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Confisca allargata: retroattività e evasione fiscale

Le Sezioni Unite della Cassazione chiariscono i limiti temporali del divieto di giustificare la provenienza dei beni con redditi da evasione fiscale nel contesto della confisca allargata. La sentenza stabilisce che il divieto, introdotto nel 2017, non si applica ai beni acquistati tra il 29 maggio 2014 e il 19 novembre 2017, tutelando il legittimo affidamento sorto da una precedente pronuncia. Il caso riguardava un dirigente medico sottoposto a sequestro preventivo per concussione.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: la Cassazione e il Limite all’Uso dell’Evasione Fiscale

Una recente e fondamentale sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di confisca allargata: la possibilità di giustificare la provenienza dei propri beni utilizzando redditi derivanti da evasione fiscale. La pronuncia (n. 8052/2024) stabilisce un importante principio sulla retroattività della legge, bilanciando le esigenze di contrasto alla criminalità con la tutela del legittimo affidamento dei cittadini. Analizziamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’indagine a carico di un dirigente medico, accusato di concussione e truffa. Nell’ambito del procedimento, era stato disposto un sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata, ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale. Questa misura colpisce i beni di cui il condannato dispone in misura sproporzionata rispetto al proprio reddito e di cui non riesce a giustificare la legittima provenienza.

La difesa dell’indagato sosteneva che parte delle somme sequestrate, pur non dichiarate al fisco, derivassero da attività lecite svolte in anni precedenti (dal 2010 al 2017). La questione centrale è diventata, quindi, se i proventi da evasione fiscale potessero essere usati come giustificazione, alla luce di una legge del 2017 (L. n. 161) che ha introdotto un esplicito divieto in tal senso.

Il Conflitto Giurisprudenziale sulla Confisca Allargata

La legge n. 161 del 2017 ha modificato la disciplina della confisca allargata, stabilendo che il condannato non può giustificare la provenienza dei beni sostenendo che il denaro usato per acquistarli sia provento di evasione fiscale. Prima di questa norma, la questione era controversa. Si erano formati due orientamenti opposti:

1. Orientamento restrittivo: Sosteneva l’applicazione retroattiva del divieto. Poiché la confisca allargata è una misura di sicurezza, si dovrebbe applicare la legge in vigore al momento della sua adozione, indipendentemente da quando i beni sono stati acquisiti.
2. Orientamento garantista: Escludeva la retroattività del divieto per i beni acquistati prima del 2017. Si argomentava che la norma incide sul diritto di difesa e sulle regole probatorie, e la sua applicazione retroattiva violerebbe il principio di affidamento, secondo cui i cittadini devono poter contare sulla stabilità delle regole giuridiche.

Le Sezioni Unite sono state chiamate a risolvere questo contrasto per garantire uniformità nell’applicazione della legge.

Le Motivazioni della Cassazione: Tutela dell’Affidamento e Tempus Regit Actum

La Corte di Cassazione ha adottato una soluzione intermedia e finemente argomentata. I giudici hanno riconosciuto che, sebbene la norma abbia natura processuale, la sua applicazione retroattiva incondizionata lederebbe il principio di tutela dell’affidamento, protetto a livello costituzionale.

Il punto di svolta nell’analisi della Corte è una sua precedente sentenza a Sezioni Unite del 2014 (nota come “sentenza Repaci”). In quella decisione, la Cassazione aveva stabilito che, ai fini della confisca allargata, era possibile giustificare la sproporzione patrimoniale facendo riferimento a redditi leciti ma non dichiarati al fisco. Questa pronuncia aveva creato un “diritto vivente”, ovvero un orientamento consolidato su cui i cittadini potevano fare legittimamente affidamento.

Di conseguenza, la nuova legge del 2017, introducendo un divieto, ha modificato pesantemente le regole del gioco, peggiorando la posizione processuale del condannato. Per questo motivo, le Sezioni Unite hanno ritenuto di dover proteggere l’affidamento sorto nel periodo compreso tra la sentenza “Repaci” e l’entrata in vigore della nuova legge.

Conclusioni: il Principio di Diritto e le Implicazioni Pratiche

La Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto: il divieto di giustificare la legittima provenienza dei beni oggetto di confisca allargata sul presupposto che siano provento di evasione fiscale si applica anche ai beni acquistati prima della sua entrata in vigore (19 novembre 2017), ad eccezione di quelli acquisiti nel periodo tra il 29 maggio 2014 (data della sentenza Repaci) e il 19 novembre 2017.

In pratica, questo significa che:
– Per i beni acquistati prima del 29 maggio 2014, il divieto si applica retroattivamente.
– Per i beni acquistati tra il 29 maggio 2014 e il 19 novembre 2017, vale la vecchia regola: è possibile giustificarne la provenienza con redditi leciti, anche se evasi fiscalmente.
– Per i beni acquistati dopo il 19 novembre 2017, si applica pienamente il nuovo divieto.

Questa sentenza rappresenta un importante punto di equilibrio tra l’esigenza di reprimere l’accumulazione di patrimoni illeciti e la necessità di garantire i diritti fondamentali, tra cui il diritto di difesa e la prevedibilità delle decisioni giudiziarie.

È possibile giustificare i beni oggetto di confisca allargata con proventi da evasione fiscale?
No, in linea generale la legge lo vieta. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha stabilito un’eccezione per i beni acquistati nel periodo specifico tra il 29 maggio 2014 e il 19 novembre 2017, per i quali tale giustificazione è ancora ammissibile.

Perché la Corte ha creato un’eccezione solo per il periodo 2014-2017?
Perché in quel lasso di tempo era in vigore un orientamento giurisprudenziale consolidato (inaugurato dalla sentenza ‘Repaci’ del 2014) che permetteva di giustificare i beni con redditi da evasione. L’introduzione del divieto nel 2017 avrebbe leso il legittimo affidamento che i cittadini avevano riposto in quella regola, se fosse stata applicata retroattivamente a quel periodo.

Che natura ha la confisca allargata secondo la sentenza?
La sentenza ribadisce che la confisca allargata non ha natura di sanzione penale punitiva, ma è una misura di sicurezza atipica. Tuttavia, proprio per la sua forte incidenza sui diritti di proprietà e di difesa, la sua applicazione deve rispettare principi fondamentali come la prevedibilità della legge e la tutela dell’affidamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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