Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 24035 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24035 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a GENOVA il 02/10/1977 NOME nato a CHIERI il 11/07/1978
avverso la sentenza del 20/02/2025 del GIP TRIBUNALE di SAVONA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, in persona del sostituto procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME e l’annullamento la sentenza con riferimento alla statuizione relativa alla confisca dell’auto di proprietà di NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. del 20 febbraio 2025, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Savona ha applicato nei confronti di NOME COGNOME in ordine a plurime fattispecie di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R 9 ottobre 1990 n. 309 , la pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione e euro 11.270, con confisca di quanto in sequestro.
Nel corso delle indagini preliminari erano stati sottoposti a sequestro, oltre a una somma di denaro e a telefoni cellulari, anche l’autovettura Volvo TARGA_VEICOLO di proprietà di NOME COGNOME, estranea alle indagini. Tale autovettura, in uso a Costigliolo, era stata sequestrata il 14 maggio 2024, in esecuzione del decreto di sequestro
preventivo emesso dal G.I.P. il 13 maggio 2024.
Avverso la sentenza, hanno proposto ricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
2.1.Il ricorso di NOME COGNOME si è articolato in un unico motivo, con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena. Il Tribunale non avrebbe indicato le ragioni per cui la riduzione della pena per la scelta del rito fosse stata computata in misura sensibilmente inferiore al limite di un terzo stabilito dall’art. 444 cod. proc. pen.. Più in generale il Tribunale non avrebbe motivato in ordine alla congruità della pena e ai singoli passaggi di calcolo.
2.2. Il ricorso di NOME COGNOME si è articolato in due motivi.
2.2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla statuizione della confisca dell’autovettura Volvo V90 di sua proprietà. Con la sentenza su indicata il Tribunale aveva disposto la confisca ‘di quanto in sequestro’ e, sebbene nella motivazione della sentenza fosse stato operato un riferimento solo alla somma di denaro e agli apparecchi telefonici, tuttavia, la formula era onnicomprensiva e valeva anche a ricomprendere l’autovettura su indicata, sequestrata il 14 maggio 2024, in esecuzione del decreto di sequestro preventivo del 13 maggio 2024. A tacere dell’omesso
riferimento alla tipologia di confisca, facoltativa o obbligatoria, la ricorrente osserva che la confisca è stata disposta in assenza di qualsivoglia motivazione.
2.2.2 Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito alla statuizione relativa alla confisca dell’auto. Nella parte dispositiva della sentenza si stabilisce che debba essere confiscato tutto quanto in sequestro ai sensi dell’art. 240, comma 2, cod. proc. pen. A tutto voler concedere l’auto avrebbe potuto essere oggetto di confisca ai sensi dell’art. 240, comma 1, cod. pen., ovvero di confisca facoltativa, ma anche in tal caso il giudice avrebbe dovuto dare conto delle ragioni della ablazione definitiva del bene, tanto più che esso appartiene a persona estranea al reato.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME e annullarsi la sentenza con riferimento alla statuizione relativa alla confisca dell’auto di proprietà di NOME COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso di COGNOME deve essere dichiarato inammissibile; il ricorso di COGNOME deve essere qualificato come appello cautelare con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Savona.
2.Il ricorso di COGNOME con cui censura la mancanza di motivazione in ordine alla congruità del trattamento sanzionatorio e, in particolare, alla diminuzione per il rito in misura inferiore a quella massima consentita, è inammissibile, in quanto non rientra fra i motivi per cui è consentito il ricorso per cassazione.
Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (introdotto con la legge 23 giugno 2017, n. 103), il Pubblico Ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione con cui si deducano vizi di violazione di legge differenti da quelli tassativamente indicati nel citato comma 2-bis (ex plurimis, Sez. 5, n. 19425 del 19/04/2021, Coco, in motivazione; Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337-01; Sez. F, n. 28742 del 25/8/2020, Messnaoui, Rv. 279761-01).
La censura del ricorrente, incentrata sul trattamento sanzionatorio concordato fra le parti, deve, pertanto, essere ritenuta inammissibile.
3.Il ricorso di NOME deve, invece, essere qualificato come appello cautelare.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che in “in tema di misure cautelari reali, il terzo rimasto estraneo al processo, formalmente proprietario del bene già in sequestro, di cui sia stata disposta con sentenza la confisca, può chiedere al giudice della cognizione, prima che la pronuncia sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame’ (Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270938).
Muovendo dal rilievo che durante la fase delle indagini preliminari e fino alla pronunzia della sentenza di primo grado il terzo estraneo può adire il tribunale del riesame ai sensi dell’art. 322 bis cod. proc. pen., le Sezioni Unite hanno rilevato come, anche dopo la sentenza di primo grado non ancora passata in giudicato, il titolo giuridico della ablazione continui a essere rappresentato dall’originario provvedimento di sequestro: la pronunzia che ne dispone il trasferimento allo Stato è, per così dire, sub condicione e in tanto assumerà giuridica esistenza e pratica efficacia in quanto e solo se la sentenza divenga irrevocabile (e, si intende, se la statuizione di confisca venga confermata). Il terzo rimasto estraneo al giudizio di cognizione non potrà far valere il diritto alla restituzione dei beni che gli sono stati cautelativamente sottratti avvalendosi della previsione di cui all’art. 579 comma 3 cod. proc. pen., sia perché non è parte , sia perché ciò che egli può impugnare non è la confisca del bene, ma il diniego alla restituzione dello stesso. Per il terzo l’appello cautelare costituisce, dunque, l’unico rimedio attivabile per contestare il vincolo gravante sui beni fino al passaggio in giudicato della sentenza, posto che solo in quel momento egli sarebbe legittimato a contestare il merito del provvedimento ablativo mediante la proposizione di apposito incidente di esecuzione nelle forme dell’art. 676 cod. proc. pen.
Tali principi sono stati ribaditi dalla giurisprudenza successiva ( Sez. 2, n. 31813 del 27/06/2018, Ragusa, Rv. 273240 – 01) che, in caso di presentazione del ricorso per cassazione avverso la statuizione della confisca, ha qualificato il ricorso come appello cautelare e trasmesso gli atti al tribunale competente ( Sez. 3, n. 6720 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 281476 – 01).
3.1. Nel caso in esame la stessa ricorrente dà atto di aver formulato istanza di restituzione dell’autovettura di sua proprietà in sequestro al G.I.P, che aveva rigettato tale istanza.
Ella, come detto, in quanto estranea al giudizio di cognizione, non era legittimata a proporre impugnazione avverso la sentenza per far valere il diritto alla restituzione dei beni che le sono stati cautelativamente sottratti. Prima della irrevocabilità della sentenza contenente la statuizione della confisca, momento a partire dal quale si radica la competenza funzionale del giudice della esecuzione,
permane il potere del giudice cautelare di riesaminare il provvedimento di sequestro e di pronunciarsi in relazione ad ogni altro provvedimento inerente alla misura reale, costituendo essi, in quello stato del procedimento, gli unici titoli legittimanti la temporanea ablazione del bene.
Il ricorso di NOME deve, pertanto, essere qualificato come appello cautelare e gli atti devono essere trasmessi, ex art. 322 bis comma 1bis cod. proc. pen., al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento, che dovrà valutare l’impugnazione anche sotto il profilo della sua tempestività.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME segue la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Qualificato il ricorso di NOME NOME come appello cautelare, dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Savona competente ai sensi dell’art. 322 bis comma 1bis cod. proc. pen.
Deciso in Roma il 11 giugno 2025. Il Consigliere est. Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME