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Confisca allargata: quando è legittimo il sequestro?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro un sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata. La misura era stata disposta su beni di una persona gravemente indiziata di associazione di tipo mafioso, data la palese sproporzione tra il valore dei beni e i redditi dichiarati. La Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione avverso misure cautelari reali è limitato alla sola violazione di legge, escludendo censure sulla motivazione se non nei casi in cui essa sia totalmente assente o meramente apparente.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata e Sequestro: la Cassazione fissa i paletti per il ricorso

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sui presupposti del sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata, delineando con chiarezza i limiti del sindacato di legittimità in materia di misure cautelari reali. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere quando e come sia possibile contestare un provvedimento che colpisce il patrimonio di un soggetto indagato per gravi reati, come l’associazione di tipo mafioso.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Roma che, in sede di riesame, confermava un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari. La misura cautelare reale aveva ad oggetto le giacenze bancarie e una serie di immobili intestati a una persona gravemente indiziata del delitto di associazione di tipo mafioso. Il sequestro era stato disposto ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale, la norma che disciplina appunto la confisca allargata (o per sproporzione).

Il fondamento della misura risiedeva nella palese sproporzione tra il valore dei beni nella disponibilità dell’indagata e i redditi da lei lecitamente dichiarati. La difesa della ricorrente ha presentato ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo la difesa, il Tribunale non avrebbe verificato adeguatamente la corrispondenza tra il fatto concreto e la norma, limitandosi a un controllo superficiale e facendo riferimento solo ai gravi indizi di colpevolezza, senza una valutazione autonoma della proporzionalità e della pertinenza dei beni al reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno innanzitutto ribadito un principio cardine del sistema processuale: il ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali, come il sequestro preventivo, è ammesso solo per violazione di legge.

Questo significa che la Corte non può riesaminare il merito delle valutazioni fatte dal giudice precedente, ma solo verificare che la legge sia stata interpretata e applicata correttamente. Anche il vizio di motivazione può essere fatto valere solo in casi estremi, ovvero quando la motivazione è totalmente assente o talmente generica e apodittica da essere considerata meramente ‘apparente’.

Le Motivazioni

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la motivazione dell’ordinanza impugnata non fosse né assente né apparente. Il Tribunale del riesame aveva, infatti, dato espressamente conto dei due presupposti necessari per il sequestro finalizzato alla confisca allargata:

1. La sussistenza di gravi indizi di colpevolezza: Il Tribunale aveva correttamente evidenziato che a carico della ricorrente erano stati ritenuti sussistenti gravi indizi per il delitto di associazione di tipo mafioso, un reato che rientra nel novero di quelli che consentono l’applicazione della misura ablativa.

2. La sproporzione patrimoniale: Era stata accertata una ‘patente sproporzione’ tra i redditi leciti dichiarati e i beni nella disponibilità dell’indagata, tenendo conto anche del periodo di acquisto degli immobili.

La Corte ha inoltre sottolineato come il Tribunale avesse motivato anche sul ‘periculum in mora’, cioè sul pericolo concreto che, in attesa della definizione del giudizio, i beni potessero essere dispersi o consumati, rendendo vana un’eventuale confisca futura. Le censure della difesa sono state quindi giudicate generiche e assertive, poiché non hanno individuato una specifica violazione di norme di legge, ma si sono limitate a contestare la valutazione dei fatti operata dal giudice di merito, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida l’orientamento secondo cui il controllo della Cassazione sui provvedimenti di sequestro è rigorosamente limitato alla violazione di legge. Per contestare efficacemente un sequestro finalizzato alla confisca allargata, non è sufficiente lamentare una valutazione dei fatti ritenuta ingiusta, ma è necessario dimostrare che il giudice abbia commesso un errore di diritto o che la sua motivazione sia talmente carente da equivalere a una sua assenza. La pronuncia conferma la solidità dello strumento della confisca per sproporzione come mezzo di contrasto alla criminalità organizzata, basato su due pilastri: la gravità indiziaria per uno dei reati-presupposto e l’oggettiva e ingiustificata sproporzione tra patrimonio e reddito.

Quando si può ricorrere in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo?
Il ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali, come il sequestro, è ammesso soltanto per violazione di legge. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, a meno che la motivazione del provvedimento non sia del tutto mancante o meramente apparente, cioè talmente generica da non rendere comprensibile il ragionamento seguito.

Quali sono i presupposti per un sequestro finalizzato alla confisca allargata?
Sono necessari due presupposti fondamentali: in primo luogo, devono sussistere gravi indizi di colpevolezza a carico della persona per uno dei reati specificamente previsti dalla legge (come l’associazione di tipo mafioso). In secondo luogo, deve essere accertata una palese e ingiustificata sproporzione tra il valore dei beni nella disponibilità dell’indagato e i suoi redditi dichiarati o la sua attività economica.

Perché il ricorso analizzato nella sentenza è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure presentate dalla difesa sono state ritenute generiche e assertive. Non hanno individuato una specifica violazione di legge, ma si sono limitate a criticare la valutazione del giudice di merito. La Corte ha invece ritenuto che l’ordinanza del Tribunale fosse adeguatamente motivata, avendo verificato la sussistenza sia dei gravi indizi di reato sia della sproporzione patrimoniale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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