Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15808 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15808 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/01/2025
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
– Presidente –
Sent. n. sez. 142/2025
NOME COGNOME
CC – 28/01/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 39314/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a APRILIA il 12/06/1995
avverso l’ordinanza del 16/10/2024 del TRIBUNALE DI ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentito il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che si è riportata alla requisitoria scritta e ha chiesto di dichiarare l’inammissibilitˆ del ricorso;
Con ordinanza del 16 ottobre 2024 il Tribunale di Roma e, a seguito del riesame proposto 324 cod. proc. pen. nellÕinteresse di Yesenia Forniti, ha confermato
il provvedimento in data 27 giugno 2024 con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma (oltre ad applicarle la misura della custodia cautelare in carcere poichŽ gravemente indiziata del delitto aggravato di associazione di tipo mafioso) Ð per quel che qui rileva Ð ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata . 240cod. pen. (art. 321, comma 2, cod. proc. pen) delle giacenze bancarie e di una serie di immobili siti in Anzio a lei intestati.
Avverso il provvedimento collegiale il difensore di NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione, articolando un unico motivo (di seguito enunciato nei limiti di cui
allÕart. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) con il quale ha dedotto la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del , del e della sproporzione tra i beni oggetto di confisca e i redditi. In particolare:
non occorrerebbe la sussistenza del , poichŽ la misura di sicurezza prevista dall’art. 240cit. (come lÕÇautonoma fattispecie di sequestroÈ in discorso) si fonderebbe unicamente sulla sproporzione tra i beni e i redditi, difettando qualsivoglia richiamo normativo della pertinenzialitˆ tra commesso reato e bene posseduto; il Tribunale avrebbe compiuto una carente verifica della corrispondenza tra fatto concreto e fattispecie normativa, peraltro facendo un inconducente riferimento alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico della ricorrente (cui è stata applicata la misura cautelare personale), tanto più che il reato lei attribuito non offenderebbe il patrimonio bens’ l’ordine pubblico; in ogni caso, a voler valorizzare la sottoposizione nella ricorrente a misura cautelare personale, il Tribunale avrebbe dovuto compiere un controllo non meramente cartolare bens’ della base fattuale sussistente nel caso di specie, in ossequio a quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimitˆ;
difetterebbe Çuna valutazione di proporzionalitˆ tra gravitˆ del fatto danno economico derivante dal sequestroÈ;
lÕordinanza si sarebbe limitata a Çrichiamare un assunto giurisprudenzialeÈ senza argomentare effettivamente sul ;
sul requisito della sproporzione la difesa, diversamente da quanto ritenuto dal Collegio di merito, non aveva inteso giustificare la disponibilitˆ dei beni in capo alla Forniti sulla scorta del Çpossedimento ( : titolaritˆ o disponibilitˆ) del locale di tabaccheriaÈ ma aveva denunciato la mancanza di motivazione sulla natura fittizia dellÕintestazione, carente anche nell’ordinanza impugnata, che si sarebbe espressa in maniera contraddittoria in ordine alla titolaritˆ o meno dei beni in sequestro in capo all’indagata o a NOME COGNOME e tale contraddittorietˆ sarebbe dimostrativa della mancanza di .
Ancora, il ricorso contiene richiami alla ripartizione dell’onere della prova in materia di confisca di prevenzione, alla rilevanza del criterio temporale con particolare riguardo beni acquistati anteriormente all’eventuale consumazione del reato, al caso in cui i beni di cui si assume l’illiceitˆ siano frutto di acquisto a titolo gratuito (in particolare di donazione), assumendo che tali principi dimostrino il vizio nell’ordinanza impugnata; infine, adduce la palese violazione degli artt. 2, 3, 27, comma 2, 117 Cost.
Il ricorso è inammissibile.
é utile premettere che ai sensi dellÕart. 325, comma 1, cod. proc. pen., avverso le ordinanze in tema di misure cautelari reali Ð ivi comprese quelle emesse a seguito di riesame
324 cod. proc. pen. Ð il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge. In tale novero non rientrano le censure alla motivazione, salvi i casi di motivazione inesistente o apparente, che rilevano dellÕart. 606, comma 1, lett. c), cod. proc.
pen., in forza della sanzione di nullitˆ posta dallÕart. 125, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 37451 del 11/04/2017, Gazza, Rv. 270543 Ð 01), e che ricorrono in presenza di vizi Çcos’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudiceÈ (Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 Ð 01) e, segnatamente, quando lÕargomentazione a sostegno della decisione sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, Çcioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perci˜ sostanzialmente inesistenteÈ (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014 – dep. 2015, Rv. 263100 Ð 01; Sez. 3, n. 11292 del 13/02/2002, Salerno, Rv. 221437 Ð 01) e, pertanto, Çnon risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicitˆ del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle partiÈ (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 196361 Ð 01; cfr. pure Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244). Al di fuori di dette ipotesi, il sindacato della motivazione è consentito nei termini previsti dallÕart. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e non pu˜ essere utilmente dedotto in relazione alle ordinanze cautelari reali.
Nel caso in esame, con evidenza non sussiste una motivazione apparente nŽ per vero altrimenti in violazione di legge.
L’ordinanza impugnata ha dato espressamente conto nella sussistenza dei presupposti del sequestro, anzitutto evidenziando, quanto al del reato, che nel caso di specie in realtˆ a carico della persona sottoposta a indagini sono stati ritenuti sussistenti gravi indizi di colpevolezza del delitto di cui all’art. 416cod. pen., rientrante tra quelli contemplati nell’art. 240dello stesso codice (in virtù del riferimento ai delitti previsti dall’art. 51, comma 3, cod. proc. pen.), rimarcando come sotto tale profilo le censure difensive fossero generiche; non occorre dilungarsi per osservare che il G.i.p. aveva applicato alla ricorrente la misura personale e la misura reale con il medesimo provvedimento (che il Tribunale ha richiamato anche per quel che attiene ai fatti a sostegno anche della cautela personale); e le allegazioni difensive sono del tutto erronee, nella parte in cui affermano persino che possa applicarsi la cautela finalizzata alla confisca sproporzione senza considerare il del commesso reato, e del tutto assertive nella parte in cui Ð senza neppure dedurre l’apparenza della motivazione Ð assumono che il Tribunale di merito non avrebbe argomentato adeguatamente .
Inoltre, il provvedimento del Tribunale:
ha evidenziato la patente sproporzione tra i redditi leciti dichiarati dalla ricorrente e i beni nella sua disponibilitˆ, anche in ragione del tempo dellÕacquisto degli immobili in sequestro; e anche sotto tale profilo il ricorso è patentemente generico, poichŽ richiama giurisprudenza (per vero, in parte relativa alla confisca di prevenzione, istituto diverso da
quello che qui rileva quantunque presenti profili comuni ad esso) senza correlarla in alcun modo al caso di specie;
ha dato conto del pericolo di dispersione dei beni (cfr. Sez. 5, n. 44221 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 283810 Ð 01: Çi provvedimenti di sequestro preventivo finalizzati alla confisca “allargata” di cui all’art. 240cod. pen. e alla confisca obbligatoria di cui all’art. 416, comma settimo, cod. pen. devono contenere una concisa motivazione in ordine alla sussistenza del “periculum in mora”, illustrando, nel rispetto dei criteri di adeguatezza e di proporzionalitˆ della misura reale, le ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizio), sia correlandolo al probabile utilizzo e consumo di essi da parte della ricorrente, sia ravvisando il fondato motivo di ritenere che essi fossero in realtˆ riconducibili al padre e che nel 2016 siano stati fittiziamente intestati a lei (e ci˜ al fine di rimarcare la capacitˆ della famiglia della ricorrente di dissimulare l’effettiva disponibilitˆ dei cespiti immobiliari); ebbene, quantunque vi sia in tale ultimo asserto un profilo di contraddittorietˆ con la parte della motivazione che ha evidenziato come i beni siano stati oggetto di sequestro finalizzato alla confisca poichŽ nella proprietˆ di NOME COGNOME (negando rilevanza al prospettato difetto gli elementi sufficienti a dimostrarne l’intestazione fittizia in capo a lei e l’effettiva titolaritˆ del padre NOME COGNOME), la motivazione comunque non è apparente o contraria alla legge , poichŽ Ð come appena esposto Ð ha parametrato il
non soltanto a tale dato (ma anche al pericolo di dispersione da parte della ricorrente) e il ricorso non censura in alcun modo in maniera specifica, della violazione di legge, la rimanente parte di motivazione (nŽ rispetto alla titolaritˆ dei beni in capo alla ricorrente nŽ rispetto al ).
Ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen., la ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l’evidente inammissibilitˆ dellÕimpugnazione impone di attribuirle profili di colpa (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Cos’ deciso il 28/01/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME