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Confisca allargata: non si applica alla lieve entità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6247/2024, ha stabilito un importante principio in materia di stupefacenti. Ha annullato la confisca allargata disposta nei confronti di un imputato condannato per associazione di lieve entità finalizzata al traffico di droga (art. 74, c. 6, d.P.R. 309/90). La Corte ha chiarito che tale reato, essendo una fattispecie autonoma, non rientra nel catalogo dei delitti per cui è applicabile la misura patrimoniale ex art. 240-bis c.p. Gli altri ricorsi, relativi a questioni di colpevolezza e pene accessorie, sono stati dichiarati inammissibili, in gran parte a causa dell’effetto preclusivo del concordato sulla pena in appello.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata e Lieve Entità: la Cassazione Fa Chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 6247 del 2024, ha stabilito un principio fondamentale riguardo i limiti di applicazione della confisca allargata. La Suprema Corte ha affermato che questa aggressiva misura patrimoniale, prevista dall’art. 240-bis del codice penale, non può essere applicata a chi viene condannato per il reato di associazione per delinquere di lieve entità finalizzata al traffico di stupefacenti. Questa decisione non solo impatta direttamente sulla gestione dei patrimoni illeciti, ma riafferma anche la natura giuridica specifica delle fattispecie di ‘lieve entità’.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un’indagine su un’organizzazione criminale dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti in un quartiere di Roma. In primo grado, il Tribunale aveva condannato diversi imputati per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74, comma 1, d.P.R. 309/1990) e per numerosi episodi di spaccio.

Successivamente, la Corte di Appello di Roma ha riqualificato i fatti. Per tutti gli imputati, l’accusa associativa è stata derubricata nella fattispecie di lieve entità prevista dal comma 6 dello stesso articolo 74, mentre i reati di spaccio sono stati ricondotti all’ipotesi lieve dell’art. 73, comma 5. Su questa nuova base, le parti hanno raggiunto un accordo sulla pena (il cosiddetto ‘concordato in appello’ ex art. 599-bis c.p.p.), che è stata rideterminata per ciascun imputato. Nonostante l’accordo, diversi imputati hanno presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i vari ricorsi, giungendo a conclusioni diverse per ciascuno di essi, ma stabilendo principi di diritto di notevole importanza.

Il Principio sulla Confisca Allargata

Il punto centrale della sentenza riguarda il ricorso di uno degli imputati, condannato per la sola partecipazione all’associazione di lieve entità. Nei suoi confronti era stata confermata la confisca allargata di 9.000 euro. La Cassazione ha accolto il suo ricorso, annullando la confisca senza rinvio.

La Corte ha stabilito che la confisca allargata non è applicabile al reato di cui all’art. 74, comma 6, d.P.R. 309/1990. Questa decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui la fattispecie della ‘piccola associazione’ non è una semplice attenuante, ma un reato autonomo, caratterizzato da un minor allarme sociale e una minore pericolosità degli autori.

Inammissibilità degli Altri Ricorsi

Per quanto riguarda gli altri imputati, i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili. Le doglianze, che vertevano sulla presunta assenza di prove di partecipazione all’associazione o sulla errata applicazione di pene accessorie, si sono scontrate con l’effetto preclusivo del concordato in appello. Avendo accettato la pena, gli imputati avevano implicitamente rinunciato a contestare la propria colpevolezza e altri aspetti della sentenza, salvo vizi di illegalità della pena non riscontrati nel caso di specie.

In un caso specifico, un ricorrente lamentava una durata della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici (cinque anni) superiore a quella della pena principale. La Corte ha rigettato il motivo, specificando che, in base all’art. 29 c.p., una condanna alla reclusione per un tempo superiore a tre anni comporta di diritto l’interdizione per cinque anni, rendendo inapplicabile il criterio residuale dell’art. 37 c.p.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione principale dietro l’annullamento della confisca risiede nella natura giuridica del reato contestato. La Corte, richiamando precedenti sentenze (incluse le Sezioni Unite), ha ribadito che l’art. 74, comma 6, del Testo Unico Stupefacenti delinea un reato autonomo. Di conseguenza, non rientrando nel catalogo specifico dei delitti-presupposto per l’applicazione dell’art. 240-bis c.p., la confisca allargata risulta illegale. Tale misura può essere disposta solo per i reati espressamente elencati dalla norma, e la ‘piccola associazione’ non è tra questi. Per tale reato, il giudice può disporre solo la confisca ordinaria (art. 240 c.p.), ma deve dimostrare che i beni siano profitto o prodotto diretto del reato, cosa che nel caso di specie non era avvenuta.

Per gli altri ricorsi, la motivazione dell’inammissibilità è di natura processuale. L’adesione al concordato in appello preclude la possibilità di sollevare in Cassazione questioni relative alla valutazione delle prove o all’accertamento della responsabilità, che si considerano rinunciate con l’accordo. Il ricorso è ammesso solo per motivi eccezionali, come l’illegalità della pena (intesa come sanzione non prevista dalla legge o applicata fuori dai limiti edittali) o vizi nella formazione della volontà di accordo, circostanze qui escluse.

Conclusioni

La sentenza 6247/2024 della Cassazione offre due importanti lezioni pratiche:

1. Limite alla Confisca Allargata: Viene tracciato un confine netto. La condanna per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di ‘lieve entità’ non può mai giustificare l’applicazione della confisca allargata. Questo protegge l’imputato da aggressioni patrimoniali sproporzionate, limitando la confisca ai soli beni che siano provento diretto del reato specifico.
2. Valore del Concordato in Appello: La decisione ribadisce la natura tombale dell’accordo sulla pena in appello. Chi sceglie questa strada processuale deve essere consapevole di rinunciare a quasi ogni possibilità di ulteriore impugnazione, cristallizzando l’accertamento di colpevolezza e la pena concordata.

La confisca allargata (art. 240-bis c.p.) si applica al reato di associazione di lieve entità per spaccio (art. 74, c. 6, d.P.R. 309/1990)?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la fattispecie di lieve entità è un reato autonomo che non rientra nell’elenco dei reati per cui è prevista la confisca allargata. Pertanto, la sua applicazione in questo contesto è illegale.

Dopo aver patteggiato la pena in appello (concordato ex art. 599-bis c.p.p.), un imputato può contestare la sua colpevolezza in Cassazione?
No. L’accordo sulla pena in appello implica la rinuncia a contestare i motivi relativi all’accertamento della responsabilità penale. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo per vizi specifici, come l’illegalità della pena concordata o vizi del consenso, ma non per rimettere in discussione le prove o la colpevolezza.

Come si determina la durata della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici?
La durata è predeterminata dalla legge. L’articolo 29 del codice penale stabilisce che una condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni comporta l’interdizione dai pubblici uffici per una durata di cinque anni. Questo criterio specifico prevale sulla regola generale dell’art. 37 c.p., che eguaglia la durata della pena accessoria a quella principale solo quando la legge non dispone diversamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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