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Confisca allargata: quando il denaro è sproporzionato

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata di 51.910 euro. La somma, trovata in contanti e nascosta, è stata ritenuta sproporzionata rispetto ai redditi del nucleo familiare, rendendo non plausibile la sua provenienza lecita.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: la Cassazione Conferma il Sequestro di Denaro Sproporzionato ai Redditi

La recente sentenza della Corte di Cassazione Penale affronta un tema cruciale in materia di misure patrimoniali: la confisca allargata. Questo strumento, previsto dall’art. 240-bis del codice penale, consente di aggredire i patrimoni di provenienza illecita anche quando non sono direttamente collegati al singolo reato contestato. La decisione in esame chiarisce i criteri con cui il giudice può valutare la sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati, confermando un sequestro di oltre 50.000 euro in contanti.

I Fatti del Caso: Un Tesoro Nascosto in Casa

La vicenda ha origine da un decreto di sequestro preventivo di 51.910 euro, emesso dal Giudice per le indagini preliminari. La somma, interamente in contanti, era stata rinvenuta nell’abitazione di un nucleo familiare, composta da una madre e due figli. Durante la perquisizione, uno degli indagati aveva tentato di occultare il denaro, contenuto in una busta di stoffa, gettandolo dietro un frigorifero.

Gli indagati avevano presentato una richiesta di riesame al Tribunale, sostenendo la legittimità della somma. Affermavano che tutti i membri della famiglia, ad eccezione di uno, lavoravano e percepivano regolari stipendi. Tuttavia, il Tribunale rigettava la richiesta, ritenendo che la provenienza lecita della somma non fosse stata adeguatamente dimostrata e che vi fosse una chiara sproporzione tra l’ingente quantità di contante e i redditi complessivi della famiglia.

La Valutazione della Confisca Allargata e il Ricorso

Avverso l’ordinanza del Tribunale, gli indagati proponevano ricorso per Cassazione. La difesa lamentava una violazione di legge e una manifesta illogicità della motivazione. Sosteneva che il Tribunale avesse erroneamente presunto una provenienza illecita del denaro, senza specificarla, e non avesse tenuto conto dei redditi da lavoro leciti, percepiti regolarmente da anni. Inoltre, si contestava la valutazione sulla proporzionalità, ritenuta errata anche in relazione ai consumi medi di una famiglia.

Il fulcro della questione ruotava attorno all’applicazione dei principi della cosiddetta confisca allargata, che si basa su una presunzione: quando un soggetto è condannato per determinati reati (tra cui quelli legati agli stupefacenti), i beni di cui dispone in misura sproporzionata rispetto al proprio reddito si presumono di origine illecita, salvo prova contraria.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendoli manifestamente infondati. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: la valutazione sulla sproporzione tra il valore dei beni e i redditi dichiarati è un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito. In sede di legittimità, la Corte può solo verificare che la motivazione sia logica, coerente e non viziata da errori di diritto.

Nel caso specifico, la motivazione del Tribunale è stata giudicata ineccepibile. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato diversi elementi indiziari gravi:

* Modalità di occultamento: il tentativo di nascondere il denaro dietro un elettrodomestico è stato considerato un chiaro segnale della consapevolezza della sua provenienza illecita.
* Ingente somma in contanti: la detenzione di oltre 50.000 euro in contanti in casa è di per sé anomala e non giustificata da normali esigenze di vita.
* Incapacità economica: i redditi del nucleo familiare (stimati tra 800 e 2000 euro mensili complessivi per 4 persone) sono stati ritenuti insufficienti a giustificare un tale accumulo di risparmi.
* Prestiti pregressi: il fatto che uno degli indagati avesse dovuto richiedere prestiti per 5.000 euro in anni recenti è stato visto come un elemento che contraddiceva la disponibilità di ingenti somme liquide.

Sulla base di questi elementi, la Corte ha concluso che il Tribunale aveva ragionevolmente escluso la plausibilità delle giustificazioni difensive, confermando la sussistenza dei presupposti per il sequestro finalizzato alla confisca allargata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza rafforza l’efficacia della confisca allargata come strumento di contrasto all’accumulazione di ricchezza illecita. Emerge chiaramente che, di fronte a una palese sproporzione patrimoniale, l’onere di fornire una prova convincente e dettagliata della provenienza lecita dei beni ricade sull’indagato. Non è sufficiente allegare genericamente la percezione di redditi da lavoro, ma è necessario dimostrare come tali redditi abbiano potuto generare, al netto delle spese per vivere, un accumulo così significativo. La modalità di conservazione del denaro, se anomala come l’occultamento, diventa un potente indizio a sfavore, che il giudice è tenuto a valorizzare.

Quando può essere disposto un sequestro finalizzato alla confisca allargata?
Un sequestro per confisca allargata può essere disposto quando una persona è indagata per uno dei reati previsti dalla legge e possiede beni di valore sproporzionato rispetto al proprio reddito o alla propria attività economica, e non è in grado di giustificarne la provenienza lecita.

La prova di percepire redditi da lavoro è sufficiente per evitare il sequestro?
No, non è automaticamente sufficiente. Come dimostra il caso in esame, il giudice deve valutare se i redditi leciti, al netto delle spese ordinarie di un nucleo familiare, siano plausibilmente in grado di generare l’accumulo di ricchezza contestato. Se la somma è ritenuta sproporzionata, la sola esistenza di un lavoro non basta a superare la presunzione di illecita provenienza.

Cosa valuta la Corte di Cassazione in un ricorso contro un sequestro per confisca allargata?
La Corte di Cassazione non riesamina i fatti, ma si limita a un controllo di legittimità. Verifica cioè se la decisione del giudice di merito (in questo caso, il Tribunale) sia basata su una motivazione logica, coerente e priva di errori di diritto. Non può sostituire la propria valutazione a quella del tribunale sulla congruità dei redditi o sulla plausibilità delle giustificazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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