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Confisca allargata: sequestro per sproporzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata. La decisione conferma che, per la validità del sequestro, è sufficiente accertare la sproporzione tra i beni posseduti e il reddito dichiarato, unita alla mancata giustificazione della loro lecita provenienza. Una dichiarazione dei redditi, prodotta dopo il sequestro e attestante un improvviso aumento delle entrate, è stata ritenuta inidonea a fornire tale prova se non supportata da altri riscontri oggettivi.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca allargata: la Cassazione sui limiti della prova contraria

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali in materia di confisca allargata, chiarendo quali elementi siano necessari per giustificare un sequestro preventivo e quali prove l’indagato debba fornire per dimostrare la liceità dei propri beni. Il caso esaminato riguarda un soggetto, indagato per gravi reati tra cui associazione di tipo mafioso, a cui erano stati sequestrati ingenti somme di denaro e orologi di lusso. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la legittimità del sequestro basato sulla sproporzione tra i beni e i redditi dichiarati.

I fatti del caso

Il Tribunale del riesame di Roma aveva confermato un decreto di sequestro preventivo, emesso ai sensi degli artt. 240-bis c.p. e 321 c.p.p., nei confronti di un individuo sottoposto a misura cautelare in carcere per reati di associazione mafiosa, rapina e narcotraffico. Oggetto del sequestro erano quasi 100.000 euro in contanti e cinque orologi di lusso.
L’indagato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo la violazione di legge e il vizio di motivazione. In particolare, lamentava che il Tribunale avesse basato la sussistenza del fumus boni iuris sul semplice richiamo al provvedimento di custodia cautelare, senza un’autonoma valutazione. Contestava inoltre l’assenza di motivazione sul periculum in mora e sulla sproporzione, affermando di aver dimostrato, tramite una dichiarazione dei redditi per l’anno 2023, di aver prodotto un volume d’affari sufficiente a giustificare il possesso di tali beni.

La decisione della Cassazione e i presupposti della confisca allargata

La Corte di Cassazione ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La sentenza offre l’occasione per ripercorrere i due pilastri su cui si fonda il sequestro finalizzato alla confisca allargata.

Il Fumus Commissi Delicti

Per disporre il sequestro, il giudice deve accertare il cosiddetto fumus commissi delicti, ovvero la sussistenza di elementi concreti e persuasivi che indichino la commissione di uno dei reati presupposto per la confisca allargata (elencati nell’art. 240-bis c.p.). La Corte ha ritenuto che il richiamo all’ordinanza di custodia cautelare in carcere fosse non solo legittimo ma anche ragionevole. Tale misura, infatti, presuppone un vaglio sulla gravità indiziaria ben più approfondito di quello richiesto per il sequestro, rendendo quindi plausibile l’ipotesi di accusa.

Il Periculum in Mora e la Sproporzione

Nel contesto della confisca allargata, il periculum in mora (il pericolo nel ritardo) coincide con la confiscabilità stessa dei beni. Questa, a sua volta, dipende da due condizioni:
1. La sproporzione tra il valore dei beni e il reddito dichiarato o le attività economiche svolte dal soggetto.
2. La mancata giustificazione della provenienza lecita dei beni stessi.
È l’indagato, quindi, a dover fornire la prova contraria, dimostrando che i beni sono frutto di attività lecite.

Le motivazioni

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella valutazione della prova offerta dall’indagato. Il Tribunale del riesame aveva correttamente evidenziato che i redditi dichiarati dall’interessato e dalla sua compagna tra il 2017 e il 2022 erano del tutto insufficienti a giustificare gli investimenti e il possesso dei beni sequestrati.
La dichiarazione dei redditi relativa al 2023, che attestava un reddito lordo di circa 104.000 euro, è stata giudicata inattendibile per diverse ragioni. In primo luogo, perché prodotta solo dopo l’esecuzione della misura cautelare. In secondo luogo, perché costituisce una mera “dichiarazione di scienza”, cioè un atto unilaterale dell’interessato, privo di riscontri esterni che ne confermino la veridicità, come ad esempio il versamento delle relative imposte. Infine, i giudici hanno ritenuto inverosimile un’improvvisa e repentina inversione di tendenza nell’andamento dell’impresa dell’indagato. Tale documento, da solo, non era idoneo a “svilire” il quadro indiziario e a comprovare la provenienza lecita del denaro e degli orologi.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: nel procedimento per confisca allargata, non basta produrre una documentazione contabile o fiscale astrattamente idonea per superare il giudizio di sproporzione. È necessario che tale documentazione sia credibile, coerente con la storia economica del soggetto e, soprattutto, supportata da riscontri oggettivi. Una dichiarazione dei redditi “a orologeria”, presentata dopo il sequestro e che mostra un’impennata di guadagni non plausibile, non è sufficiente a vincere la presunzione di illecita provenienza dei beni, legittimando pienamente il mantenimento del vincolo cautelare.

Quando è possibile disporre un sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata?
È possibile quando una persona è indagata per uno dei reati previsti dall’art. 240-bis c.p. e risulta titolare o avere la disponibilità di beni di valore sproporzionato rispetto al proprio reddito, senza che sia in grado di giustificarne la provenienza lecita.

Una dichiarazione dei redditi presentata dopo il sequestro può giustificare la provenienza dei beni?
Secondo la sentenza, una dichiarazione dei redditi presentata dopo il sequestro, che attesta un improvviso e notevole aumento delle entrate, non è di per sé sufficiente a giustificare la provenienza lecita dei beni. Deve essere supportata da riscontri oggettivi che ne confermino la veridicità e la coerenza, altrimenti viene considerata una mera dichiarazione di scienza inattendibile.

Cosa si intende per “violazione di legge” nel ricorso in Cassazione contro un sequestro?
Per “violazione di legge” si intendono gli errori nell’interpretazione o applicazione delle norme giuridiche, oppure una motivazione del provvedimento che sia totalmente assente o meramente apparente, tanto da non rendere comprensibile il ragionamento del giudice. Non include, invece, la valutazione sulla logicità della motivazione, che è un diverso motivo di ricorso non ammesso in questa specifica materia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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