Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14424 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14424 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 2545/2025 Motivazione Semplificata
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata a Pescara il 02/07/1993 avverso l’ordinanza del 26/09/2024 del TRIB. del riesame di Teramo. Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Teramo ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Teramo il 6.9.2024 – in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90 – avente ad oggetto la somma in contanti di euro 9.220,00, della quale euro 20 provento della cessione di gr. 0,4 di cocaina addebitata in via provvisoria alla COGNOME, sulla scorta di quanto accertato nel corso di un’operazione antidroga svolta da operanti della Squadra mobile della Questura di Teramo, i quali avevano rinvenuto la predetta somma di denaro nell’abitazione dell’indagata, all’interno della sua borsa, unitamente ad ulteriori gr. 21,70 complessivi di sostanza stupefacente del tipo cocaina ed eroina ed anche un bilancino con ancora tracce di sostanza polverosa di colore bianco. Gli operanti, poco prima dell’intervento, avevano avuto modo di notare un uomo, COGNOME NOME, accedere all’interno dell’abitazione della COGNOME, uscendone poco dopo; l’uomo era stato trovato in possesso di gr. 0,4 di cocaina, stupefacente che dichiarava di avere acquistato poco prima da una donna di etnia rom all’interno della sua abitazione, individuata nell’odierna indagata.
Avverso tale ordinanza il difensore dell’indagata ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge per mancanza di motivazione.
Deduce – in sintesi – l’assoluta inconsistenza del fumus commissi delicti e osserva che la ricorrente ha fornito una valida giustificazione del possesso lecito del denaro sequestrato, secondo quanto riferito in sede di indagini difensive da NOME e NOME NOME. Sostiene il difetto del requisito della pertinenzialità del denaro rispetto al reato oggetto di indagine. Ritiene che
il caso in disamina possa essere ricondotto nell’alveo di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90.
Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto non deduce alcuna effettiva violazione di legge, limitandosi a contestare la ricostruzione motivazionale dell’ordinanza impugnata, censura notoriamente non consentita in cassazione avverso provvedimenti riguardanti misure cautelari reali.
Il sequestro Ł stato emesso essenzialmente con finalità di confisca ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen. (ora applicabile anche per i reati di cui al quinto comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90), a mente del quale ‘ Ł sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica ‘. In questa prospettiva, l’ordinanza impugnata ha dato ampiamente conto del fatto che l’indagata e il suo convivente non hanno redditi che possano giustificare il possesso della rilevante somma di denaro in contanti rinvenuta (fra l’altro, con tagli notevoli di 500 e 200 euro).
Il ricorso insiste sulla non pertinenzialità del denaro rispetto al reato per cui si procede, senza considerare che nel caso il sequestro Ł funzionale alla confisca allargata di cui all’art. 240-bis cod. pen., non confrontandosi specificamente su tale questione, peccando in tal senso anche di aspecificità.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME