Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11072 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11072 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME VERONA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato j a VERONA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/05/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso di COGNOME NOME e l’annullamento con rinvio dell’impugNOME sentenza limitatamente alla disposta confisca dell’immobile di Milan sito in INDIRIZZO, dichiarando inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME
NOME.
Uditi i difensori:
L’avvocato COGNOME NOME del foro di MILANO in difesa di COGNOME NOME ha chiesto l’annullamento della sentenza impugNOME.
AVV_NOTAIO‘avvocato NOME COGNOME del foro di NAPOLI in difesa di COGNOME NOME ha chiesto l’annullamento della sentenza impugNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha confermato la pronuncia di primo grado, con la quale il 30/3/2021 il Tribunale di Verona aveva riconosciuto la penale responsabil di COGNOME NOME NOME relazione a distinte condotte di usura ai danni di tre persone offese, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME NOME COGNOME NOME, contestate al capo A), con la condanna alla pena ritenuta di giustizia, e la confisca fino alla concorrenza di euro 54.180,00 quale profitto del costituito dalla somma degli interessi usurari applicati nei confronti RAGIONE_SOCIALE tre persone off relazione agli stessi reati, oltre la confisca diretta del profitto dei reati, è stata ordina AR,RAA, confisca ai sensi dell’art. 240bis cod. pen. di alcuni beni ed utilità intestati o ritenutles[di della COGNOME, sottoposti a sequestro.
La stessa sentenza di primo grado aveva, invece, assolto la COGNOME da altre imputazioni a le contestate, anche di usura, perché il fatto non sussiste, ed aveva assolto COGNOME NOME, f della COGNOME, dai reati di riciclaggio a lei ascritti, nonché la COGNOME e la COGNOME dal intestazione fittizia di beni loro contestato al capo F) perché il fatto non sussiste, ed aveva dichiarato non luogo a procedere nei confronti RAGIONE_SOCIALE stesse in relazione agli altri reati di intes fittizia, pur ritenuti accertati e sussistenti, perché estinti per prescrizione. Aveva dispost la confisca di tutti i beni intestati o nella disponibilità anche per interposta persona fisica o di COGNOME NOMENOME NOME il sequestro di altri immobili e di conti correnti ritenuti in posses nucleo familiare in epoca molto antecedente rispetto ai fatti per cui si procede.
Avverso la sentenza della Corte di Appello hanno proposto ricorso per cassazione sia la COGNOME che la COGNOME.
2.1. A sostegno del ricorso della COGNOME sono stati articolati cinque motivi di impugnazion
2.1.1. Con il primo motivo di ricorso la difesa ha eccepito la violazione della legge process con particolare riferimento alla ritenuta tempestività degli atti di indagine avvenuti dopo una iscrizione della ricorrente nel registro RAGIONE_SOCIALE notizie di reato per il delitto di cui all’ avvenuta il 31/12/2012, sul presupposto della avvenuta ulteriore iscrizione in data 30/10/201 ad avviso della difesa, quest’ultima costituirebbe mera indebita duplicazione della prima iscrizio come tale, sarebbe del tutto priva di effetti. Ne conseguirebbe l’inutilizzabilità di atti di compiuti tardivamente, tra i quali le s.i.t. RAGIONE_SOCIALE tre persone offese.
2.1.2. Con il secondo motivo è stata dedotta la mancanza di motivazione sul tema della inattendibilità dei testimoni persone offese ed il travisamento della valenza probatoria deposizioni rese da questi ultimi per omessa valutazione RAGIONE_SOCIALE eccezioni difensive in ordine a inattendibilità dei loro racconti.
2.1.3. Con il terzo motivo la difesa della COGNOME ha dedotto il vizio della motivazione della sentenza impugNOME in ordine alla ritenuta sussistenza della aggravante di cui all’articolo 644 comma 5 nr. 4 cod. pen., per mancata valutazione degli argomenti addotti dalla difesa e per i I travisamento della prova rispetto alla destinazione RAGIONE_SOCIALE somme date in prestito per lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE attività imprenditoriali da parte RAGIONE_SOCIALE persone offese, non essendo emerso in alcun atto del processo che le somme prestate fossero destinate ad essere impiegate in un’attività imprenditoriale, ed essendosi fondato, invece, il riconoscimento dell’aggravante su mere asserzioni astratte circa la presunta destinazione RAGIONE_SOCIALE somme ricevute.
2.1.4. Con il quarto motivo la COGNOME ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei presupposti applicativi della confisca di cui all’articolo 240 bis cod. pen. In particolare, a tal riguardo la difesa lamenta la violazione dell’articolo 31 della legge 17.10.2017 nr. 61 nella interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità, evidenziando la inapplicabilità di tale disposizione a reati spia commessi in epoca antecedente alla entrata in vigore della norma. Osserva, al riguardo, la difesa che solo applicando la norma introdotta nel 2017 e, dunque, solo espungendo dai redditi quelli provenienti da evasione fiscale, la Corte di Appello ha affermato la sussistenza della sproporzione quale presupposto applicativo della confisca allargata.
2.1.5. Con il quinto motivo di ricorso la difesa ha dedotto la violazione di legge rispetto alla determinazione della pena ed alla mancata osservanza dei criteri contenuti nell’articolo 133 cod. pen., nonché alla mancata applicazione RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti.
2.2. Il ricorso proposto nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE si fonda su due motivi di impugnazione:
2.2.1. Con il primo motivo la difesa ha sostenuto la violazione dell’articolo 240 bis cod. pen. ed il vizio di motivazione in relazione agli elementi probatori sulla base dei quali la Corte di Appello ha identificato nella madre della predetta ricorrente, COGNOME NOME, il soggetto che avrebbe avuto la disponibilità dei beni immobili intestati a NOME COGNOME ubicati in Milano e Valpolicella.
Il motivo, poi, si articola in dieci punti, con i quali singolarmente si contesta la disponibilità, da parte della COGNOME, degli immobili in Milano e Valpolicella,
rilevando: l’efficacia preclusiva del decreto della Corte di Appello di Venezia che, in sede di prevenzione, non ha riconosciuto il carattere fittizio dell’intestazione dell’immobile in Milano; la mancanza di adeguata motivazione in ordine alla effettiva disponibilità di ciascun immobile; la confusione che si assume operata in sentenza tra il soggetto che pone a disposizione parte dei denari necessari per l’acquisto di un bene con il soggetto dotato di potere dispDsitivo sullo stesso, negando sul punto la rilevanza del godimento del bene; le capacità reddituali della COGNOME e del compagno; il rilievo che il non inusuale contributo di una madre all’acquisto della casa di abitazione della figlia di per sé non sottrae questa alla sua disponibilità; il difetto di proporzione che si assume alla base della confisca di ogni immobile intestato alla COGNOME, come se i redditi della stessa e del compagno non consentissero loro di acquistare e disporre nemmeno di una casa di abitazione; il carattere contraddittorio della motivazione con la quale si è valorizzato il rilascio di una stanza dell’appartamento in Valpolicella acquistato da RAGIONE_SOCIALE in favore del residence; l’erroneo significato attribuito all’acquis dell’appartamento nel residence da parte di chi comunque disponeva dell’intero residence; la dimostrazione del godimento del bene da parte della COGNOME a mezzo di dichiarazioni di persone assunte con investigazioni difensive e la produzione di alcune fotografie; il pagamento RAGIONE_SOCIALE rate di mutuo ad opera della ricorrente.
2.2.2. Con il secondo motivo la difesa della COGNOME deduce la violazione dell’articolo 240 bis cod. pen. ed il vizio di motivazione in relazione alla individuazione dell’anno 2002 quale momento di partenza nella applicazione del principio della “ragionevolezza temporale” rispetto alla disposta confisca degli immobili di NOME COGNOME siti in Bussolengo ed in Verona alla INDIRIZZO e degli immobili della RAGIONE_SOCIALE siti in Trevenzuolo e in Verona- INDIRIZZO.
Evidenzia la ricorrente che gli immobili siti in Bussolengo ed in Verona sono stati acquistati il 25/11/2002 e gli immobili della RAGIONE_SOCIALE siti in Trevenzuolo e in Verona il 12/4/2002 e 1114/6/2002, almeno quattro anni prima del primo reato per cui è intervenuta condanna della COGNOME. Si assume che la Corte di Appello sarebbe incorsa in tre errori in quanto: 1) nessuna sentenza di condanna o patteggiamento è stata emessa per intestazione fittizia di cui al capo F), ma solo sentenze di prescrizione, sicché non può ricondursi ad alcuna di esse il primo reato spia; 2) erroneamente si è ritenuto accertato il primo reato di usura ai danni del COGNOME come commesso dal 2002, giacché la condanna è relativa al solo prestito di 50.000 euro effettuato in favore del predetto nel 2006; 3) erroneamente a pag.
4 COGNOME
di)
58 della sentenza si riconduce al 2002 il periodo di ragionevolezza temporale che giustifica la confisca dei beni siti in Trevenzuolo INDIRIZZO.
Con memoria scritta del 24 ottobre 2023, incoerenza con le conclusioni poi rassegnate in udienza, il RG. ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, e di annullare con rinvio l’impugNOME sentenza limitatamente alla confisca dell’immobile di Milano INDIRIZZO, dichiarando inammissibile nel resto il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso della COGNOME è inammissibile in quanto i motivi addotti si discostano dai parametri dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen. perché manifestamente infondati, anche quando non attengono esclusivamente al merito della decisione impugNOME, mentre il ricorso della COGNOME è fondato limitatamente alla confisca dell’immobile di INDIRIZZO INDIRIZZO, a lei intestato, ed inammissibile nel resto.
4.1. Il primo motivo a sostegno del ricorso della COGNOME, volto a sostenere l’inutilizzabilità atti di indagine compiuti successivamente alla data di scadenza RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari, dalla ricorrente indicata nel 30/6/2013, tra i quali l’acquisizione di sommarie informazioni testimoniali RAGIONE_SOCIALE tre persone offese, è meramente reiterativo di censure già proposte dinanzi ad entrambi i giudici di merito e da questi disattese con argomentazioni con le quali la ricorrente non si confronta adeguatamente, atteso che le sentenze di merito si fondano essenzialmente su testimonianze assunte nel contraddittorio dibattimentale e su documenti, sicché le s.i.t. di cui si tratta r4 – 0=i:ezitta non risultano in alcun modo determinanti ai fini della decisione, tanto che correttamente la sentenza impugNOME ha evidenziato che “l’appello, in ogni caso, non spiega sufficientemente in quali punti della sentenza di primo grado la decisione si sarebbe basata sulle s.i.t. (asseritamente inutilizzabili) anziché sulle dichiarazioni rese in contraddittorio in udienza dalle persone offese”.
Anche a voler ritenere che, in relazione alla predetta ricorrente, già iscritta al mod. 21 in data 31/12/2012, la nuova iscrizione altro non sia che un mero duplicato della prima, comunque il motivo non si confronta con le assorbenti argomentazioni della sentenza impugNOME dinanzi evidenziate, così da doversi considerare viziato da aspecificità, da apprezzarsi non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugNOME e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c) cod. proc. pen, all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Rv. 237596).
4.2. Anche il secondo motivo del ricorso della COGNOME è meramente reiterativo di argomentazioni già proposte con l’atto di appello e disattese dalla Corte territoriale che, con argomentazioni immuni da vizi logici e giuridici (di cui alle pagg. da 16 a 22 della sentenza impugNOME), ha dato adeguatamente conto RAGIONE_SOCIALE ragioni per cui si è riconosciuta coerenza ed attendibilità alle deposizioni di ciascuna RAGIONE_SOCIALE persone offese, singolarmente considerate, evidenziando come tale giudizio non sia in alcun modo smentito dal ritardo con 114 rtt:,(-11:) il qualered il COGNOME hanno denunciato l’usura alla quale erano sottoposti, avendo entrambi a lungo taciuto per bisogno della liquidità offerta dalla COGNOME, ed il COGNOME anche per aver rilasciato assegni a titolo di garanzia, da lui firmati in luogo della moglie, circostanza che lo esponeva a protesti od azioni giudiziarie, poi poste in atto dalla ricorrente, tanto che il predetto s determinava a sporgere denuncia solo quando si trovava ormai “nelle condizioni di non aver nulla da perdere”, fino a riferire circostanze a lui sfavorevoli, circostanza ritenuta confermare l’attendibilità del racconto.
Analogamente, il ritardo nella denuncia del COGNOME è spiegato con le origini del prestito, nato da un rapporto amicale, e con l’esigenza di un sostegno finanziario al quale il predetto non era in grado di rinunciare, tanto da vendere alla COGNOME un capannone formalmente intestato alla sua compagna. L’assunto della ricorrente secondo cui la Corte territoriale non avrebbe valutato le doglianze difensive relative all’asserita mancanza di spontaneità RAGIONE_SOCIALE denunce, perché rese da soggetti convocati dalla Guardia di Finanza attacca, nella sostanza, il merito della decisione impugNOME, avendo questa fondato il giudizio di attendibilità soggettiva RAGIONE_SOCIALE persone offese sulla base di ricostruzione logica in alcun modo incompatibile con le convocazioni dinanzi alla P.G., rendendo anche conto RAGIONE_SOCIALE ragioni per le quali le spiegazioni offerte sono state ritenute del tutto credibili e persuasive, oltre che riscontrate in un caso dagli assegni tratti dalla moglie del COGNOME e rinvenuti in possesso della COGNOME, e nell’altro dall’incasso, da parte della ricorrente, di un assegno di 12.500,00 euro tratto dal COGNOMEllari. Analogamente, quanto alla persona offesa COGNOME, la sentenza impugNOME ha dato conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che hanno indotto a riconoscere l’attendibilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni riscontrate anche
da assegni esibiti dal pubblico ministero e riconosciuti dalla persona offesa.
Le censure rivolte alle valutazioni di attendibilità RAGIONE_SOCIALE testimonianze RAGIONE_SOCIALE persone offese, espresse dai giudici di merito, sono, pertanto, inammissibili, perché volte a prospettare una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione che esule dai poteri della Corte di cassazione, trattandosi, invece, di valutazione riservata, in via esclusiva, al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali (Sez. Un., 30/4/1997, n. 6402, riv. 207944), per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
4.3. La sentenza impugNOME ha fondato il riconoscimento dell’aggravante di cui all’articolo 644 comma quinto, nr. 4, cod. pen. sul rilievo che le tre persone offese hanno tutte “affermato chiaramente che svolgevano all’epoca del prestito attività imprenditoriale-commerciale e che il denaro serviva quale finanziamento per la sopravvivenza di tale attività”. Si tratta di affermazione idonea a giustificare l’aggravante di cui si tratta, che è stata contestata dalla ricorrente con la generica prospettazione di un travisamento della prova per essere state destinate, invece, le somme prestate ad altri fini, “diversi da quelli imprenditoriali”.
La censura è, però, inammissibile in quanto, limitandosi ad evocare genericamente “passaggi RAGIONE_SOCIALE testimonianze RAGIONE_SOCIALE persone offese” dai quali si sarebbe potuta evincere altra destinazione RAGIONE_SOCIALE somme, non rispetta i principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta
logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021 Rv. 281085); né ricorrono le condizioni, ancor più stringenti, richieste per l’ammissibilità della prospettazione di un travisamento della prova nei casi, come quello in esame, di cosiddetta “doppia conforme”, nei quali può essere dedotto sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza – non certo ravvisabile nel caso di specie – da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza RAGIONE_SOCIALE motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti” (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Rv. 272018).
4.4. Il quarto motivo del ricorso proposto nellInteresse della RAGIONE_SOCIALE è inammissibile per la sua manifesta infondate77a, atteso che, a fronte dil condotte contestate come commesse fino al giugno 2017, la sentenza impugNOME non invoca in alcun modo l’applicazione – ipotizzata dalla ricorrente – della legge nr. 61 del 17.10.2017 ma ha giustificato altrimenti, e senza incorrere in vizio logico o giuridico alcuno, la “ragionevolezza temporale” della confisca RAGIONE_SOCIALE acquisizioni immobiliari e societarie a decorrere dall’anno 2002 – contestata dalla ricorrente – in coerenza con i principi posti in materia dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, Spinelli ed altro, Rv. 262605, e dalla sentenza interpretativa di rigetto della Corte Costituzionale n. 33 del 2018.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la citata sentenza n. 4880/2014, hanno indicato come necessario per garantire la costituzionalità della misura reale che, nella ricognizione dei presupposti richiesti, sia assicurata la correlazione temporale tra l’acquisto del bene e la manifestazione di pericolosità sociale, la quale, oltre che presupposto imprescindibile della confisca, costituisce anche “misura temporale” del suo ambito applicativo, nel senso che sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell’arco di tempo in cui si è accertata la pericolosità sociale. Assume rilievo significativo che il criterio, elaborato dalla giurisprudenza di legittimità, sia stato assunto anche dalla Corte costituzionale a parametro di verifica della tenuta costituzionale della confisca in casi particolari. Con la sentenza interpretativa di rigetto n. 33 del 2018 la Consulta, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata nell’ambito di una procedura di esecuzione, dell’art. 12-sexies I. 356/1992 nella parte in cui include la ricettazione
tra i delitti presupposto, ha riconosciuto che la coerenza col sistema dei valori costituzionali della presunzione relativa di illecita accumulazione dei beni di valore sproporzionato pretende che essa «sia circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale». Ha specificato tale concetto, affermando che il momento di acquisizione del bene da confiscare non dov -ebbe risultare così lontano dall’epoca di realizzazione del “reato spia” da rendere ictu oculi irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da una attività illecita, anche se differente da quella che ha determinato la condanna e rimasta priva di un positivo accertamento.
La sentenza impugNOME risulta coerente con tali principi laddove ha riconosciuto che COGNOME NOME è stata “condanNOME per plurimi fatti di usura consumata tra novembre 2006 e luglio 2010″, ma ha anche evidenziato come la persona offesa COGNOME abbia spiegato di essere ricorso assiduamente al prestito della COGNOME, e del marito di questa, sin dal 2002 con pattuizioni di tassi mensili del 6%, e che in relazione a tali prestiti il Tribunale ha assolto la COGNOME dalle condotte di usura contestatele per l’impossibilità di determinare esattamente in “quando” ed il “quantum” dei prestiti, pur riconoscendo il raggiungimento della prova dell’ “an”. Analogamente, si è evidenziato che nello stesso periodo 20022006 si collocano altri prestiti elargiti dalla COGNOME in favore di altri soggetti, pe quali il giudice di primo grado aveva riconosciuto come certa la condotta della COGNOME, assolvendola dalle relative contestazioni per l’impossibilità di “ricostruire con esattezza i termini del rapporto usurario, ossia numero dei prestiti e momento storico”.
Così ricostruito il contesto nel quale operava la COGNOME, la sentenza impugNOME ha evidenziato il carattere abituale dell’attività contestatale sin dal 2002, epoca nella quale un picco altrimenti inspiegabile di inl:roiti ed un’anomala concentrazione di acquisti di immobili intestati ora alla stessa ricorrente, ora invece alla RAGIONE_SOCIALE: sulla base di tali elementi, senza incorrere in alcun vizio logico, ha giustificato la ragionevolezza temporale dell’arco di quattro anni dal reato spia e, con esso, la presunzione di derivazione dei beni da una attività illecita, anche se differente da quella che ha determinato la condanna e rimasta priva di un positivo accertamento nei suoi dettagli.
4.5. Sono inammissibili, infine, anche le censure rivolte con l’ultimo motivo di ricorso al trattamento sanzionatorio ed al giudizio di equivalenza tra circostanze, in quanto la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati
negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142) bensì, come nel caso di specie, di una valutazione della gravità dei fatti commessi, anche in considerazione dei tassi praticati, ben lontani dal tasso soglia consentito, dell’intersità del dolo e del carattere “professionale” dell’attività illecita svolta, ritenuto sintomatico d “scaltrezza e capacità a delinquere”, elementi tutti indicati alla pag. 64 della sentenza di primo grado e richiamati dalla Corte di appello (pag.33-35) anche per evidenziarne il peso ritenuto non certo minore degli elementi positivi (essenzialmente il decorso del tempo tra fatto e processo e condotta processuale) che ne hanno determinato la concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche in termini di equivalenza.
Come anticipato in premessa, il ricorso proposto nell’interesse della COGNOME è, invece, fondato, limitatamente alla confisca dell’immobile di INDIRIZZO INDIRIZZO, ed inammissibile nel resto.
5.1. Vanno preliminarmente richiamate argomentazioni dinanzi esposte, sub § 4.4., in ordine alla “ragionevolezza temporale” dell’arco di quattro anni intercorrente tra le acquisizioni del 2002 ed il reato spia del 2006, alla luce del carattere abituale dell’attività di usura della COGNOME dal 2002, che consente di ricondurre la presunzione di derivazione dei beni acquisiti comunque all’attività illecita, anche se differente da quella che ha determinato la condanna perché rimasta priva di un positivo accertamento nei suoi dettagli.
Ne consegue l’inammissibilità del secondo motivo del ricorso della COGNOME. 5.2. Il primo motivo del ricorso è, invece, solo in parte fondato.
5.2.1. In relazione al bene sito in Valpolicella va rilevata la inammissibilità del ricorso, in quanto le eccezioni sono esclusivamente basate sulla rivalutazione di elementi che attengono al merito della decisione e rispetto ai quali in questa sede non è consentito alcun sindacato, non potendosi ravvisare alcun vizio logico o giuridico nella valutazione della Corte territoriale laddove questa ha evidenziato che la RAGIONE_SOCIALE ha ammesso di essere stata, quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, una mera prestanome impegNOME solo nella firma del bilancio una volta all’anno, risultando evidente l’esercizio senza continuità dei poteri gestori, invece, da parte della madre COGNOME NOME; ha altresì evidenziato che la società non ha mai generato utili tali da giustificare gli acquisiti immobiliari effettuati né le spes di ristrutturazione e che i soci fondatori non disponevano di apprezzabili entrate patrimoniali lecite, tali da giustificare i ripetuti investimenti, né i redditi d
COGNOME e del compagno consentivano di affrontare acquisti immobiliari per complessivi euro 419.133,00 e mutui per euro 288.400,00, dovendo i predetti mantenersi a Milano in affitto sino al 2001 con redditi minimi e poi, comunque, contenuti; inoltre, la sentenza impugNOME ha osservato che la predetta società risulta finanziata dalla COGNOME con bonifici per euro 119.500,00 e contanti per euro 18.000,00, flussi ritenuti ragionevolmente incompatibili con il reddito da lavoro dipendente della ricorrente, né questa ha ritualmente dedotto e documentato alcun travisamento della prova in ordine alle sue disponibilità.
5.2.2. Diversa valutazione si impone, invece, con riferimento all’immobile sito in Milano alla INDIRIZZO, non essendosi confrontata la sentenza impugNOME con il decreto della Corte di Appello di Venezia in data 30/9/2021, ormai definitivo, che, in sede di prevenzione, alle pagg. 82 e 83, ha ritenuto trattarsi di immobile “non riconducibile alla disponibilità nemmeno indiretta di NOME COGNOME“, pur riconoscendo trattarsi di bene acquistato grazie ad una significativa provvista messa a disposizione della figlia dalla COGNOME, che ha anche estinto il mutuo, rilevando anche che, se è evidente che la COGNOME non avrebbe potuto acquistare l’appartamento senza il sostegno della madre,, tuttavia non può ritenersi anomala una donazione indiretta di denaro della madre ad una figlia non convivente, al fine di consentirne l’acquisto dell’abitazione, non dovendosi confondere il soggetto che esborsa il denaro necessario per l’acquisto con quello che, invece, dispone poi materialmente del bene.
Giova ricordare la giurisprudenza di questa Corte di RAGIONE_SOCIALEzione secondo cui la confisca di prevenzione e la confisca cosiddetta “allargata”, di cui all’art. 1 sexies d.l. 8 giugno 1992, convertito in legge 7 agosto 1992, n.356, presentano presupposti applicativi solo in parte coincidenti, atteso che, se per entrambe è previsto che i beni da acquisire si trovino nella disponibilità diretta o indiret dell’interessato e che presentino un valore sproporzionato rispetto al reddito da quest’ultimo dichiarato ovvero all’attività economica dal medesimo esercitata, tuttavia solo per la confisca di prevenzione è prevista la possibilità di sottrarre a proposto i beni che siano frutto di attività illecita ovvero ne costituiscano reimpiego; ne consegue che la preclusione ex art. 649 cod. proc. pen. opera solo se il primo giudizio, oltre ad avere riguardato gli stessi beni, nella disponibili RAGIONE_SOCIALE medesime persone, abbia avuto quale oggetto contenuti cognitivi omogenei avuto riguardo alla provenienza dei beni. (Sez. 5, n. 15284 del 18/12/2017 Rv. 272837 – 01).
Alla luce di tali principi, deve rilevarsi che la sentenza impugNOME ha omesso di confrontarsi le argomentazioni di cui al predetto decreto in data 30/9/2021,
peraltro pienamente condivisibili in quanto immuni da vizi logici o giuridici, sicché si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugNOME nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente alla confisca dell’immobile di INDIRIZZO INDIRIZZO, a lei intestato.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso della COGNOME consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nonché al versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugNOME nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente alla confisca dell’immobile di INDIRIZZO INDIRIZZO, a lei intestato. Dichiara inammissibile, nel resto, il ricorso.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME, che condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende.
Così deciso in Roma il 7 dicembre 2023 L’estensore COGNOME Presidente