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Confisca bene terzo estraneo: quale rimedio?

La Corte di Cassazione, con la sentenza del 11/06/2025, affronta due distinti ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la misura della pena patteggiata, ribadendo i rigidi limiti di impugnazione. Accoglie invece il tema della confisca bene terzo estraneo, riqualificando il ricorso del proprietario di un’auto come appello cautelare e indicando nel Tribunale del Riesame la sede corretta per far valere le proprie ragioni prima che la sentenza diventi definitiva.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca bene terzo estraneo: la Cassazione indica la via corretta per la restituzione

Quando un bene di tua proprietà viene utilizzato da un’altra persona per commettere un reato e viene successivamente sequestrato, quali sono i tuoi diritti? La questione della confisca bene terzo estraneo è complessa e richiede di seguire percorsi procedurali ben precisi per sperare di ottenerne la restituzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto luce sui rimedi a disposizione del proprietario incolpevole, distinguendoli nettamente da quelli dell’imputato.

I fatti di causa

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Savona nei confronti di un uomo, condannato per gravi reati legati al traffico di sostanze stupefacenti. La pena concordata era di 4 anni e 6 mesi di reclusione, oltre a una multa e alla confisca di “quanto in sequestro”.

Tra i beni sequestrati durante le indagini preliminari, figurava un’autovettura di valore, utilizzata dall’imputato ma di proprietà di una donna, completamente estranea ai fatti illeciti. Contro la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione sia l’imputato, lamentando una carenza di motivazione sul calcolo della pena, sia la proprietaria dell’auto, contestando la legittimità della confisca del suo veicolo.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato i due ricorsi separatamente, giungendo a conclusioni opposte:

1. Ricorso dell’imputato: È stato dichiarato inammissibile. La Corte ha ribadito che, in seguito alla riforma legislativa, le sentenze di patteggiamento possono essere impugnate solo per motivi tassativamente elencati (es. vizio della volontà, erronea qualificazione giuridica del fatto, illegalità della pena). Le censure sulla congruità della pena e sulla sua motivazione non rientrano tra questi.
2. Ricorso della proprietaria dell’auto: Il suo ricorso è stato riqualificato come “appello cautelare” e gli atti sono stati trasmessi al Tribunale di Savona, quale tribunale del riesame competente.

Le motivazioni della Corte

La parte più interessante della sentenza riguarda la posizione del terzo proprietario del bene. La Corte ha chiarito un principio fondamentale sulla confisca bene terzo estraneo.

Il rimedio corretto per il terzo proprietario

I giudici hanno spiegato che il proprietario di un bene, estraneo al procedimento penale, non è legittimato a impugnare la sentenza di condanna (anche se di patteggiamento) che dispone la confisca. La statuizione sulla confisca contenuta in una sentenza non ancora definitiva è, per così dire, sub condicione: la sua efficacia è sospesa fino a quando la sentenza non diventa irrevocabile. Fino a quel momento, il titolo giuridico che giustifica la privazione del bene resta il provvedimento di sequestro preventivo originario.

Di conseguenza, lo strumento corretto per il terzo non è l’appello o il ricorso contro la sentenza, ma quello previsto per le misure cautelari reali. La procedura corretta, come stabilito dalle Sezioni Unite nella nota sentenza “Muscari”, è la seguente:

1. Il terzo deve presentare un’istanza di restituzione del bene al giudice della cognizione (in questo caso, il GIP).
2. In caso di diniego, può proporre appello cautelare ai sensi dell’art. 322-bis del codice di procedura penale dinanzi al Tribunale del Riesame.

Poiché la ricorrente aveva erroneamente adito la Cassazione, la Corte, anziché dichiarare l’inammissibilità, ha correttamente riqualificato l’impugnazione e l’ha trasmessa al giudice competente, offrendo così una tutela effettiva al diritto di proprietà del terzo.

I limiti all’impugnazione del patteggiamento

Per quanto riguarda l’imputato, la Corte ha semplicemente applicato il dettato dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La scelta del patteggiamento comporta una rinuncia a contestare nel merito la decisione, inclusa la valutazione del giudice sulla congruità della pena concordata tra le parti. Permettere un’impugnazione su tali basi snaturerebbe la funzione deflattiva del rito speciale.

Conclusioni

Questa sentenza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è un monito per chi sceglie la via del patteggiamento: le possibilità di impugnare la sentenza sono estremamente limitate e non consentono di ridiscutere l’entità della pena. La seconda, e più rilevante, è una guida chiara per i terzi che vedono i loro beni coinvolti in procedimenti penali altrui. La strada per ottenere la restituzione di un bene prima della sentenza definitiva passa attraverso l’istanza di dissequestro e l’eventuale appello cautelare, non attraverso l’impugnazione della sentenza di merito. La corretta individuazione del rimedio processuale è essenziale per non vedersi preclusa la possibilità di far valere le proprie ragioni.

Posso impugnare una sentenza di patteggiamento per contestare la misura della pena applicata?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, non è possibile ricorrere contro una sentenza di patteggiamento per motivi relativi alla congruità della pena o alla motivazione sulla sua determinazione, in quanto tali aspetti sono frutto dell’accordo tra le parti.

Cosa deve fare il proprietario di un bene confiscato se è estraneo al reato e la sentenza non è ancora definitiva?
Il proprietario estraneo al reato non deve impugnare la sentenza. Deve invece presentare un’istanza di restituzione al giudice che procede. Se l’istanza viene respinta, lo strumento corretto è l’appello cautelare al Tribunale del Riesame, come previsto dall’art. 322 bis del codice di procedura penale.

Perché il ricorso del proprietario dell’auto è stato riqualificato come ‘appello cautelare’?
Perché, fino a quando la sentenza di condanna non diventa irrevocabile, il provvedimento che dispone la confisca non è ancora pienamente efficace. Il bene rimane vincolato in base all’originario decreto di sequestro preventivo, che è una misura cautelare. Di conseguenza, il rimedio esperibile è quello previsto per le misure cautelari, ovvero l’appello cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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