Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46022 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46022 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME (CODICE_FISCALE, nato a VENARIA REALE il 20/03/1971
avverso la sentenza del 22/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso dell’Avv. NOME COGNOME
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti ai sensi degli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1-bis, c.p.p.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 22/04/2024, con cui, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano, è stata rideterminata la pena inflitta all’imputato in ordine al delitto di ricettazione (capi 2 e 3 della rubri e limitata la confisca alla somma di euro 33.000,00.
La difesa affida il ricorso a quattro motivi (solo tre specificamente rubricati) che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di ricettazione con particolare riguardo all’elemento oggettivo e soggettivo del reato, non essendovi alcuna prova sulla ricezione in capo all’imputato dei beni oggetto del capo di imputazione (un orologio rolex ed una spilla d’oro) da cui trarre la conoscenza della provenienza delittuosa. In particolare, la difesa sostiene che non possano i preziosi ricondursi all’imputato sul rilievo che vennero trovati presso un camper intestato alla compagna, dove l’imputato secondo la stessa ricostruzione accusatoria si era portato perché latitante, e posizionati all’interno di un vano destinato alla propria figlia.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, da ricondursi semmai nella contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen., tenuto conto che, sebbene per i preziosi contestati fosse stata presentata una denuncia di furto, ne erano state allegate “pezze” giustificative di acquisto come avvenuto per gran parte degli altri beni sequestrati tanto che per gli atri l’imputato era stato assolto.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo al diniego della continuazione con i fatti di cui ad altra sentenza irrevocabile di condanna (Tribunale d Milano n. 12017 del 2019), relativo alla ricettazione e all’illegale possesso di un’arma rinvenuta in occasione della medesima perquisizione che aveva portato al rinvenimento dei preziosi e occultata unitamente a questi.
2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’operata confisca della somma di euro 33.000,00, da ricondursi ai risparmi accumulati, in modo periodico e in un periodo di gran lunga antecedente, nel corso della lunga attività lavorativa, con conseguente violazione del principio della ragionevolezza temporale (tra momento di acquisizione dei beni e reato spia) che deve connotare il vincolo reale.
Con requisitoria del 14 ottobre 2024, il Pubblico ministero – nella persona
del sostituto P.G. NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
La prospettazione difensiva sollevata con i primi due motivi di ricorso è manifestamente infondata, risultando ampiamente confutata dai giudici di merito, che hanno già spiegato le ragioni della condanna sulla base di prove motivatamente apprezzate e vagliate. Le censure, in particolare, non si confrontano con le argomentazioni articolate dalla Corte d’appello territoriale, trattandosi di doglianze a carattere meramente reiterativo di quelle introdotte in sede di merito e già motivatamente disattese con un percorso argomentativo esente dai paventati vizi di legittimità.
In particolare, la compresenza dei preziosi di provenienza furtiva all’interno del camper ove l’imputato viveva con la sua compagna (così la sentenza a pag. 6) e, soprattutto, il fatto che il compendio sia stato rinvenuto unitamente alla pistola per la cui illegale detenzione il ricorrente è stato condannato con sentenza irrevocabile in altro procedimento (dunque valutabile a norma dell’art. 187 cod. proc. pen.) e della somma di euro 33.000,00 di cui ha rivendicato la sua esclusiva spettanza, risultano indici logicamente dimostrativi della disponibilità di tali oggett in capo all’imputato, in costanza di dolo proprio in ragione dell’assenza di una giustificazione verosimile sulla provenienza (indimostrato e non credibile è che si trattasse di regali scambiati con la convivente alla luce della provenienza delittuosa dei beni). Il fatto che l’imputato degli altri beni sia riuscito a fornire giustificazione verosimile sulla provenienza fornendo le cd. “pezze” di appoggio, anziché porsi in modo distonico con la conclusione a cui sono pervenuti i giudici di merito, finisce per avvalorarla proprio perché – e di ciò le sentenze danno atto si trattava di beni in relazione ai quali non vi erano – a differenza degli altri precedenti denunzie di furtiva sottrazione da parte di terzi.
Manifestamente infondato è anche il motivo dedotto in ordine al diniego della continuazione con la condanna per illegale detenzione dell’arma che l’imputato ha riportato in altro giudizio, fatto originariamente contestato come ricettazione al capo 1, ma ritenuto assorbito in quanto l’imputato è stato ritenuto, violando la legge armi, autore del delitto presupposto.
La condotta di illegale detenzione dell’arma risulta del tutto finalisticamente distonica rispetto alla ricettazione di preziosi e tanto, non solo, per come osservato dalla Corte di merito, in forza della diversa oggettività giuridica dei reati, m
soprattutto perché, una volta che si è escluso che l’imputato avesse ricettato anche l’arma e che non ci si trovi al cospetto di un soggetto che svolga l’attività di ricettatore di beni così diversificati ovvero che il possesso dell’arma assolva ad una funzione di “tutela” e “conservazione” del bottino rappresentato dai preziosi, il possesso dell’arma non si presta, per la sua destinazione di offesa alla persona, ad essere condotta evocativa di un medesimo disegno criminoso che ricomprenda le ricettazioni di oggetti di valore.
Né a tal fine risulta confacente la circostanza che l’arma sia stata rinvenuta unitamente ai preziosi di provenienza delittuosa e alla somma oggetto di sequestro. La Corte d’appello ha indicato una pluralità di indici ostativi alla ricorrenza di un’unica rappresentazione unitaria dei diversi reati commessi, quali la differente localizzazione temporale e territoriale dei fatti commessi piuttosto riconducibile ad un habitus delinquenziale, per come confermato dalla stessa prospettazione difensiva che vuole l’arma finalizzata alla commissione di reati mediante frode.
Si è, quindi fatto applicazione del principio affermato dalla Corte di legittimità che esclude che l’unicità del disegno criminoso possa dedursi da una “scelta delinquenziale”. Proprio la necessità di un’unica complessa deliberazione generica e preventiva, alla quale segue, per ogni singola azione, una deliberazione specifica, esclude che l’abitualità nel delitto, la mera ideazione di una serie di fatti delittuos o il programma solo generico di attività delinquenziale espresso da una “scelta di vita” possono riportare sotto il vincolo della continuazione i diversi reati, perpetrat successivamente in un ampio lasso di tempo, qualora non venga a risultare, in qualche modo, che essi, tutti o in parte, siano ricompresi, effettivamente, in un piano criminoso già deciso (Sez. 1, n. 1088 del 09/03/1992, Salafia, Rv. 191158 – 01; Sez. 3, n. 42898 del 30/09/2009, M.W., n.m.).
Generico è, infine, l’ultimo motivo in ordine alla disposta confisca.
La censura, infatti, muove da un presupposto di fatto – ossia che la somma sia riferibile a proventi entrati illo tempore nella disponibilità dell’imputato a seguito della sua attività lavorativa ovvero quali vincite a tornei di bocce – che è stato motivatamente escluso dai giudici di merito stante l’assenza di qualsiasi valida allegazione al riguardo.
Nel caso di confisca allargata, dall’accertata sproporzione tra guadagni e patrimonio – che la pubblica accusa risulta avere dimostrato – scatta, infatti, una presunzione “iuris tantum” d’illecita accumulazione patrimoniale, che può essere superata dall’interessato, sulla base di specifiche e verificate allegazioni, dalle quali si possa desumere la legittima provenienza del bene confiscato attingendo al
patrimonio legittimamente accumulato (Sez. 2, n. 3883 del 19/11/2019, dep. 2020, Pomilio, Rv. 278679 – 03; Sez. 2, n. 6734 del 30/01/2020, Bruzzese, Rv. 278373 – 01).
Peraltro, la circostanza che la somma sia stata rinvenuta in occasione della perquisizione che ha portato anche al rinvenimento degli oggetti di illecita provenienza (tra cui la stessa arma in relazione alla quale era stata elevata l’imputazione di ricettazione, poi ritenuta assorbita nella condanna irrevocabile per l’illegale detenzione, v. pag. 6 punto 3 della sentenza di primo grado), non rende illogico l’aver ricondotto temporalmente detto importo al periodo di manifestazione dei reati cd. spia (2018-2019), aventi carattere lucro genetico.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile. Consegue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 novembre 2024.