Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30885 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30885 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sui ricorsi proposti da:
COGNOME nato ad NOME il 03/01/1948
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Reggio Calabria – in funzione di giudice dell’esecuzione – ha rigettato l’opposizione ex art. 183quater disp. att. cod. proc. pen., presentata da NOME COGNOME avverso il provvedimento a mezzo del quale era stato disposto, nei suoi confronti, il sequestro preventivo e la confisca di un terreno formalmente di proprietà di NOME COGNOME madre del suddetto, per acquisto fattone il 29/11/2012 e ubicato in San Ferdinando, provincia di Reggio Calabria (cespite distinto in catasto al fol. 31, p.lla 526).
Ricorrono per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo un motivo unico, mediante il quale viene denunciata violazione ed erronea applicazione degli artt. 183quater disp. att. cod. proc. pen. e 240bis cod. proc. pen., nonchØ contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’art. 42 Cost. e all’art. 1 Prot. 1 Cedu, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen.
La sproporzione patrimoniale può costituire un indizio, ma tale elemento non Ł da solo sufficiente, a giustificare l’atto ablatorio del bene. La valutazione compiuta dalla Corte – in ordine alla ritenuta sproporzione del patrimonio – risulta parziale e non idonea a superare le doglianze e la ricostruzione alternativa proposta. Non si Ł tenuto conto, infatti, della liquidazione di una assicurazione beneficiaria, per un importo pari a euro 6.105,43 e degli ulteriori finanziamenti, per un importo complessivo di euro 64.929,00, oltre che del debito di euro 19.824,15, per rate non versate e neanche del contenuto dell’atto di compravendita del terreno sequestrato (laddove era previsto un pagamento dilazionato fino al 2014, cosa che non avrebbe consentito di imputare al 2012 l’intera somma di euro 27.000,00).
Quanto al mutuo contratto con UBI Banca, non si può sostenere che – a fronte di una
– Relatore –
Sent. n. sez. 2357/2025
CC – 09/07/2025
somma pari a 35.000,00 euro, alla quale veniva applicato un tasso del 6,939%, l’importo totale restituito dalla Costa sia stato pari a euro 53.460,00 (cifra calcolata dalla Corte considerando i ratei non versati, ai quali Ł probabile siano stati applicati ulteriori interessi di mora).
La decisione reiettiva, quindi, Ł frutto di una analisi solo parziale, sia degli indizi relativi alla interposizione fittizia nella titolarità del bene, sia del patrimonio del nucleo familiare COGNOME/COGNOME (tenuto anche conto, quanto a tale ultimo dato, della relazione del consulente di parte e di tutti i documenti prodotti dalla difesa).
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
In premessa, va rilevato come dagli atti trasmessi a questo Ufficio risulti che l’opposizione ex art. 183quater disp att. c.p.p. Ł stata presentata solo dal COGNOME NOME, destinatario della misura di ablativa e, come tale, non legittimato a dedurre la carenza di titolarità del bene asseritamente di proprietà del terzo (la madre NOME COGNOME). La proposizione del ricorso per cassazione anche da parte di quest’ultima, peraltro, non esclude che il rimedio sia stato azionato solo da soggetto non legittimato e, quindi, debba essere dichiarato inammissibile. In ogni caso, il provvedimento gravato risulta immune dai vizi denunciati.
La difesa dei ricorrenti ha rassegnato memoria, a mezzo della quale ha replicato alle deduzioni sussunte in requisitoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
2. Occorre preliminarmente affrontare brevemente il tema della possibile declaratoria di inammissibilità, come da richiesta avanzata dal Procuratore generale in sede di requisitoria. Sul punto specifico, il principio di diritto che governa la materia porta a ritenere che al Cimatospetticontestare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura ablativa, tra cui il profilo della sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, nonchØ la provenienza del bene stesso; alla Costa in veste di terzo, invece, Ł consentito rivendicare la effettiva titolarità del bene (Sez. 2, n. 1251 del 07/11/2024, COGNOME, Rv. 287474 – 01; Sez. 1, n. 31901 del 22/03/2023, COGNOME, Rv. 285015 – 01: ‹‹In sede di incidente di esecuzione, sussiste la legittimazione esclusiva del terzo, e non del condannato, al fine di rivendicare la proprietà del bene confiscato››; così anche Sez. 6, n. 48274 del 01/12/2015, Vicario, Rv. 265767 – 01). Al terzo interessato dal provvedimento ablatorio – il quale non abbia preso parte al processo di cognizione – Ł infatti certamente consentito tutelare in executivis la sua posizione sostanziale, così domandando la restituzione del bene oggetto di ablazione; le eccezioni in tal caso riservate al terzo, però, attengono esclusivamente alla propria effettiva titolarità o disponibilità del bene, senza che gli sia consentito contestare l’esistenza dei presupposti fondanti la misura (Sez. 3, n. 23713 del 23/04/2024, COGNOME, Rv. 286439 – 01; Sez. 4, n. 4170 del 19/09/2024, dep. 2025, Pezzi, Rv. 287396 – 01; Sez. 2, n. 41861 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287165 – 01; Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, Pica, Rv. 276700 – 01; Sez. 6 n. 34704, COGNOME, del 05/08/2016, non mass.; Sez. 6 n. 21966 del 12/05/2016, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, COGNOME, Rv. 268070; Sez. 3, n 15139 del 20/02/2019, Organo, non mass.; stante la palese affinità concettuale e sistematica, si veda anche- seppur dettata in tema di confisca di prevenzione, avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo – la decisione assunta dalle Sezioni Unite di questa Corte all’udienza del 27/03/2025 (processo a carico di Putignano e altri), laddove si Ł affrontata la questione inerente alla possibilità, per il terzo stesso, di rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità e la proprietà dei beni confiscati, ovvero di proporre contestazioni circa gli elementi posti a fondamento
dell’applicazione della misura; la soluzione adottata dal massimo consesso di legittimità, in tal caso, Ł stata nel senso che il terzo debba esser ritenuto legittimato a rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità dei beni confiscati e, a tal fine, possa dedurre ogni elemento utile in relazione al thema probandum ).
Ricordato ciò, osserva però il Collegio che nel caso di specie – sia in fase di opposizione, sia mediante il ricorso – sono stati affrontati tanto il profilo della titolarità (effettiva o fittizia) del bene immobile (profilo in ordine al quale Costa deve necessariamente circoscrivere – nella prospettiva confortata dalle succitate Sezioni Unite Putignano – la sua legittimazione), sia i profili inerenti ai presupposti della confisca allargata, in primis quello relativo alla sproporzione patrimoniale. Si deve concludere, allora, come facciano parte della attuale regiudicanda i temi dell’una e dell’altra natura, essendo in causa tanto la dedotta titolarità fittizia, quanto il confiscato effettivo; la difesa precisa, del resto, come anche COGNOME abbia proposto opposizione.
Oggetto del presente giudizio di legittimità, in definitiva, Ł l’intera tematica, conservando Cimato, comunque, il diritto di reiterare le contestazioni circa l’evenienza dei presupposti della confisca.
Integrando quanto già sintetizzato in parte narrativa, si precisa che la Corte di appello di Reggio Calabria – nella veste di giudice dell’esecuzione – ha disatteso l’opposizione ex art. 183quater disp. att. cod. proc. pen., avverso il provvedimento che aveva disposto, ai sensi dell’art. 240bis cod. pen., il sequestro preventivo e la confisca di un terreno ubicato in San Ferdinando, intestato a NOME COGNOME, madre del suddetto, per acquisto fattone il 29/11/2012. La comune difesa di NOME COGNOME e NOME COGNOME con l’unitario atto di impugnazione, ha sviluppato un motivo unico variamente articolato, a mezzo del quale ha lamentato la violazione degli artt. 183quater disp. att. cod. proc. pen. e 240bis cod. proc. pen., oltre che il vizio della motivazione.
3.1. Viene anzitutto evidenziato come la sproporzione patrimoniale possa rappresentare solo un indizio evocativo della riconducibilità ad altri della effettiva titolarità di un dato bene, senza avere però la forza autosufficiente, in grado di giustificare l’adozione dell’avversato atto ablatorio.
3.2. Si sostiene, poi, che la valutazione del giudice dell’esecuzione, laddove ha concluso per la ritenuta sproporzione del patrimonio, abbia una connotazione di parzialità e, in ogni caso, non sia tale da contrastare le obiezioni difensive; sarebbero stati infatti da computare – in ipotesi difensiva – anche gli introiti della liquidazione di una assicurazione beneficiaria (per un importo di euro 6.105,43), oltre che gli ulteriori finanziamenti (per un importo complessivo di euro 64.929,00) e, infine, il debito dell’importo di euro 19.824,15, conseguente al mancato versamento di alcune rate.
3.3. L’atto di compravendita del terreno sequestrato, inoltre, prevedeva un pagamento dilazionato fino al 2014, cosa che non avrebbe consentito di imputare al 2012 l’intera somma di euro 27.000,00, erogata per l’acquisto; circa il mutuo contratto con UBI Banca, non si può sostenere che – a fronte di una somma pari a 35.000,00 euro, alla quale veniva applicato un tasso del 6,939% – l’importo totale restituito dalla ricorrente Costa sia stato pari a euro 53.460,00: tale cifra Ł calcolata, impropriamente, considerando anche i ratei non versati, ai quali Ł probabile siano stati applicati ulteriori interessi di mora.
3.4. Giova allora ricordare come l’atto ablativo abbia tratto spunto dalla condanna irrevocabile pronunciata a carico di NOME COGNOME destinatario di sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 28/03/2019, emessa in riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima città e divenuta irrevocabile il
07/10/2020, per i reati di cui agli artt. 416bis e 697 cod. pen. La Corte di appello – in funzione di giudice dell’esecuzione – ha dato atto nell’atto ablativo:
dell’irrilevanza del valore del bene oggetto di confisca, essendo ininfluente il quantum ricavato dalla commissione dei cd. reati-spia, in sede di confisca cd. allargata;
dell’esistenza della consistenza patrimoniale oggetto di ablazione al momento della condanna, trattandosi di acquisto effettuato da Costa nel 2012, dunque in epoca di gran lunga anteriore, rispetto al passaggio in giudicato della suddetta sentenza a carico di COGNOME;
della palese sproporzione esistente, tra i redditi percepiti nell’arco temporale che va dal 2004 al 2016 dal nucleo familiare di COGNOME e l’onerosità dell’acquisto del terreno ubicato in San Ferdinando, da questi effettuato per il tramite di Costa;
della possibilità di disporre l’intervento ablativo, ad onta del fatto che l’acquisto del terreno fosse stato formalmente posto in essere non direttamente da NOME COGNOME bensì dalla di lui madre NOME COGNOME non potendosi reperire alcuna logica spiegazione per tale investimento, laddove si facesse esclusivo riferimento ai redditi vantati da quest’ultima e dagli altri componenti del nucleo familiare e si elidesse, incongruamente, il tema dell’utilizzo di provviste di derivazione illecita, accumulate grazie alle attività illecite perpetrate dal primo; – della piena prossimità temporale, riscontrabile tra l’acquisto del terreno confiscato (acquisto effettuato, come detto, nel 2012) e l’inizio della condotta criminosa acclarata a carico di COGNOME (anno 2013), così restando pienamente soddisfatto anche il requisito della ragionevolezza.
3.5. Va preliminarmente evidenziato come la censura difensiva si sviluppi interamente sul piano del fatto e sia tesa a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, diversa rispetto a quella recepita nell’impugnato provvedimento, piø che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 cod. proc. pen. Tale operazione, con tutta evidenza, fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso al giudice di legittimità.
Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perchØ illustrati come maggiormente plausibili, o perchØ assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si Ł in concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). D’altronde, nessun vizio logico argomentativo Ł ravvisabile nella motivazione sviluppata, come di seguito meglio specificato.
3.6. Contrariamente alle deduzioni difensive, la risposta fornita dalla Corte di appello Ł stata lineare, esaustiva e priva di spunti di contraddittorietà, di natura logica o infratestuale. Ciò sia per quanto attiene al profilo dell’insufficienza del patrimonio di Costa, in vista della diretta ed effettiva acquisizione alla sua sfera patrimoniale del bene immobile, sia con riferimento alla rilevata sproporzione patrimoniale dell’acquisto, rispetto alle risorse patrimoniali lecite disponibili del nucleo facente capo a COGNOME e riferite al periodo in cui si colloca l’acquisto. La Corte territoriale, infatti, ha analizzato l’entità dei redditi personali facenti capo a COGNOME per dedurne l’incompatibilità, rispetto all’investimento effettuato, di natura ben piø onerosa; tale dato, di natura oggettiva, Ł stato giudicato come dimostrativo del ricorso a provviste
finanziarie diverse e, segnatamente, dell’impiego di capitali illeciti riferibili al figlio, ossia a COGNOME.
A confutazione delle deduzioni difensive, attinenti all’esistenza di provviste lecite autonomamente riconducibili a Costa (come detto, somme provenienti da un mutuo ipotecario, da un finanziamento risalente al 2011 e, infine, alla liquidazione di un’assicurazione), la Corte di appello ha sottolineato trattarsi della allegazione di entrate che non sono in grado – proprio per la loro intrinseca natura – di elidere le sperequazioni emerse, generando esse non esclusivamente entrate e, quindi, provviste disponibili, bensì anche correlati e consequenziali flussi di entità ancora piø rilevante in uscita.
Tali argomentazioni non sono state efficacemente aggredite dal ricorso, che si Ł speso in una critica meramente rivalutativa.
3.7. Parimenti inconsistente, infine, si rivela la ulteriore critica, dipanata con riferimento all’imputazione temporale dell’esborso pari a 27.000,00 euro; tale censura, infatti, non si confronta con quella che Ł l’architrave dell’avversata decisione, ossia con il dato apprezzabile per tabulas – rappresentato dalla sproporzione riscontrabile fra i redditi percepiti dalla Costa nel periodo di riferimento e l’entità degli impegni finanziari dalla stessa assunti. Non operando nei confronti del terzo la presunzione di illecita accumulazione, la Corte di appello Ł approdata, dunque, alla conclusione dell’impossibilità, per la Costa, di far fronte con le proprie provviste personali al suddetto impegno di spesa; questo profilo, in realtà, non Ł stato minimamente disarticolato, dalle deduzioni difensive.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto dei ricorsi; segue ex lege la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 09/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME