione non era l’assoluzione della figlia, bensì la riferibilità dei beni al padre condannato. Il Tribunale aveva adeguatamente motivato che gli immobili confiscati non erano quelli oggetto delle imputazioni a carico della donna, ma erano stati sequestrati perché ritenuti nella sfera di disponibilità del padre. La confisca era dunque una conseguenza diretta e obbligatoria della condanna di quest’ultimo per il reato associativo, ai sensi dell’art. 416-bis, comma settimo, c.p.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione chiarisce un aspetto fondamentale della confisca beni a terzi: la giustizia deve guardare oltre la titolarità formale per accertare la disponibilità reale e l’origine illecita dei patrimoni. L’assoluzione della figlia dai reati di autoriciclaggio non poteva incidere sulla valutazione della provenienza dei beni, legata invece all’attività criminale del padre.

La Corte ha specificato che le contestazioni relative alla riconducibilità dei beni al condannato sono questioni di merito che appartengono al giudizio di cognizione. Pertanto, avrebbero dovuto essere sollevate attraverso i mezzi di impugnazione ordinari contro la sentenza di condanna del padre, non in sede di riesame di una misura cautelare. La difesa della ricorrente non ha fornito elementi validi per dimostrare che la motivazione del Tribunale fosse illogica o assente, limitandosi a una sterile contrapposizione.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre importanti spunti pratici. Dimostra che la confisca beni a terzi è uno strumento potente per aggredire i patrimoni illeciti, anche quando questi sono schermati attraverso intestazioni fittizie a familiari o prestanome. Per il terzo intestatario che si veda colpito da una tale misura, l’assoluzione da reati connessi non è di per sé sufficiente per ottenere la restituzione del bene. È necessario affrontare e smontare nel merito la ricostruzione accusatoria che lega il bene al soggetto condannato per il reato principale, dimostrando la propria titolarità effettiva e la provenienza lecita delle risorse utilizzate per l’acquisto. In assenza di una critica puntuale e specifica alla motivazione del provvedimento di confisca, il ricorso rischia, come in questo caso, di essere dichiarato inammissibile.

L’assoluzione di una persona a cui sono intestati dei beni impedisce sempre la loro confisca?
No. La sentenza chiarisce che l’assoluzione dell’intestatario formale non impedisce la confisca se i beni sono ritenuti nella disponibilità effettiva di un’altra persona, condannata per un reato che prevede tale misura (in questo caso, associazione mafiosa ai sensi dell’art. 416-bis c.p.).

Perché il ricorso della figlia è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure erano generiche e non si confrontavano specificamente con la motivazione del Tribunale. La difesa si è limitata a ribadire che l’assoluzione avrebbe dovuto portare alla restituzione dei beni, senza contestare in modo efficace la riconducibilità degli stessi al padre condannato, che era il vero fondamento della confisca.

Cosa significa che la confisca dei beni è ‘riferibile’ a un’altra persona condannata?
Significa che, al di là dell’intestazione formale (ad esempio, alla figlia), il giudice ha accertato che la disponibilità e il controllo effettivo dei beni appartenevano a un’altra persona (il padre), condannata per un reato grave. La confisca è quindi una conseguenza diretta della condanna di quest’ultimo, in quanto i beni sono considerati profitto o strumento del suo reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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