LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca allargata: onere della prova sul terzo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30630/2025, ha annullato un’ordinanza di rigetto relativa a un’istanza di revoca di una confisca allargata. Il caso riguardava un immobile acquistato da terzi, estranei al reato, ma confiscato in un procedimento per associazione mafiosa. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: in caso di confisca allargata di beni intestati a un terzo, spetta all’accusa l’onere di provare sia l’interposizione fittizia, cioè che il terzo è solo un prestanome, sia la sproporzione patrimoniale del condannato. La presunzione di illecita provenienza non si estende automaticamente al terzo intestatario.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca allargata: la Cassazione fissa i paletti sull’onere della prova a carico dello Stato

La confisca allargata, disciplinata oggi dall’art. 240-bis del codice penale, rappresenta uno degli strumenti più incisivi nella lotta alla criminalità organizzata. Tuttavia, la sua applicazione può toccare anche soggetti terzi, estranei ai reati, che si trovano intestatari di beni finiti nel mirino della giustizia. La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 30630 del 2025, interviene proprio su questo delicato confine, chiarendo in modo inequivocabile la ripartizione dell’onere della prova tra accusa e terzo intestatario. Analizziamo la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici di legittimità.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da un’istanza presentata da due coniugi per ottenere la revoca della confisca disposta su un fabbricato rurale da loro acquistato nel 1993. Tale immobile era stato oggetto di sequestro preventivo l’anno successivo, nell’ambito di un vasto procedimento penale per associazione di tipo mafioso e altri gravi reati. La sentenza definitiva di quel processo aveva poi disposto la confisca di numerosi beni, incluso il fabbricato dei ricorrenti, ritenuto nella disponibilità di fatto dei condannati.

I due coniugi, in qualità di terzi estranei al reato, hanno intrapreso un lungo percorso giudiziario per dimostrare la loro buona fede e la legittimità del loro acquisto. Le loro istanze erano state più volte respinte dai giudici di merito, i quali avevano ritenuto che l’operazione di compravendita si inserisse in un più ampio programma di speculazione edilizia orchestrato dal clan e che i ricorrenti non avessero fornito prova sufficiente della liceità delle somme impiegate. La questione è giunta per la terza volta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei coniugi, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. La decisione si fonda su un’errata applicazione, da parte del giudice dell’esecuzione, dei principi che governano l’onere della prova nella confisca allargata quando questa colpisce beni intestati a terzi.

Le Motivazioni: l’Onere della Prova nella Confisca Allargata

Il cuore della sentenza risiede nella netta distinzione tra la posizione del condannato e quella del terzo intestatario del bene. La Corte ha chiarito che, per poter confiscare un bene formalmente appartenente a un terzo, la Pubblica Accusa è gravata da un duplice e rigoroso onere probatorio:

1. Prova dell’Interposizione Fittizia: L’accusa deve prima di tutto dimostrare che l’intestazione al terzo è fittizia, ovvero che il terzo è un mero prestanome e che la disponibilità e la proprietà di fatto del bene sono rimaste in capo al condannato. Questa prova deve basarsi su elementi indiziari gravi, precisi e concordanti (come rapporti di parentela, amicizia, situazioni patrimoniali anomale) che, nel loro complesso, dimostrino la discrasia tra titolarità formale e appartenenza reale.

2. Prova della Sproporzione: Solo una volta provata l’interposizione fittizia, scatta la presunzione legale (iuris tantum) di illecita provenienza del bene. A questo punto, l’accusa deve provare la sproporzione tra il valore del bene e i redditi dichiarati o le attività economiche del condannato (il dominus effettivo), il quale potrà difendersi fornendo una giustificazione credibile sulla provenienza lecita.

La Corte di Cassazione ha censurato la decisione del giudice di merito proprio perché aveva invertito questo schema logico-giuridico. Il provvedimento impugnato, infatti, non aveva adeguatamente motivato chi fosse l’effettivo dominus del bene e aveva implicitamente esteso al terzo la presunzione di illecita provenienza, chiedendo a quest’ultimo di superare un “limite probatorio” non previsto dalla legge. In sostanza, non è il terzo a dover provare l’origine lecita delle sue risorse, ma è l’accusa a dover prima dimostrare che egli è un prestanome.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela del diritto di proprietà e della posizione dei terzi in buona fede. Stabilisce che lo strumento della confisca allargata, per quanto essenziale, non può operare sulla base di mere presunzioni nei confronti di chi è estraneo al circuito criminale. Lo Stato, se vuole apporre un vincolo su un bene intestato a un terzo, deve assolvere a un onere probatorio pieno e rigoroso, dimostrando con prove concrete il legame fittizio tra l’intestatario e il condannato. Questo principio garantisce che le misure patrimoniali colpiscano i patrimoni illeciti senza sacrificare ingiustamente i diritti di cittadini che hanno legittimamente acquistato un bene.

In caso di confisca allargata di un bene intestato a un terzo, chi deve provare che l’intestazione è fittizia?
Secondo la sentenza, l’onere di provare che l’intestazione del bene a un terzo è fittizia (cioè che il terzo agisce come prestanome) grava interamente sulla Pubblica Accusa. Non spetta al terzo dimostrare la propria estraneità, ma all’accusa provare il suo ruolo di mero schermo per il condannato.

La presunzione di provenienza illecita dei beni si applica anche al terzo intestatario?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la presunzione legale (iuris tantum) di illecita provenienza, che scatta in caso di sproporzione tra il valore dei beni e il reddito, si applica esclusivamente nei confronti del condannato e non può essere estesa automaticamente al terzo intestatario.

Cosa deve fare l’accusa per ottenere la confisca di un bene intestato a un terzo?
L’accusa deve soddisfare un duplice onere probatorio. In primo luogo, deve dimostrare con prove (anche indiziarie, ma gravi, precise e concordanti) l’interposizione fittizia del terzo. Solo dopo aver provato questo, può procedere a dimostrare la sproporzione tra il valore del bene e la capacità economica del condannato, il quale è il reale proprietario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati