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Confisca allargata: onere della prova e ricorso

La Corte di Cassazione conferma la legittimità della confisca allargata di un’auto e una moto nei confronti di due soggetti condannati per reati di droga. La sentenza sottolinea che, una volta dimostrata la sproporzione tra i beni posseduti e il reddito dichiarato, spetta all’imputato fornire una prova concreta e specifica della loro provenienza lecita, non essendo sufficienti giustificazioni generiche o l’intestazione fittizia a terzi.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: la Prova della Provenienza Lecita Spetta all’Imputato

La confisca allargata, o per sproporzione, rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per colpire i patrimoni di origine illecita. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi cardine di questa misura, chiarendo come, una volta accertata la sproporzione tra beni e reddito, l’onere di dimostrarne la provenienza lecita gravi interamente sull’imputato. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda due soggetti condannati per reati legati agli stupefacenti, ai quali erano stati confiscati due veicoli: un’automobile e un motociclo. Entrambi hanno presentato ricorso in Cassazione, cercando di dimostrare l’origine lecita dei fondi utilizzati per l’acquisto.

Il Caso dell’Automobile

L’automobile, sebbene intestata alla madre dell’imputato, era nella sua piena disponibilità. La Corte ha rilevato che né l’imputato né la madre avevano capacità reddituali sufficienti al momento dell’acquisto. La difesa ha sostenuto che la madre percepiva una pensione e aveva acceso dei finanziamenti, ma i giudici hanno accertato che tali finanziamenti erano stati contratti per scopi diversi e mesi prima dell’acquisto del veicolo, rendendo la giustificazione inattendibile.

Il Caso del Motociclo

Il secondo ricorrente aveva acquistato un motociclo di ingente valore in un periodo concomitante con l’attività di spaccio contestata. Nonostante avesse dichiarato un reddito l’anno precedente, questo è stato ritenuto insufficiente a coprire sia l’acquisto del mezzo sia le spese per i carichi familiari. La difesa ha menzionato un risarcimento assicurativo ricevuto, ma tale argomento non era stato adeguatamente provato nel giudizio di merito, risultando quindi tardivo e inefficace in Cassazione.

La Decisione della Corte sulla confisca allargata

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, confermando in toto la decisione del Tribunale. I giudici hanno riaffermato che la confisca allargata è una misura di sicurezza patrimoniale che si fonda su una presunzione: i beni di valore sproporzionato rispetto al reddito di chi è condannato per determinati “reati-spia” (come il traffico di droga) si presumono di provenienza illecita.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile la ripartizione dell’onere della prova. Spetta all’accusa dimostrare due elementi: la condanna per un reato-spia e la sproporzione tra il patrimonio e il reddito dichiarato o l’attività economica svolta. Una volta fornita questa prova, scatta un’inversione dell’onere probatorio.

È l’imputato, in virtù del principio di “vicinanza della prova”, a dover fornire la giustificazione della legittima provenienza dei beni. Questa giustificazione non può essere generica o meramente assertiva. L’imputato deve allegare elementi di fatto concreti, specifici e verificabili, in grado di superare la presunzione di illecita provenienza. Nel caso di specie, le giustificazioni fornite (finanziamenti per altri scopi, redditi insufficienti, risarcimenti non provati) sono state ritenute inadeguate a confutare il quadro probatorio presentato dall’accusa. Inoltre, la Corte ha specificato che l’intestazione di un bene a un terzo (come la madre) non è sufficiente a schermarlo dalla confisca, se viene provato che la disponibilità effettiva è in capo all’imputato.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di confisca allargata. Il messaggio è chiaro: chi viene condannato per gravi reati e possiede beni il cui valore eccede palesemente le proprie capacità economiche lecite, non può sperare di evitare la confisca con spiegazioni vaghe o pretestuose. È necessario fornire una prova documentale e circostanziata della legittima origine di ogni bene, dimostrando che esso deriva da fonti lecite e proporzionate. In assenza di tale prova, la presunzione di illeceità prevale e la confisca diventa inevitabile.

Cos’è la confisca allargata e quando si applica?
È una misura di sicurezza patrimoniale che si applica in caso di condanna per specifici reati (c.d. reati-spia). Consente la confisca di denaro, beni o altre utilità di cui il condannato ha la disponibilità, se il loro valore è sproporzionato al suo reddito e se non ne viene giustificata la provenienza lecita.

Su chi ricade l’onere di provare la provenienza lecita dei beni nella confisca allargata?
Una volta che l’accusa ha dimostrato la sproporzione tra i beni e il reddito del condannato, l’onere di provare la legittima provenienza dei beni si sposta interamente sul condannato stesso. Egli deve fornire allegazioni specifiche e concrete per superare la presunzione di illecita provenienza.

È sufficiente che un bene sia intestato a un familiare per evitarne la confisca?
No. La sentenza chiarisce che l’intestazione formale a un terzo (come un familiare) non è sufficiente a evitare la confisca se viene dimostrato che la disponibilità effettiva del bene è in capo al condannato. Ciò che conta è il controllo e l’utilizzo reale del bene, non la mera intestazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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