Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2240 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2240 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME COGNOME nata il 25/07/1973 in Perù Ancalla COGNOME NOMECOGNOME nato il 16/03/2003 in Perù Ancalla Cadillo NOMECOGNOME nato il 09/12/1995 in Perù avverso l’ordinanza del Tribunale della libertà di Napoli del 27/05/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME contro I decreto di sequestro preventivo di 51.910 euro finalizzato alla confisca del profitto del reato emesso, ex artt. 321, comma 2, cod. proc pen., 240 cod. pen. e 73, comma 7-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, il 16 maggio 20124 dal Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Nola in relazione al reato ex art. 73, commi 4 e 6, d.P.R. cit. per la detenzione della marijuana e dell’hashish descritti nelle imputazioni provvisorie e rinvenuti nella abitazione degli indagati.
Nei ricorsi congiunti e nella memoria conclusiva presentata dal difensore degli indagati si chiede l’annullamento dell’ordinanza per violazione della legge e manifesta illogicità, osservando che è stata contestata la mera detenzione illecita delle sostanze stupefacenti e che il Tribunale ha ritenuto sussistere una provenienza illecita (non specificata) delle somme sequestrate, considerando la sproporzione fra il reddito degli ricorrenti e l’entità della somma sequestrata, ma trascurando che tutti i componenti del nucleo familiare (tranne i figlio NOME COGNOME) lavorano e sono regolarmente retribuiti sin dal 2008 e, per altro verso, che NOME COGNOME, protagonista della vicenda processuale, e coabitante con i predetti, non è considerato nel provvedimento di sequestro sicché almeno parte della somma dovrebbe ritenersi di provenienza lecita.
Si osserva che, comunque, il sequestro ha violato, stando ai dati dell’Istat, ha erroneamente valutato la proporzione tra l’entità della somma sequestrata e i valori medi dei consumi di una famiglia in Campania e ai redditi del componenti il nucleo familiare (indicati nel ricorso).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va ribadito che nel caso della cosiddetta confisca allargata, conseguente alla condanna per uno dei reati di cui all’art. 12-sexies, commi 1 e 2, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modifiche, nella legge 7 agosto 1992, n. 356 (attualmente art. 240-bis cod. pen.), non è censurabile in sede di legittimità la valutazione relativa alla sproporzione tra il valore di acquisto dei beni nella disponibilità del condannato e i redditi del suo nucleo familiare, se la stessa è stata congruamente motivata dal giudice di merito sulla base di parametri suscettibili di verifica e sia preceduta da un adeguato e razionale confronto con le deduzioni difensive (Sez. 3, n. 1555 del 21/09/2021, dep. 2022 COGNOME, Rv. 282407).
Nel caso in esame il Tribunale ha evidenziato che la somma di euro 50.910 in contanti sequestrata è stata rinvenuta in una busta di stoffa che la RAGIONE_SOCIALE tentò di occultare gettandola dietro il frigorifero.
Ha, inoltre, puntualmente argomentato il giudizio sulla non plausibilità delle prospettazioni difensive circa la provenienza e la destinazione dell’ingente somma in contanti rinvenuta (p. 5-7), come anche circa la sufficienza dei redditi (tra gli 800 e i 2000 euro al mese) dei componenti della famiglia per giustificarne
l’accumulo da parte di un nucleo familiare composto da 4 persone (p. 7), oltretutto considerando che RAGIONE_SOCIALE ha stipulato prestiti Compass per 5000 euro negli anni 2018, 2019 e 2021.
Su queste basi, non irragionevolmente ha escluso che possa ritenersi superata la prevenzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale, sicché i ricorsi risultano manifestamente infondati.
Dalla inammissibilità dei ricorsi deriva, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/10/2024