Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34382 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 34382 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/10/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO /che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso; sentito il difensore del ricorrente, avvocato NOME AVV_NOTAIO, che si è riportato al ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Brescia, in sede di rinvio a seguito di sentenza n. 8116 del 4 febbraio 2025, ha confermato il provvedimento del 25 luglio 2024 del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Brescia, con cui era stato convalidato il sequestro preventivo di urgenza disposto dal pubblico ministero con decreto del 17 luglio 2024 (ed
eseguito dalla G.d.F. il 19 luglio 2024), nei confronti di COGNOME NOME, ravvisandosi il fondamento del vincolo reale nel fumus dei delitti di falsità ideologica di cui ai capi 51 (artt. 48-479 cod. perì.) e 52 (artt. 48-480 cod. pen.) e di istigazione alla corruzione di cui al capo 48 (artt. 110, 322, comma 2, cod. pen.).
Quanto ai delitti di falso, si contesta al ricorrente, titolare della scuola RAGIONE_SOCIALE guida “RAGIONE_SOCIALE, in cambio della corresponsione di denaro contante, di avere certificato falsamente lo svolgimento delle lezioni da parte dei docenti, nonché di avere apposto le firme di presenza alle lezioni, e così di avere rilasciato l’attestato di superamento del corso, per la guida di mezzi pesanti, così inducendo in errore i funzionari della RAGIONE_SOCIALE sulla necessaria frequenza del corso di qualificazione iniziale, quale atto propedeutico alla procedura amministrativa volta ad ottenere la carta di qualificazione del conducente.
In relazione al reato di istigazione alla corruzione, si contesta al ricorrente, in concorso con COGNOME NOME, di avere chiesto, dietro alla promessa di un u GLYPH il regalo, alla guardia giurata preposta anche al controllo – mediante meta! detector – dell’ingresso in aula dei candidati agli esami di teoria per il conseguimento della patente di guida, di evitare il controllo ad un suo amico, ovvero, in alternativa, di allontanarlo qualora avesse rilevato la presenza di apparecchiature elettroniche non consentite (offerta che veniva rifiutata dalla guardia giurata).
All’indagato erano sequestr GLYPH / ai sensi degli artt. 321 cod. proc. pen., 240, comma 2, e 240-bis cod. pen. tutte le risorse economiche sproporzionate (beni mobili ed immobili) individuate dalla G.d.F. e in suo possesso, fino al corrispondente valore di euro 1.134.705,00, tra cui tre fabbricati meglio specificati nel provvedimento di sequestro.
Erano stati sottoposti a sequestro, ai fini della confisca diretta e allargata, in particolare:
la somma contanti di euro 1.014.955,00, rinvenuta nella disponibilità dell’indagato i di cui euro 18.000, costituita dagli importi complessivamente ricevuti da alcuni corsisti quale profitto del reato di istigazione alla corruzione e altre somme recate dai conti correnti;
b. tre fabbricati del valore di euro 158.000,00 , acquistati l’uno al prezzo di ventimila euro il 2 marzo 2021; uno al prezzo di euro 7.000,00 il 1 aprile 2022 e l’altro l’11 novembre 2022 al prezzo di euro 40.000.
2 . La difesa, dopo avere richiamato l’excursus giudiziario relativo alla vicenda in oggetto, con ampio richiamo agli esiti dei giudizi di legittimità, affida il ricorso a un unico motivo con cui denuncia violazione di legge (artt. 240-bis e 627 cod. proc. pen.) perché i giudici del rinvio, incorrendo nel vizio di violazione di legge
anche per omessa motivazione, non si sarebbero uniformati ai principi di diritto enunciati dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio sui punti rilevanti ai fini della conferma della confisca cd. allargata e, in particolare:
-sulla necessità di motivare in merito alla non legittima provenienza dei beni immobili sottoposti a sequestro;
-sulla necessità di dare conto in motivazione degli argomenti difensivi e della documentazione prodotta dal ricorrente;
-sulle ragioni per le quali deve essere esclusa la provenienza legittima delle risorse con cui detti beni erano entrati nel patrimonio dell’indagato.
Quanto al sequestro preventivo degli immobili, intestati al ricorrente, la motivazione valorizza le risultanze dell’annotazione della Guardia di Finanza del 3 ottobre 2023 secondo cui, detratte le spese di mantenimento, la sproporzione tra i redditi dichiarati e i valori in sequestro ammonta a euro 1.134.704, tenuto conto della somma in contanti sequestrata all’indagato.
Vari errori inficerebbero, secondo il ricorso, il calcolo della sproporzione poiché:
il ricorrente non vive da solo, ma con la compagna, impiegata e percettore di redditi;
non tiene conto di disponibilità di cassa antecedenti il reato-spia contestato (art. 322, comma 2, cod. pen.);
non tiene del costo degli immobili (euro 60.000,00) e della provenienza della somma impiegata per l’acquisto da assegni erogatigli dalla madre e dalla nonna;
non tiene conto dei redditi derivanti da altri fitti di immobili concessi in locazione;
non tiene delle somme trasferite ai conti dell’indagato da assegni e bonifici delle predette congiunte;
non tiene conto delle disponibilità accumulate negli anni precedenti precisamente nel triennio 2014/2017- riconducibili a guadagni non dichiarati e facilmente calcolabili tenuto conto che sono stati sequestrati i registri dell’autoscuola dai quali risulta il numero e nominativi degli allievi iscritti.
Ulteriore anomalia è rilevabile nel calcolo della sproporzione, per difetto, poiché il valore dei cespiti immobiliari (indicato in euro 158.000,00) sommato al denaro contante è maggiore di oltre 38.000 euro.
Il ricorrente rileva, inoltre, che l’ordinanza impugnata ha trascurato la nozione di “confisca diretta” e la necessità del rispetto del principio di proporzione enunciato nella sentenza delle Sezioni Unite n. 13873 dell’8 aprile 2025, e, quindi, del principio secondo cui la confisca diretta del prezzo o profitto del reato presuppone sempre la prova della derivazione diretta dal reato.
Infine, denuncia, sollecitando la rimessione della questione alle Sezioni Unite, che fr .possa ritenersi sussistente la qualifica di incaricato di pubblico servizio della guardia giurata ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 322, comma 2, cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME deve essere rigettato.
2.Va rilevato che nel procedimento a carico del ricorrente si sono susseguite numerose pronunce di questa Corte poiché, oltre alla sentenza rescindente n. 8116 del 4 febbraio 2025, dall’ordinanza impugnata emerge il riferimento ad altre sentenze del 13 marzo 2024 (avente il n. NUMERO_DOCUMENTO) e del 25 marzo 2025 (avente il n. NUMERO_DOCUMENTO). Nel corso della discussione il difensore ha richiamato altra sentenza del 9 luglio 2025 ( che non risulta ancora depositata al momento dell’odierna decisione.
3.Va premesso che l’ambito dell’odierno giudizio è circoscritto alle ragioni poste a base dell’annullamento con rinvio disposto con la sentenza n. 8116 del 4 febbraio 2025 e che esiti ulteriori, anche di annullamento con rinvio per insussistenza dei presupposti legittimanti la misura di cautelare reale, sono estranei al perimetro di decisione del Collegio.
3.1.0rbene, la Seconda Sezione di questa Corte, con la sentenza n. 8116 che si riporta per la parte di interesse per ragioni di chiarezza espositiva, aveva affermato:
«Con il terzo motivo si deduce la violazione del principio di sproporzione con riguardo alla confisca allargata, anche con riferimento al rispetto del requisito della ragionevolezza temporale, nonché ai fini della confisca diretta, stante l’assenza di pertinenzialità tra la condotta illecita ipotizzata (caratterizzata da un numero esiguo di episodi) e l’imponente somma di denaro sottoposta a sequestro.
4. Con il quarto motivo si deduce la violazione di legge anche sotto il profilo della mancanza e/o apparenza della motivazione in ordine alle ragioni per le quali non sono state ritenute attendibili le prove della difesa, decisive e contrarie alla conferma del sequestro finalizzato alla confisca allargata.
I motivi sono fondati, limitatamente alla confisca allargata.
Anzitutto va precisato che dalla lettura dell’ordinanza impugnata (v. pag. 4) risulta compiutamente esplorato, anche mediante il richiamo alle motivazioni addotte dal Gip, il tema legato alla confisca diretta di cui il ricorrente comunque si duole. Al riguardo, risulta che a base del sequestro si sia fatto riferimento al complesso delle somme ricevute dal ricorrente quale prezzo dei reati di falso in
relazione ai periodi contestati, al numero dei candidati e al costo da ciascuno sostenuto (v. pag. 3 dell’ordinanza del GO).
Peraltro, ai fini della determinazione del quantum confiscabile si è anche aggiunto il prezzo delle varie fattispecie di reato di cui all’art. 1 e 2 della legge n. 475/1925 (contestate anche quali delitti fine del sodalizio criminoso di cui al capo 1 della rubrica), sul rilievo che i candidati hanno riferito di avere corrisposto al ricorrente una somma di denaro a titolo di corrispettivo per la realizzazione del reato, così giungendosi ad un importo complessivo di gran lunga superiore alla somma rinvenuta in possesso dell’indagato.
Inoltre, valga comunque il rilievo che il valore dell’importo oggetto di sequestro finalizzato alla confisca diretta è riferibile al prezzo dei reati di falso e di violazione della legge n. 475 del 1925 (fattispecie di reato per le quali si è asseverata, unitamente al delitto associativo e all’istigazione alla corruzione, anche la gravità indiziarla, come da ordinanza cautelare del 15 maggio 2024, richiamata in atti e dapprima oggetto di ricorso per cassazione del ricorrente, dichiarato inammissibile per carenza di interesse con sentenza della Sez. 6, n. 44802 del 13/11/2024 stante l’intervenuta revoca nelle more della misura cautelare personale).
Deve essere ribadito che la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione (Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037 – 01).
Quanto, invece, alla confisca allargata che, oltre il denaro, ha investito anche i tre fabbricati meglio specificati nel decreto di sequestro, si tratta di un tema che, per come sottolineato anche dalla stessa requisitoria del P.G., non rinviene alcuna specifica motivazione, limitandosi l’ordinanza impugnata a richiamare l’esistenza del c.d. reato spia (da ravvisarsi in quello di cui all’art. 322 cod. pen.) e il divieto di cui all’art. 240-bis, comma 1, secondo periodo, cod. pen. (che preclude al proposto la possibilità di giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che sia provento o reimpiego da evasione fiscale) riferito però al denaro contante rinvenuto, così omettendo un effettivo confronto con gli argomenti e la documentazione prodotta dalla difesa con la richiesta di riesame che involge l’intero asset patrimoniale sequestrato.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto limitatamente alla confisca di cui all’art. 240-bis cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di
Brescia. Va, invece, rigettato il ricorso nel resto, in ragione della rilevata infondatezza e/o manifesta infondatezza degli altri motivi dedotti».
4.Ritiene la Corte che la sentenza di annullamento delimitava con chiarezza, e circoscrivendolo alla confisca allargata di cui all’art. 240-bis cod. pen., l’oggetto della decisione rimessa al giudice del merito rilevando il vizio di omessa motivazione.
Ne consegue che, in questa sede i non possono proporsi questioni che riguardano la confisca diretta del denaro – e quindi, il sequestro preventivo ad essa funzionale – né questioni che concernono la qualificazione giuridica del fatto ascritto al capo 52 (l’istigazione alla corruzione), con la contestazione della qualifica soggettiva della guardia giurata, tema che era stato devoluto alla Corte di legittimità con il ricorso oggetto della sentenza rescindente n. 8116 e risolto (pag. 5 della sentenza), confermando la natura di incaricato di pubblico servizio della guardia giurata.
5.11 ricorrente richiama la sentenza delle Sezioni Unite Massini (S.U. n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, Rv. 287756), depositata successivamente alla sentenza rescindente, allegando che il principio di diritto ivi enunciato sarebbe rilevante ai fini della individuazione delle somme di denaro che possono costituire oggetto di confisca diretta, e, dunque, ai fini della legittimità della misura cautelare reale disposta a carico del COGNOME in relazione alle somme, anche depositate su conti correnti a lui riferibili, ascendenti a 1.134.705,00 euro e agli assegni (dell’importo di 18.000,00 euro) in sequestro.
Tale decisione ha, infatti, rivisto la nozione di confisca diretta, affermando la necessità della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato, rispetto al precedente (S.U. n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037 – 01), posta a fondamento della sentenza rescindente, secondo la quale la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene.
Si tratta, tuttavia, di un principio di diritto che non è applicabile alla fase rescindente.
La giurisprudenza di legittimità, con principio condiviso dal Collegio, ha affermato che in sede di rinvio, sussiste l’obbligo del giudice di uniformarsi al principio di diritto enunciato con la sentenza di annullamento anche se questo, successivamente, risulti contrario al diverso principio affermato dalle Sezioni Unite in analoga fattispecie, salvo restando che il mutamento giurisprudenziale integra
un “nuovo elemento” di diritto, idoneo a legittimare la riproposizione di richiesta di revoca o modifica della misura cautelare personale non più suscettibile di gravame (Sez. 6, n. 14433 del 14/01/2020, Geraci, Rv. 278848 – 01).
Il regime di stabilità delle sentenze delle Sezioni Unite, conseguente alla novella dell’art.618 cod. proc. pen., non consente di assimilare il mutamento giurisprudenziale alla successione di leggi processuali nel tempo applicabili anche nel giudizio di rinvio disposto a seguito di annullamento, in base al principio “tempus regit actum”.
Va, dunque, affermato che, in sede rescindente, nel caso in cui la questione abbia formato oggetto specifico della decisione di annullamento con rinvio, non possono proporsi questioni relative alla natura della confisca delle somme in sequestro in relazione alle quali la misura cautelare reale è “stabilizzata” per effetto della sentenza rescindente.
6.Le censure del ricorrente sul punto della legittimità del sequestro preventivo funzionale alla confisca allargata non sono fondate sia se riferite agli immobili, come desumibile dai riferimenti del ricorso alle vicende dell’acquisto e alle somme investite, sia se riferite al sequestro delle somme di denaro e assegni trovati nella sua disponibilità.
A tal riguardo deve rilevarsi che l’ordinanza impugnata, con un’affermazione non seriamente contestata dal ricorrente, ha precisato (pag. 5) che l’annullamento con rinvio, al di là del generico riferimento all'”asset patrimoniale” in sequestro contenuto nella sentenza rescindente, era stato interpretato dal Tribunale del riesame come relativo ai soli immobili e non anche al denaro contante e alle somme depositate sui conti.
Su tale aspetto, l’ordinanza impugnata si è limitata al rilievo che già l’ordinanza annullata aveva fatto applicazione del divieto normativo di cui all’articolo 240-bis, comma 1, secondo periodo, cod. pen. , atteso che il denaro ablato costituiva il provento o il reimpiego dell’evasione fiscale, poiché si tratta di somme incamerate in nero, come allegato anche dalla difesa.
Il ricorrente deduce l’erroneità di tale conclusione poiché sostiene che si tratta di somme incamerate nel periodo 2014/2017 alle quali non è applicabile il divieto legislativo di giustificare la provenienza dei beni mediante evasione fiscale introdotto dall’art. 31 della I. n. 161 del 2017 alla stregua del principio enunciato dalle Sezioni Unite Rizzi, secondo cui tale divieto si applica anche ai beni acquistati prima della sua entrata in vigore, ad eccezione di quelli acquisiti nel periodo compreso tra il 29 maggio 2014, data della sentenza delle Sezioni unite n. 33451 del 29/05/2014, COGNOME, e il 19 novembre 2017, data di entrata in vigore della
legge n. 161 del 2017 (Sez. U, n. 8052 del 26/10/2023, dep. 2024, Rv. 285852 01)
Si tratta, tuttavia, di un assunto del tutto generico l tenuto onto dell’epoca del sequestro (il denaro veniva rinvenuto presso l’abitazione o sui conti del ricorrente nel corso della perquisizione del 13 ottobre 2023) e, dunque, a distanza di anni dal supposto guadagno incamerato dall’indagato nell’attività di gestione della scuola guida “RAGIONE_SOCIALE” e alla stregua delle indagini della Guardia di Finanza che hanno analizzato le dichiarazioni dei redditi dell’indagato nel periodo 1997/2022 verificando, a fronte di dichiarazioni dei redditi ascendenti a poco più di mille euro mensili (e appena superiori per annualità a 12.000 euro), spese di gestione dell’attività del tutto incompatibili con i redditi dichiarati.
E’, dunque, ragionevole la conclusione del Tribunale (pag. 5 dell’ordinanza impugnata) secondo cui se tali conteggi – riscontrati dall’analisi dei conti della società RAGIONE_SOCIALE– avvaloravano la tesi dell’indagato del conseguimento di redditi in nero, per altra via consentivano di affermare che le somme venivano direttamente impiegate nella gestione dell’attività di impresa, smentendo la capacità di accantonamento risalente al decennio 2010/2021.
Appare superfluo in questa sede ritornare sulle nozioni di confisca allargata e della configurabilità del reato-spia – individuato in quello di istigazione alla corruzione, già oggetto di giudicato cautelare – e della enucleazione del periodo di corrispondenza temporale, rispetto a detto reato, individuato ragionevolmente dal Tribunale nel biennio 2021/2022 e perfettamente coincidente con quello di acquisto d11,:immobili rispetto al quale la Guardia di Finanza ha accertato la disponibilità di redditi leciti, ascendenti a poco meno di 14.000 euro, provvista inidonea, alla luce del valore dichiarato degli immobili, a giustificare l’acquisto, che, anche se, ciascuno, di valore modesto (dichiarato rispettivamente in 20.000 euro, 7.000 euro, e 40.000 euro) /erano oggetto di compravendite avvenute a cavallo del 2 marzo 2021 e 11 novembre 2022, e, dunque, in un breve arco temporale.
Corretta, dunque, è la conclusione del Tribunale sulla sussistenza di una sperequazione tra redditi dichiarati e impieghi di euro 119.710,00, sperequazione che risulta affatto giustificata, nei termini in cui sarebbe rilevante per inferirne la liceità della provvista, dalla somma in contanti sequestrata nella disponibilità dell’indagato.
L’analisi condotta dal Tribunale non è censurabile in questa sede perché completa – con riferimento alla ricostruzione delle entrate patrimoniali nel tempo – ed estesa all’analisi delle allegazioni difensive volte a dimostrare la lecita provenienza del denaro impiegato negli acquisti, tenuto conto che i titoli di credito
prodotti (tre direttamente a lui intestati, un quarto intestato all’autoscuola) non erano direttamente collegabili all’acquisto poiché, a fronte di contratto definitivo del 30 settembre 2023, con il quale vengono di norma saldate le pretese economiche del venditore, i titoli avevano data successiva e non vi era prova di una postuma scrittura privata volta a postergare il pagamento: ne risulta, pertanto, smentito l’assunto dell’indagato sulla provenienza lecita della provvista impiegata negli acquisti.
Né, al di là del generico riferimento ai guadagni leciti della compagna, della provenienza della somma impiegata per l’acquisto da assegni erogatigli dalla madre e dalla nonna o da ulteriori redditi di fitto, l’indagato ha comprovato le affermazioni mediante la produzione della relativa documentazione la cui provvista non risulta dalla documentazione analizzata dalla Guardia di Finanza e, nella parte acquisita – si vedrtitoli innanzi indicati che sarebbero stati corrisposti dalla madre e dalla nonna- risulta inconferente rispetto alle date di acquisto degli immobili.
Osserva, infatti, il Tribunale che i titoli, se corrisposti per rifondergli la spesa per l’acquisto degli immobili, sono, comunque, irrilevanti poiché al momento dell’acquisto l’indagato non aveva disponibilità economiche sufficienti e idonee a giustificare l’acquisto.
gl?. Alle argomentazioni svolte consegue al rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 1 ottobre 2025
La Consigliera relatrice
Il Presidente