Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12117 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12117 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal NOME NOME nato a Conco il 26/09/1959; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la ordinanza del 23/07/2024 del tribunale di Vicenza; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr.ssa NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata limitatamente al vincolo sui beni in sequestro con eliminazione della relativa statuizione.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Vicenza, adito nell’interesse di NOME avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio su una carabina un visore termico e un fodero, emesso dal Pubblico ministero, con mantenimento del vincolo sui beni in sequestro ex art. 240 comma 2 cod. proc. pen. e 6 L. 152/75, rigettava l’istanza.
Avverso la predetta ordinanza COGNOME mediante il proprio difensore ha proposto, con due motivi, ricorso per cassazione.
Deduce, con il primo, vizi di violazione di legge, atteso che la disposta confisca non sarebbe correlata, come necessario, a reati anche contravvenzionali, in materia di armi, avendo il Pubblico Ministero contestato solo
una fattispecie contravvenzionale in materia di caccia ex art. 30 L. 157/1992. Da qui la violazione dell’art. 6 L. 157/75 e 240 cod. pen.
GLYPH Con il secondo motivo rappresenta la violazione dell’art. 50 cod. proc. pen. 231 disp. coord. cod. proc. pen., 135 cod. proc. pen. in relazione all’art. 178 comma 1 lett. B) cod. proc. pen. Avendo il tribunale annullato il decreto di convalida del P.M. sul rilievo della carenza di una imputazione provvisoria, il collegio della cautela nel disporre la confisca in relazione all’art. 30 della L. 157/75, rappresentativo invero di plurime ipotesi di reato, avrebbe esorbitato dai suoi poteri invadendo quelli del Pubblico Ministero in quanto ai sensi dell’art. 50 citato è riservata solo al Pubblico ministero la formulazione della imputazione. Con conseguente nullità ex art. 178 prima citato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo è fondato, con assorbimento della seconda censura, alla luce dei seguenti principi. Il divieto di restituzione previsto dall’art. 324 c.p. comma 7, si riferisce testualmente alle cose soggette a confisca obbligatoria (Sez. 3, Sentenza n. 18545 del 07/04/2010 Rv. 247156 – 01), ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2, e, cioè:
alle cose che costituiscono il prezzo del reato;
alle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Il D.Lgs. n. 157 del 1992, art. 28, comma 2 dispone la confisca dell’arma utilizzata per la caccia solo in caso di condanna. Orbene, l’estensione della disposizione di cui all’art. 324 c.p.p., comma 7, a tutti i casi di confisc obbligatoria, diversi da quelli ricadenti nella previsione dell’art. 240 c.p., comma 2, costituisce un’applicazione analogica della norma, la quale non è corretta sul piano ermeneutico, pur trattandosi di disposizione processuale, dovendo essere, considerata la particolare funzione che il divieto di restituzione assolve con riferimento alle cose indicate dalla disposizione espressamente richiamata dalla norma che regola il procedimento di riesame (cfr. per una decisione conforme con riferimento alla previsione della confisca obbligatoria Cass sez. 3, n. 2949 del 2005, COGNOME, rv 230868; cass n. 44279 del 2997). La confisca obbligatoria richiamata dall’art. 324 c.p.p., comma 1, si riferisce, infatti, alle co intrinsecamente pericolose o illecite, la cui mera detenzione o uso assume carattere criminoso, sicché la restituzione delle stesse determinerebbe la prosecuzione ovvero la ripresa dell’attività illecita, che il divieto di restituzione mi ad impedire.
Diversamente accade nelle ipotesi di confisca prevista dalla legge quale conseguenza della sentenza di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., poiché in dette ipotesi la confisca consegue solo all’accertamento che l’uso di determinate cose sia avvenuto illecitamente, mentre la detenzione ovvero la disponibilità delle stesse, se debitamente autorizzate, non costituisce reato, sicché la confisca assolve ad una funzione repressiva dell’uso illecito delle medesime cose nei confronti dell’autore della violazione.
Il fucile da caccia non è una cosa intrinsecamente pericolosa la cui detenzione costituisce di per sè reato perché può essere detenuto dal cacciatore previa autorizzazione. Non si tratta quindi di cosa la cui detenzione è vietata in modo assoluto.
Ancora: in materia di caccia, la confisca delle armi utilizzate per commettere reati venatori può essere disposta nel solo caso di condanna per le contravvenzioni richiamate dall’art. 28, comma secondo, L. n. 157 del 1992, con esclusione di ogni altra ipotesi. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto illegittima la confisca di fucile a seguito di condanna per il reato di cui all’art. 30, lett. h), trattandos ipotesi non richiamata dal predetto art. 28). (Sez. 3, n. 34944 del 09/07/2015 Rv. 264453 – 01).
Di converso, va premesso che a norma invero dell’art. 28, comma 2, cit., nei casi previsti dall’articolo 30, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di poli giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati. In caso di condanna per le ipotesi di cui al medesimo articolo 30, comma 1, lettere a), b), c), d), ed e), le armi e i suddetti mezzi sono in ogni caso confiscati.
Si tratta, come chiaramente emerge dal tenore della disposizione, di confisca obbligatoria.
Il successivo art. 30 stabilisce poi, al terzo comma, che “salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di armi”. Si è quindi anche stabilito che (Sez. 3, n. 11580 del 04/02/2009 Rv. 243017 – 01) la L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 3 chiarisce che la normativa comune sulle armi mantiene la sua obbligatorietà salvo i casi di espresse deroghe (Cassazione Sezione 3 sentenza 15166/2003). Tra di esse, deve annoverarsi la previsione dell’art. 28, comma 2 legge citata che permette la confisca dell’arma utilizzata a fini venatori per le contravvenzioni ivi elencate (tra le quali è inclusa quella per cui si procede) solo nel caso di condanna; la norma, prevedendo una fattispecie speciale, supera l’operatività del combinato disposto dell’art. 240 c.p., comma 2 sub 2, L. n. 152 del 1975, art.6 in forza del quale può farsi luogo alla confisca, per i reat concernenti le armi, in assenza di una pronuncia di condanna. Si è anche precisato (Sez. 3, n. 6228 del 14/01/2009 Rv. 242744 – 01) che la parte seconda della L.
n. 157 del 1992, art. 30, comma 3, stabilisce la persistente obbligatorietà, per chi svolga attività venatoria delle comuni disposizioni in materia di armi sotto le relative comminatorie penali, salvo i casi di espresse deroghe, facendo salvo il principio di specialità.
Quindi, proprio il principio di specialità, riaffermato dalla disposizione sopra enunciata, laddove fa salve le espresse previsioni contenute nella legge speciale, comporta che la sola norma applicabile, in materia di confisca di armi, legittimamente detenute e portate e, tuttavia, utilizzate per commettere reati venatori, sia quella di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 28, comma 2, che prevede, in caso di condanna per le contravvenzioni di cui all’art. 30, comma 1, lett. a), b), c), d) ed e), la confisca, in ogni caso, delle armi stesse, al pari degli altri mezzi d caccia soggetti a sequestro. Tale disposizione si pone in rapporto di specialità con l’art. 240 c.p., introducendo un’ipotesi di confisca obbligatoria delle “cose che servirono o furono destinate a commettere il reato” (per le quali la norma codicistica prevede, al primo comma, la sola confisca facoltativa), ma non commina, come invece nel caso del comma 2, n. 2, art. sopra citato, la misura di sicurezza patrimoniale anche nei casi in cui non sia stata pronunciata condanna.
Ne è applicabile, in difetto di contestazione di violazioni anche in materia di armi e munizioni, – come nel caso di specie – la disposizione di cui alla L. n. 152 del 1975, art. 6, che prevede altra e più ampia ipotesi di confisca obbligatoria di cose intrinsecamente pericolose, costituenti corpi di reati previsti da tale normativa, anche se in concreto non sia stata pronunciata condanna.
Conseguentemente questa Corte ha affermato che “la L. 11 febbraio 1992, n. 157, art. 30, nello stabilire che salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di armi, comporta che la sola norma applicabile, in materia di confisca di armi, le quali, legittimamente detenute e portate, siano state tuttavia utilizzate per commettere reati venatori, è quella costituita dalla stessa L. n. 157 del 1992, art. 28, comma 2, in base alla quale la confisca può essere disposta solo in caso di condanna per le contravvenzioni ivi richiamate, con esclusione, quindi, dell’operatività del combinato disposto di cui agli artt. 240 cpv. cod. pen. e della L. 22 maggio 1975, n. 152, art. 6 in forza della quale può darsi luogo a confisca, quando trattasi di reati concernenti le armi, anche in assenza di una pronuncia di condanna” (Cassazione Sezione 3^, n. 15166/2003 RV. 224709). Lungo tale linea interpretativa ha continuato a porsi questa Suprema Corte, avendo precisato che (Sez. 3, n. 11407 del 14/02/2013 Rv. 254941 – 01) l’art. 30 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, nello stabilire che “salvo quanto espressamente previsto dalla presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni di legge e di regolamento in materia di armi”, comporta che sono confiscabili le armi utilizzate per commettere reati venatori, anche se legittimamente detenute e portate, solo
in caso di condanna per le contravvenzioni richiamate dall’art. 28, comma secondo, della stessa legge. In particolare si è evidenziato che la norma prevede espressamente la confisca solo in caso di condanna e per le ipotesi di reato esplicitamente indicate.
Con un prima decisione (Sez. 3^ n. 15166, 1 aprile 2003), infatti, veniva chiarito che il richiamo operato dal legislatore alla disciplina delle armi non ha natura di rinvio in senso tecnico, tale da determinare un collegamento sanzionatorio tra la normativa sulla caccia e quella in materia di armi trattandosi, al contrario, di una mera precisazione finalizzata ad eliminare ogni dubbio in merito alla possibilità di concorso tra i reati previsti dalle diverse disposizioni, facendo salvo il solo principio di specialità. E proprio sulla base del rapporto di specialità intercorrente tra la disciplina venatoria e quella sulle armi veniva esclusa la possibilità di applicare il combinato disposto dell’art. 240 cpv. c.p., e L. 22 maggio 1975, n. 152, art. 6, in forza del quale può disporsi la confisca anche in assenza di una pronuncia di condanna quando trattasi di reati concernenti le armi.
Successivamente si è specificato che, in caso di condanna per il reato d’abbattimento, cattura o detenzione di specie nei cui confronti la caccia non è consentita, non è possibile procedere alla confisca delle armi in applicazione della L. n. 157 del 1992, art. 28, comma 2, in quanto tale disposizione è riferita ad altre, diverse, ipotesi di reato (Sez. 3^ n. 27265, 14 luglio 2010; Sez. 3^ n. 6228, 13 febbraio 2009; Sez. 3^ n. 43821, 25 novembre 2008).
Pertanto il provvedimento impugnato va annullato senza rinvio limitatamente alla disposta confisca con il conseguente ordine restitutorio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la ordinanza impugnata limitatamente al vincolo disposto sulle armi con restituzione dei beni all’avente diritto.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.