Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37197 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37197 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME CONCETTA nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/05/2025 del TRIBUNALE di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e dell’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME, che ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6 maggio 2025, il Tribunale di Palermo, Sezione per il Riesame, rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME e, per l’effetto, confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. presso il medesimo Tribunale in data 10 aprile 2025. Il provvedimento cautelare reale aveva ad oggetto un bene immobile sito in Palermo, INDIRIZZO, ed era stato disposto in funzione della confisca per sproporzione di cui all’art. 240-bis c.p. e 301 comma 5 d.P.R. n. 43/1973, in relazione ai delitti provvisoriamente contestati all’indagata, tra cui quello di associazione per
delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, ai sensi dell’art. 291-quater d.P.R. n. 43/1973.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, l’indagata COGNOME NOME, deducendo, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), c.p.p., plurimi vizi di violazione di legge e di motivazione.
2.1. Con un primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione del principio del ne bis in idem cautelare e il difetto di motivazione in punto di periculum in mora. Si evidenzia come il decreto di sequestro impugnato era stato emesso in seguito all’annullamento, da parte dello stesso Tribunale del Riesame, di un precedente e analogo provvedimento ablativo per totale assenza di motivazione sul periculum. La difesa sostiene che la riemissione del provvedimento, fondata su elementi (intercettazioni telefoniche del novembre 2024) già esistenti e disponibili al momento dell’adozione del primo decreto, violi la preclusione processuale derivante dal c.d. giudicato cautelare. A sostegno, si richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui la mera trascrizione di intercettazioni già in atti non costituisce elemento di novità idoneo a superare la preclusioné (Sez.2, n. 37945 del 09/06/2021). Inoltre, si critica la motivazione sul periculum fornita dal Tribunale, ritenuta astratta e non conforme ai principi stabiliti dalle Sezioni Unite ( n. 36959/2021), che richiedono una specifica dimostrazione delle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo.
2.2. Con un secondo articolato motivo, si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 240-bis c.p. e al criterio dell “ragionevolezza temporale”. La ricorrente censura l’ordinanza impugnata per aver omesso di considerare che l’acquisto del bene immobile (avvenuto 1’8 novembre 2022) precede, o è al più contestuale, all’inizio del periodo di presunta attività criminosa (da maggio 2022 in .poi, con reati-fine concentrati nel 2023). Si argomenta, richiamando un vasto apparato giurisprudenziale di legittimità e costituzionale (tra cui Sezioni Unite n. 4880/2015 e Corte Cost. n. 33/2018 e n. 24/2019), che la confisca allargata presuppone una correlazione cronologica stringente, in base alla quale l’accumulo di risorse illecite deve necessariamente precedere l’acquisto del bene, essendo “naturalisticamente inconcepibile che l’effetto possa preesistere alla causa”. Il Tribunale del Riesame avrebbe, pertanto, errato nel ritenere sufficiente una generica contiguità temporale.
2.3. Con un terzo motivo, si lamenta la manifesta illogicità e carenza della motivazione in punto di sproporzione finanziaria e di omessa valutazione delle giustificazioni fornite dalla difesa. La ricorrente evidenzia come il Tribunale del
Riesame abbia ignorato le specifiche deduzioni difensive volte a dimostrare la legittima provenienza della provvista utilizzata per l’acquisto dell’immobile. In particolare, si fa riferimento al pagamento del prezzo di C 16.000,00, avvenuto tramite cambiali con scadenze antecedenti ai fatti (dall’01/01/2014 al 01/01/2018) e un assegno circolare tracciabile, modalità che “certamente escludono l’impiego di eventuali proventi illeciti”. Si critica, inoltre, il calcolo de sperequazione del nucleo familiare, che non avrebbe tenuto conto dei redditi autonomi e dichiarati della convivente COGNOME NOME, dettagliatamente elencati nell’atto di riesame. L’omessa pronuncia su tali punti decisivi integrerebbe un vizio di motivazione che inficia la legittimità del provvedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è articolato in motivi non consentiti o manifestamente infondati o inconferenti.
In relazione alla prospettata violazione della preclusione processuale intervenuta a seguito dell’annullamento del primo decreto di sequestro, il Tribunale ha correttamente rimarcato che l’annullamento del precedente provvedimento impositivo del vincolo sul bene era stato disposto per carenza di motivazione in ordine al periculum in mora, giungendo quindi alla condivisibile conclusione che non era intervenuta, sul punto, alcuna valutazione esplicita o anche solamente implicita che costituisse ostacolo alla rinnovazione della richiesta di sequestro.
Le valutazioni del Tribunale risultano aderenti alle posizioni della giurisprudenza di legittimità, che ha ripetutamente affermato che “il provvedimento cautelare reale annullato per motivi formali può essere reiterato a seguito di domanda del Pubblico ministero (Sez. 6, n. 43213 del 27/10/2010, COGNOME, Rv. 248804 – 01, secondo cui la preclusione processuale determinata dal cosiddetto “giudicato cautelare” opera solo nel caso in cui via sia stato un effettivo apprezzamento, in fatto o in diritto, del materiale probatorio e dell’imputazione provvisoria, non conseguendo tale effetto, invece, alle decisioni che definiscano l’incidente cautelare in relazione ad aspetti meramente procedurali; nello stesso senso, Sez. 4, n. 4273 del 28/11/2008, COGNOME, Rv. 242502 – 01; Sez. 2, n. 35482 del 12/07/2007, COGNOME, Rv. 238082 – 01)” (Sez. 3, n. 43365 dell’8/10/2024, Carta).
In tale indirizzo meritano di essere segnalate, in quanto relativa a fattispecie assai simili a quella in esame, le sentenze che hanno enunciato il principio secondo cui l’annullamento di un decreto di sequestro preventivo per totale assenza di motivazione in ordine al “periculum in mora” non osta all’emissione, nei confronti della medesima persona, di un nuovo vincolo avente ad oggetto lo stesso bene,
posto che il giudicato cautelare non si forma nel caso in cui, in sede di annullamento, non sia stata espressa alcuna valutazione, pur se solo incidentale o implicita, circa i presupposti richiesti per l’emissione della misura (Sez. 3, n. 15125 del 28/03/2024, COGNOME, Rv. 286171 – 01; Sez. 3, n. 27635 del 21/5/2025, RAGIONE_SOCIALE; Sez. 3, n. 26990 del 21/5/2025, COGNOME).
2. Venendo alle ulteriori censure, la valutazione delle doglianze difensive non può che muovere dai principi enunciati dalla Sezioni Unite (n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01) in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca. La sentenza ha precisato che “il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege”. Tale pericolo non può che riguardare il rischio di dispersione del bene prima del giudizio.
2.1 Il decreto adottato dal GIP giustifica, sotto il profilo del periculum in m’ora, il sequestro valorizzando la “personalità negativa degli indagati”, “le circostanze di fatto emerse dall’attività investigativa”, le difficoltà dei “nuclei familiari oggetto”, siccome lumeggiate dalla conversazione del 29/11/2024 prog. 295 e quella del 13/12/2024, che provavano gli sforzi profusi da NOME COGNOME per vendere un immobile.
Il Tribunale ha integrato tale motivazione mettendo in risalto che l’appartamento in sequestro è l’unico bene patrimoniale, mobile o immobile, di cui COGNOME è titolare e inferendo da tale dato che “era altamente probabile il compimento di operazioni volte a disperdere il cespite immobiliare in giudiziale sequestro in vista della futura condanna”. Vengono, inoltre, valorizzati lo stretto rapporto con la compagna, COGNOME NOME, figlia di COGNOME NOME, “vertice indiscusso della compagine associativa” e i compiti svolti da COGNOME nell’interesse del sodalizio criminale.
Il periculum viene, pertanto, collegato dal Tribunale alle modalità del fatto, al ruolo svolto all’interno della compagnine criminale da COGNOME nonché alle condizioni economiche della ricorrente, ritenute inadeguate rispetto alle misure ablatorie che potrebbero essere adottate in caso di condanna.
Tale argomentazione, però, viene totalmente ignorata dal ricorso che si concentra solo sulla valenza significativa della telefonata del novembre del 2024
per dedurre che l’intenzione di COGNOME NOME di vendere l’immobile di INDIRIZZO non consentiva di inferire che vi fosse la volontà di sottrarsi all’adempimento delle obbligazioni, risultando dalla stessa conversazione intercettata che il prezzo ricavato dalla cessione sarebbe stato destinato, almeno in parte, ad abbattere di € 50.000,00 il debito “gravante sull’immobile di INDIRIZZO“.
La censura difensiva, pertanto, non risulta conferente con la motivazione del provvedimento impugnato che ha nell’inadeguatezza del patrimonio di COGNOME l’argomento principale, valorizzando il rapporto con COGNOME NOME solo per dare più rilievo al ruolo svolto all’interno della compagine associativa dalla ricorrente.
Manifestamente infondate sono le ulteriori censure proposte che non si confrontano con la motivazione del Tribunale, che, richiamando esposti i dati valorizzati dal GIP, ha valorizzato i dati relativi alla “sperequazione finanziaria scalare annua del nucleo familiare dell’indagata”, sottolineando che si era in presenza di una confisca per equivalente, la cui applicazione non poteva trovare ostacolo nella provenienza lecita della provvista utilizzata per l’acquisto del cespite. A tali argomenti il ricorso oppone considerazioni fondate sui redditi di COGNOME e sull’epoca di acquisizione dell’immobile che, a tutto voler concedere, considerato che l’immobile è stato acquistato nel 2022, e quindi a ridosso dell’arco temporale in cui, secondo l’ipotesi accusatoria, ha operato l’associazione, e che è rimasta ignota l’origine delle risorse impiegate nell’acquisito, possono incidere sulla persuasività degli argomenti del tribunale del riesame ma non certo a integrare la violazione di legge necessaria a consentire il superamento del vaglio di ammissibilità.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.