LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Confisca allargata: limiti e disponibilità dei beni

Una madre viene condannata per usura, con conseguente applicazione della confisca allargata su beni sproporzionati al suo reddito, alcuni dei quali intestati alla figlia. La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso della madre ma accoglie parzialmente quello della figlia, annullando la confisca di un immobile. La sentenza ribadisce i principi della “ragionevolezza temporale” tra reato e acquisto dei beni e la necessità di una prova rigorosa della disponibilità effettiva del bene da parte del condannato, anche alla luce di precedenti decisioni giudiziarie.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: la Cassazione traccia i confini tra disponibilità e intestazione fittizia

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema tanto complesso quanto attuale: la confisca allargata. Questo strumento, previsto dall’articolo 240-bis del codice penale, consente allo Stato di aggredire i patrimoni di origine illecita anche quando non sono direttamente collegati al reato per cui è intervenuta la condanna. Il caso in esame offre importanti spunti di riflessione sui presupposti applicativi di tale misura, in particolare sul nesso temporale tra reato e acquisto dei beni e sulla delicata questione della “disponibilità” di un bene intestato a terzi.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di una donna per plurimi episodi di usura commessi ai danni di tre persone. Oltre alla pena detentiva, i giudici di merito avevano disposto sia la confisca del profitto diretto del reato, sia la cosiddetta confisca allargata di beni e utilità ritenuti nella sua disponibilità, ma di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati. Tra questi beni figuravano anche alcuni immobili formalmente intestati alla figlia della condannata, assolta invece da altre accuse.

I ricorsi per Cassazione proposti sia dalla madre che dalla figlia contestavano vari aspetti della decisione, ma il fulcro della difesa si concentrava sulla legittimità della confisca allargata, mettendo in discussione sia l’arco temporale preso in considerazione per valutare la sproporzione, sia l’effettiva riconducibilità dei beni intestati alla figlia alla sfera di dominio della madre.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha adottato una decisione differenziata per le due ricorrenti. Ha dichiarato inammissibile il ricorso della madre condannata, confermando la sua responsabilità penale e la legittimità della confisca sui beni a lei direttamente riconducibili. Le sue censure sono state ritenute generiche o meramente reiterative di argomenti già respinti nei gradi di merito.

Di segno opposto, invece, l’esito del ricorso della figlia. La Corte ha accolto parzialmente le sue doglianze, annullando senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca di un immobile sito a Milano. Per gli altri beni, la confisca è stata confermata.

Le motivazioni della Corte sulla Confisca allargata

Le motivazioni della sentenza sono di grande interesse giuridico. In primo luogo, la Corte ha validato il criterio della “ragionevolezza temporale” utilizzato dai giudici di merito. Sebbene la condanna per usura riguardasse fatti commessi a partire dal 2006, la Corte ha ritenuto corretto retrodatare al 2002 l’inizio del periodo sospetto per l’accumulazione patrimoniale. Questa scelta si è basata sulla prova del carattere abituale dell’attività usuraria della condannata, che operava già da quell’anno, come emerso dalle testimonianze. Si è quindi affermato che la presunzione di derivazione illecita dei beni può estendersi a un arco temporale ragionevole che precede il “reato spia”, purché vi siano elementi concreti che indichino una pericolosità sociale già manifesta in quel periodo.

Il punto cruciale della decisione, tuttavia, riguarda l’annullamento della confisca dell’immobile di Milano. La Corte ha rilevato che i giudici d’appello avevano omesso di confrontarsi con una precedente decisione, divenuta definitiva, emessa dalla Corte d’Appello in sede di prevenzione. Quel provvedimento aveva escluso che l’immobile in questione fosse riconducibile alla disponibilità, anche indiretta, della madre. Pur riconoscendo che la madre aveva fornito alla figlia la provvista economica per l’acquisto, i giudici della prevenzione avevano qualificato l’operazione come una donazione indiretta, non anomala in un contesto familiare, distinguendo nettamente tra chi fornisce il denaro e chi poi dispone materialmente del bene. La Suprema Corte ha censurato la sentenza impugnata per non aver adeguatamente motivato le ragioni per cui si discostava da tale consolidata valutazione, violando così l’obbligo di un confronto argomentativo con decisioni giudiziarie pregresse sugli stessi fatti.

Le conclusioni

La sentenza in commento offre due importanti insegnamenti. Da un lato, conferma l’ampia portata della confisca allargata, che può colpire beni acquistati anche prima della commissione formale del reato spia, a condizione che sia provata una continuità criminale del soggetto. Dall’altro, pone un argine a un’applicazione indiscriminata della misura, specialmente quando sono coinvolti beni intestati a terzi. La Corte sottolinea che la prova della “disponibilità” in capo al condannato deve essere rigorosa e non può ignorare precedenti decisioni giudiziarie che abbiano già escluso tale circostanza. Si riafferma così un principio di garanzia fondamentale: la confisca può colpire solo i patrimoni effettivamente nella sfera di dominio del reo, distinguendo la fittizia intestazione dalla lecita liberalità familiare.

Quando si applica la confisca allargata?
Si applica in caso di condanna per specifici reati (definiti “reati spia”) e colpisce i beni di valore sproporzionato rispetto al reddito o all’attività economica del condannato, dei quali egli non possa giustificare la legittima provenienza e di cui risulti avere la disponibilità, anche per interposta persona.

Cosa si intende per “ragionevolezza temporale” nella confisca allargata?
È il principio secondo cui deve esistere un collegamento logico e temporale tra l’acquisto dei beni e la manifestazione della pericolosità sociale del condannato. La sentenza chiarisce che il periodo di accumulazione patrimoniale sospetta può iniziare anche prima dei fatti specifici per cui è intervenuta condanna, se si dimostra che l’attività illecita era già abituale in quel periodo.

La confisca allargata può colpire i beni di un parente?
Sì, può colpire beni formalmente intestati a un parente (o a qualsiasi terzo) a condizione che la pubblica accusa dimostri rigorosamente che, al di là dell’intestazione formale, la disponibilità effettiva e il potere di dominio sul bene sono rimasti in capo alla persona condannata. Un semplice aiuto economico per l’acquisto, come una donazione indiretta, non è di per sé sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati