Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11702 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11702 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a GIULIANOVA il 20/10/1980
avverso l’ordinanza del 26/07/2024 del Tribunale di TERAMO;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che si è riportato alle conclusioni scritte, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avvocata NOME COGNOME che si è riportata ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 26 luglio 2024 il Tribunale di Teramo, sezione del riesame, rigettava l’appello cautelare proposto nell’interesse di NOME COGNOME e per l’effetto confermava l’ordinanza del Tribunale collegiale di Teramo del 11 luglio 2024 di rigetto dell’istanz dissequestro dei beni sottoposti a sequestro preventivo in forza del decreto del G.I.P. presso Tribunale di Teramo del 20 aprile 2021.
Avverso il suddetto provvedimento ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, formulando quattro distinti motivi per il quali chiede l’annullamento dell’ordinanza 26 luglio 2024 emessa Tribunale di Teramo in funzione di giudice dell’appello cautelare promosso dal COGNOME.
2.1. Con il primo motivo eccepisce l’erronea applicazione delle norme di cui agli articoli 32 comma 2, cod. proc. pen. e 240-bis cod. pen. anziché del cd. testo unico antimafia ex d.lgs.
n.159/2011; in particolare, contesta l’interpretazione fornita dal Tribunale di Teramo secondo cui sarebbe consentito di disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca allargata anch su quei beni già sottoposti alla confisca di prevenzione purché quest’ultima non sia definitiva trattandosi di due discipline sostanzialmente sovrapponibili. Ad avviso della difesa il G.I.P. pres il Tribunale di Teramo che aveva convalidato il sequestro doveva necessariamente valutare se tutti i beni indicati nella richiesta di sequestro erano pervenuti nella disponibilità del pre reo in una data prossima alla commissione del reato contestato e non anni prima. In realtà, i beni sequestrati non permettevano assolutamente di poter espletare tale valutazione vista la loro natura, e pertanto il sequestro impugnato risulterebbe illegittimo. Invece, nel caso in esam il ricorrente deduce vi sarebbe stata la possibilità di applicare un altro strumento quale quel della legge antimafia ex d.lgs. n.159/2011, con il conseguente limite temporale di durata del sequestro stesso previsto dagli artt. 22 e ss. del T.U. antimafia, termine che sarebbe spirato i 21 ottobre 2023. Sicché l’ordinanza impugnata dovrebbe essere annullata per violazione dei termini entro cui doveva intervenire la confisca.
Con il secondo motivo deduce che l’ordinanza di rigetto sarebbe da censurare nella parte in cui ha affermato la sussistenza del fumus commissi delicti in ordine a tutti i capi di imputazione, nonostante l’acquisizione delle dichiarazioni a discarico di NOME COGNOME, soggetto asseritamente ritenuto attinto da usura. Si evidenzia, pertanto, la presenza del vizio di manifesta illogicità motivazione laddove il predetto COGNOME avrebbe negato di essere vittima dell’usura, risultanza che si sarebbe già cristallizzata nella fase dibattimentale, e che consentirebbe di sostenere che certamente il ricorrente sarà assolto sul capo di imputazione che riguarda la predetta persona offesa. Inoltre, lamenta che il sequestro preventivo ai fini della confisca di cui all’articol comma 2, cod. proc. pen. non contiene una concisa motivazione anche in ordine al periculum in mora, presupposto necessario da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, come richiesto sentenza delle Sezioni unite, Ellade, della Suprema Corte.
Con il terzo motivo eccepisce la manifesta illogicità della motivazione con riguardo all proporzione tra il valore dei beni sequestrati e gli effettivi redditi della famiglia COGNOME. In collegio di appello si sarebbe limitato ad invertire l’ordine probatorio asserendo c l’accertamento materiale del valore dei beni può essere anche di tipo presuntivo; ad avviso della difesa il valore degli 85 oggetti sequestrati non sembra poter essere, neppure in via presuntiva, giammai pari a 255.000,00 euro e pertanto, a contrario, è possibile che dai redditi del nucleo familiare complessivo possa emergere un sostanziale equilibrio tra il valore dei beni sequestrati ed il reddito percepito, anche in considerazione del fatto che non vi sarebbe prova o elemento indiziario di prova dell’età di acquisizione dei beni stessi e della distanza temporale tra quan il nucleo familiare li avrebbe ricevuti e il successivo momento del sequestro.
Infine, con il quarto motivo deduce la violazione del principio di ragionevolezza del requisi temporale come statuito dalla sentenza Sezioni unite, n.27421/2021, Crostella «secondo cui il
momento di acquisto del bene non deve essere talmente lontano dall’epoca di realizzazione del reato-spia da determinare l’irragionevolezza della presunzione di derivazione da un’attivit illecita, sia pure diversa e complementare rispetto a quella giudicata». Il criterio d ragionevolezza temporale, dunque, impedirebbe l’abnorme dilatazione della sfera operativa dell’istituto della confisca allargata, come, invece, sarebbe avvenuto nel caso di specie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti dalla legge o comunque manifestamente infondati.
In primo luogo, giova ricordare la consolidata giurisprudenza di questa Corte (si veda tra l tante Sez.2, 49739 del 10/10/2023, Rv. 285608-01; cfr. Sez. u, n.25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692-01) in tema di ricorso per cassazione avverso i provvedimenti di sequestro preventivo o probatorio, che ha affermato il seguente principio: «Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Fattispecie relativa a sequestro preventivo, in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il rico che, a fronte di un’approfondita valutazione del Tribunale del riesame degli elementi redditual del ricorrente, aveva riproposto, sotto il profilo dell’omessa o carente motivazione, questio riguardanti l’epoca di realizzazione del bene e l’accertamento della sproporzione)».
2.1. Quanto al primo motivo esso è manifestamente infondato. Infatti, nel caso di specie non sussistono elementi ostativi per procedere, ai sensi dell’articolo 321, comma 2, cod. proc. pen., al sequestro preventivo ai fini della confisca cd. “allargata” di cui all’ad 240-bis cod. pen., che il COGNOME è indagato per il reato di usura, espressamente ricompreso tra le fattispecie indicat dalla norma. La giurisprudenza di legittimità ha da tempo delineato i presupposti tra le due distinte ipotesi di confisca, affermando sul punto che «La confisca di prevenzione e la confisca cosiddetta “allargata”, di cui all’art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992, convertito con modificazi dalla legge 7 agosto 1992, n.356, presentano presupposti applicativi solo in parte coincidenti, atteso che per entrambe è previsto che i beni da acquisire si trovino nella disponibilità dirett indiretta dell’interessato e che presentino un valore sproporzionato rispetto al reddito quest’ultimo dichiarato ovvero all’attività economica dal medesimo esercitata, tuttavia solo pe la confisca di prevenzione è prevista la possibilità di sottrarre al proposto i beni che siano fr di attività illecita ovvero ne costituiscano il reimpiego» (così tra le altre Sez. u., n.334 29/05/2014, Repaci, Rv. 260247-01). Seppure in astratto è possibile ipotizzare che si sarebbe potuto procedere anche in forza della normativa prevista dal d.lgs. n.159/2011 ai fini dell
confisca di prevenzione, ciò non impedi#1»di procedere al sequestro finalizzato alla confisca cd. “allargata” ove anche di esso sussistessero le condizioni. Né vale osservare, come propone la difesa, che la confisca prevista dall’art. 240-bis cod. pen. presuppone una sentenza di condanna per uno dei reati ivi indicati, dato che il presente ricorso ha per oggetto il provvedime cautelare reale e non già la confisca, e quindi non è necessaria, evidentemente, alcuna preventiva sentenza di condanna, come, peraltro, ritenuto anche dal Tribunale del riesame (si veda pag.3/4).
2.2. Il secondo motivo è generico, giacché le eventuali dichiarazioni di tale NOME COGNOME soggetto indicato come una delle persone offese del reato di usura, non sono state riportate nel contenuto del ricorso, venendo solo genericamente menzionate.
legittimare il vincolo preventivo. Il Collegio è, poi, ben consapevole dei contenuti della senten della Corte costituzionale n.33 del 2018 che, in tema di confisca, ha indicato il principio “ragionevolezza temporale” tra la commissione del cosiddetto reato-spia e l’incremento patrimoniale come principio immanente al sistema della confisca cosiddetta estesa, sostenendo che «…il momento di acquisizione del bene non deve risultare talmente lontano dall’epoca di realizzazione del reato-spia da rendere ictu ocu/i irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da un’attività illecita, sia pure diversa e complementare rispetto a quella per cui intervenuta condanna», e ciò al fine di evitare una abnorme dilatazione della sfera di operativit dell’istituto della confisca allargata. Tale assunto è stato applicato dalla Suprema Corte anche i caso di sequestro preventivo; infatti, da tempo, si è sostenuto che: «In tema di sequestro preventivo ai sensi dell’art. 12 sexies d.l. n.306 del 1992, convertito in legge n. 356 del 1992, la presunzione di illegittima acquisizione da parte dell’imputato deve essere circoscritta in ambito di ragionevolezza temporale, dovendosi dar conto che i beni non siano “ictu ocu/i” estranei al reato perché acquistati in un periodo di tempo eccessivamente antecedente alla sua commissione» (così tra le tante, Sez.5, n.21711 del 28/02/2018, Rv. 272988-01). Tuttavia, non può sostenersi che, sebbene sia compito della pubblica accusa provare la sussistenza dei presupposti strutturali dell’istituto della confisca allargata, in particolare quell sproporziona reddituale e il rispetto dei limiti temporali indicati dalla citata Corte costituzi non sussista, al contempo, alcun onere per l’indagato/imputato almeno di allegare elementi fattuali che consentano di connotare nel tempo l’eventuale violazione del principio di “ragionevolezza temporale”, dato che solo tali allegazioni, di fatto, consentirebbero al pubblic ministero prima e al giudice poi di verificare, doverosamente, la veridicità degli assunti difens stessi. Del resto è principio pacifico che: «Nell’ordinamento processuale penale, a fronte dell’onere probatorio assolto dalla pubblica accusa, anche sulla base di presunzioni o massime di esperienza, spetta all’imputato allegare il contrario sulla base di concreti ed oggettivi eleme fattuali, poiché è l’imputato che, in considerazione del principio della c.d. “vicinanza della pro può acquisire o quanto meno fornire, tramite l’allegazione, tutti gli elementi per provare fondamento della tesi difensiva (così Sez. 2, n. 6734 del 30/01/2020, Rv.278373-01)». Tali considerazioni appaiono ancora più evidenti, come sostenuto peraltro dal Tribunale di Teramo, se si considera che nella fattispecie il provvedimento originario di sequestro fu emesso dal G.I.P. oltre tre anni prima rispetto all’atto di appello cautelare; in altre parole la difesa ha avu ampissimo tempo per poter individuare e poi allegare qualche elemento specifico che consentisse di ritenere la violazione del principio di “ragionevolezza temporale”, che è stata nuovamente, ma solo genericamente, eccepita con il presente ricorso malgrado le motivazioni adeguate dei giudici della cautela sul punto. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4. Per le considerazioni sin qui esposte il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna di NOME COGNOME al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, così stabilita in ragione dei profili di colpa ravvisabili nella determinazione delle cause di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende.
Così deciso in Roma in data 17 gennaio 2025
Il Consigliere estensore