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Confisca allargata: onere della prova e limiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata. La sentenza ribadisce che, in presenza di una sproporzione tra beni posseduti e redditi dichiarati, spetta all’interessato l’onere di allegare elementi specifici sulla legittima provenienza dei beni. Non sono sufficienti contestazioni generiche, neanche riguardo al principio di ragionevolezza temporale tra l’acquisto dei beni e la commissione del reato.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca allargata: Onere della Prova e Ragionevolezza Temporale

La confisca allargata rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per contrastare l’accumulazione di ricchezze illecite. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sui presupposti applicativi di questa misura, con particolare riferimento all’onere della prova e al principio di ragionevolezza temporale. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni dei giudici.

Il Fatto e i Motivi del Ricorso

Il caso trae origine da un sequestro preventivo disposto nei confronti di un soggetto indagato per il reato di usura. Il sequestro, finalizzato alla confisca allargata ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale, riguardava numerosi beni per un valore stimato di oltre 250.000 euro.

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso per cassazione, contestando la legittimità del provvedimento sulla base di quattro motivi principali:

1. Errata base giuridica: Si sosteneva l’inapplicabilità della normativa del codice di procedura penale a favore di quella prevista dal codice antimafia, che avrebbe comportato la scadenza dei termini per il sequestro.
2. Insussistenza del fumus commissi delicti: La difesa eccepiva la debolezza degli indizi a carico dell’indagato, sottolineando come la presunta vittima di usura avesse negato di aver subito il reato. Inoltre, si lamentava la mancanza di motivazione sul periculum in mora, ovvero il rischio concreto di dispersione dei beni.
3. Manifesta illogicità e sproporzione: Veniva contestata la proporzione tra il valore dei beni sequestrati e i redditi leciti del nucleo familiare, ritenendo possibile un equilibrio tra i due.
4. Violazione del principio di ragionevolezza temporale: Si denunciava che il sequestro colpiva beni acquisiti in un’epoca troppo distante dalla commissione del presunto reato-spia, violando così il principio stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione.

La Confisca Allargata e l’Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato in ogni sua parte. La decisione si fonda su principi consolidati in materia di sequestro e confisca allargata, offrendo spunti di riflessione fondamentali.

Il cuore della questione risiede nella presunzione iuris tantum (cioè, valida fino a prova contraria) di illecita provenienza dei beni. Quando viene accertata una significativa sproporzione tra il patrimonio di un soggetto e il suo reddito dichiarato o la sua attività economica, scatta questa presunzione. A questo punto, l’onere della prova si inverte parzialmente: non è più solo l’accusa a dover provare l’illecito, ma è l’interessato che deve fornire elementi concreti e specifici per dimostrare la provenienza lecita dei suoi beni.

La Vicinanza della Prova e il Ruolo della Difesa

I giudici hanno sottolineato che la difesa non può limitarsi a contestazioni generiche o congetturali. Nel caso di specie, l’indagato si era limitato a ipotizzare che i beni potessero essere stati acquisiti in epoca remota, senza però fornire alcun elemento dimostrativo a supporto di tale affermazione.

La Corte ha richiamato il principio della “vicinanza della prova”: è l’imputato ad avere la disponibilità degli elementi necessari per provare la legittimità dei propri acquisti (contratti, fatture, estratti conto, etc.). Pertanto, spetta a lui allegare tali elementi per consentire al giudice di verificare la fondatezza delle sue affermazioni. Nel caso esaminato, la difesa aveva avuto oltre tre anni dal sequestro originario per raccogliere e presentare tali prove, ma non lo aveva fatto.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive. In primo luogo, ha chiarito che il sequestro finalizzato alla confisca allargata (art. 240-bis c.p.) e le misure di prevenzione patrimoniale (D.Lgs. 159/2011) sono strumenti distinti che possono anche coesistere. Per il sequestro preventivo, inoltre, non è richiesta una sentenza di condanna preventiva, ma solo la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per uno dei reati presupposto.

Riguardo al principio di ragionevolezza temporale, la Corte ha precisato che, sebbene sia un criterio fondamentale per evitare un’eccessiva dilatazione della misura, la sua violazione deve essere eccepita allegando elementi fattuali concreti. Non basta affermare genericamente che i beni sono “vecchi”, ma occorre fornire indicazioni precise sulla data di acquisto per permettere al giudice una valutazione effettiva. La sola inerzia difensiva non può paralizzare l’azione dello Stato.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma con forza un principio cardine della lotta ai patrimoni illeciti: di fronte a una ricchezza sproporzionata e in presenza di indizi per gravi reati, chi possiede i beni ha il dovere di collaborare per dimostrarne la provenienza lecita. Non può trincerarsi dietro un silenzio o contestazioni astratte. Questa decisione consolida gli strumenti di aggressione ai patrimoni di origine criminale, chiarendo che la difesa deve essere supportata da elementi concreti e non da mere supposizioni, specialmente quando ha avuto ampio tempo per articolare le proprie ragioni.

In caso di sequestro per confisca allargata, a chi spetta dimostrare l’origine dei beni?
Quando viene accertata una sproporzione tra i beni posseduti e il reddito dichiarato, scatta una presunzione di illecita provenienza. A quel punto, spetta all’interessato superare tale presunzione, allegando elementi di prova specifici e verificabili che dimostrino l’origine lecita dei beni.

È possibile contestare un sequestro per confisca allargata sostenendo genericamente che i beni sono stati acquistati molto tempo prima del reato contestato?
No. Secondo la Corte, per invocare la violazione del principio di ragionevolezza temporale, non è sufficiente una contestazione generica. La difesa ha l’onere di allegare elementi fattuali concreti e oggettivi che consentano di datare l’acquisto dei beni e di valutarne la distanza temporale rispetto al reato, in modo da rendere irragionevole la presunzione di derivazione illecita.

La confisca allargata prevista dal codice penale e la confisca di prevenzione antimafia sono misure che si escludono a vicenda?
No. La sentenza chiarisce che si tratta di due istituti distinti, basati su presupposti solo parzialmente coincidenti, e che non si escludono a vicenda. Pertanto, è possibile procedere con un sequestro finalizzato alla confisca allargata anche in situazioni dove, in astratto, potrebbero applicarsi le misure di prevenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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