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Confisca allargata: sproporzione reddito e beni

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una condanna per spaccio e la relativa confisca allargata di un immobile. La Corte ha confermato che la sproporzione tra il valore del bene e il reddito dichiarato, accertata tramite indagini patrimoniali, è un presupposto sufficiente per la confisca, anche a fronte di generiche giustificazioni di proventi da lavoro ‘in nero’.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: Quando la Sproporzione tra Reddito e Beni Giustifica il Sequestro

La recente sentenza della Corte di Cassazione penale offre importanti chiarimenti sui presupposti applicativi della confisca allargata, uno strumento fondamentale per contrastare l’accumulo di ricchezze illecite. Il caso esaminato riguarda la condanna per reati legati agli stupefacenti, a seguito della quale era stata disposta la confisca di beni immobili il cui valore era apparso sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati dagli imputati e dal loro nucleo familiare. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito la solidità dei principi su cui si fonda questa misura di sicurezza patrimoniale.

I Fatti di Causa: dalla Condanna per Spaccio alla Confisca

Il procedimento trae origine da una sentenza della Corte d’appello che confermava la condanna di due persone per plurime violazioni della legge sugli stupefacenti. Oltre alla pena detentiva, i giudici di merito avevano disposto, ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale, la confisca di una somma di denaro e di alcuni beni immobili. Gli imputati, tramite il loro difensore, hanno proposto ricorso per cassazione, contestando sia la determinazione della pena sia la legittimità della confisca.

I Motivi del Ricorso: Una Difesa tra Pena e Patrimonio

La difesa ha articolato il ricorso su due fronti principali. In primo luogo, ha lamentato un’eccessiva severità nella quantificazione della pena, sostenendo che avrebbe dovuto essere applicata nel minimo edittale, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche a uno degli imputati.

In secondo luogo, e con maggiore enfasi, ha contestato la confisca allargata. Secondo i ricorrenti, le prove a sostegno della misura erano carenti. Nello specifico, si sosteneva che la sproporzione tra i beni e i redditi fosse stata desunta unicamente da indagini patrimoniali, senza considerare la possibilità che le somme per l’acquisto dell’immobile provenissero da attività lavorative svolte “in nero” dai familiari. La difesa aveva anche richiesto l’acquisizione di una consulenza tecnica per dimostrare tale provenienza, istanza rigettata dalla Corte d’appello.

La Decisione della Cassazione e la Confisca Allargata

La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi di ricorso inammissibili. Per quanto riguarda la pena, ha ricordato che la sua graduazione è un potere discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, è sorretta da una motivazione logica e non arbitraria. Il diniego delle attenuanti generiche è stato parimenti ritenuto corretto, data l’assenza di elementi positivi sulla personalità dell’imputato, anzi aggravata dal suo comportamento oppositivo durante l’arresto.

Il punto centrale della sentenza riguarda, tuttavia, la conferma della legittimità della confisca allargata. La Corte ha smontato le argomentazioni difensive, riaffermando i principi cardine che regolano questa misura.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha chiarito che per l’applicazione della confisca allargata sono necessari due soli presupposti: la disponibilità, diretta o indiretta, dei beni da parte del condannato per uno dei reati presupposto, e la sproporzione tra il valore di tali beni e il reddito dichiarato o l’attività economica esercitata. Nel caso specifico, la Corte di merito aveva correttamente accertato entrambi gli elementi.

La disponibilità dell’immobile era stata provata dal fatto che gli imputati vi risiedevano al momento dell’arresto, mentre i genitori, formali intestatari, vivevano altrove.

La sproporzione è emersa da un’analitica ricostruzione dei redditi dell’intero nucleo familiare nel quinquennio precedente l’acquisto. A fronte di un esborso di 50.000 euro, i redditi complessivi dichiarati erano estremamente bassi e insufficienti persino per le normali spese di mantenimento di una famiglia di cinque persone. Le giustificazioni relative a presunti guadagni “in nero” (lavori di badante, bracciante agricolo, fabbro) sono state considerate generiche e non in grado di spiegare un accumulo di risparmi così ingente in un breve lasso di tempo. Pertanto, la valutazione del giudice di merito, che ha ritenuto non dimostrata una lecita provenienza del denaro, è stata giudicata logica e immune da vizi.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio in materia di confisca allargata: di fronte a una manifesta sproporzione patrimoniale accertata tramite indagini finanziarie, spetta al condannato fornire una giustificazione specifica, credibile e dettagliata sulla provenienza lecita dei fondi. Mere e generiche allegazioni di redditi non dichiarati non sono sufficienti a superare la presunzione di illecita provenienza. Questa pronuncia rafforza l’efficacia della confisca come strumento di aggressione ai patrimoni di origine criminale, sottolineando come l’analisi dei flussi finanziari e reddituali costituisca una prova fondamentale per la sua applicazione.

Per applicare la confisca allargata è sufficiente dimostrare una sproporzione tra i beni e il reddito dichiarato?
Sì, secondo la sentenza, ai fini della confisca “allargata” prevista dall’art. 240-bis cod. pen., è necessario e sufficiente accertare due presupposti: che i beni siano nella disponibilità (diretta o indiretta) del condannato e che il loro valore sia sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica esercitata.

Affermare che i soldi per acquistare un bene provengono da lavoro “in nero” può bloccare la confisca allargata?
No. La sentenza chiarisce che una generica affermazione di aver percepito redditi da lavoro “in nero” non è sufficiente a giustificare la provenienza dei beni. La Corte ha ritenuto che tale giustificazione, per essere valida, deve essere credibile e supportata da elementi concreti, cosa che nel caso di specie non è avvenuta, data l’entità della spesa (50.000 euro) rispetto ai modesti e non provati proventi extra.

Il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche anche se l’imputato non ha elementi negativi a carico?
Sì. La concessione delle attenuanti generiche non è un diritto automatico derivante dalla sola assenza di elementi negativi. La sentenza ribadisce che il giudice deve riscontrare elementi di segno positivo nella personalità del soggetto. In questo caso, il comportamento dell’imputato durante l’arresto (resistenza e lesioni a un agente) è stato considerato un elemento negativo che ha legittimamente giustificato il diniego delle attenuanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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