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Confisca allargata: legittimo il sequestro sproporzionato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato per associazione mafiosa contro il sequestro di 49.000 euro. La Corte ha ribadito che, in caso di confisca allargata, non è necessario provare il nesso diretto tra il bene e il reato, ma è sufficiente la sproporzione tra il patrimonio e il reddito dichiarato. L’onere di dimostrare la provenienza lecita dei beni ricade sull’interessato, che in questo caso non ha fornito prove sufficienti.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: Quando il Sequestro dei Beni è Legittimo?

La confisca allargata rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per contrastare l’accumulazione di patrimoni di origine illecita. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19136/2025, offre un importante chiarimento sui presupposti applicativi di questa misura, sottolineando come la sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati sia un elemento centrale, anche in assenza di un collegamento diretto con il reato contestato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto, amministratore e socio unico di una società, indagato per il grave reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso. In fase di indagine, era stato disposto il sequestro preventivo dell’intero patrimonio societario e personale dell’indagato. Successivamente, l’interessato presentava un’istanza di dissequestro per una somma di 49.000 euro, sostenendo che tale importo derivasse dalla lecita vendita di beni personali (orologi) e fosse stato poi conferito nella sua società.

Sia il Giudice per le indagini preliminari che il Tribunale del riesame rigettavano la richiesta. Secondo i giudici, le prove fornite sulla lecita provenienza della somma erano insufficienti. Inoltre, il denaro era stato destinato a un’impresa ritenuta gestita per interessi mafiosi. Di conseguenza, l’intero patrimonio dell’indagato, inclusa la somma in questione, era considerato suscettibile di confisca allargata ai sensi dell’art. 240-bis del codice penale.

La Decisione della Cassazione sulla confisca allargata

L’indagato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge. La tesi difensiva sosteneva l’assenza di un nesso di correlazione tra la somma di denaro e i reati contestati, affermando che la confisca allargata richiederebbe comunque la prova della provenienza illecita dei beni.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno chiarito che il ricorso in Cassazione contro i provvedimenti cautelari reali, come il sequestro, è consentito solo per violazione di legge e non per riesaminare il merito dei fatti. Un vizio di motivazione può essere denunciato solo se è così radicale da renderla inesistente o palesemente illogica, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.

Le Motivazioni: La Logica della Confisca Allargata

Il cuore della decisione risiede nella spiegazione della logica sottostante la confisca allargata (o per sproporzione). Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, questa misura non richiede la dimostrazione di un vincolo di pertinenzialità tra il bene da sequestrare e il reato per cui si procede.

Il meccanismo funziona su una presunzione legale (iuris tantum): quando si accerta una notevole sproporzione tra il patrimonio di una persona e i suoi redditi dichiarati (o la sua attività economica), scatta la presunzione che tale patrimonio sia frutto di attività illecite. A questo punto, l’onere della prova si inverte: non è più lo Stato a dover dimostrare l’origine criminale di ogni singolo bene, ma è l’interessato a dover fornire “specifiche e verificate allegazioni” per dimostrare la legittima provenienza del suo patrimonio. Questo può avvenire dimostrando che i beni sono stati acquistati con proventi leciti e proporzionati alla propria capacità reddituale.

Nel caso specifico, il ricorrente non è riuscito a superare questa presunzione. Le argomentazioni del Tribunale sono state ritenute coerenti, data la mancanza di prove sulla provenienza lecita dei beni e sulla loro proporzionalità rispetto ai redditi leciti, che non sono stati neppure specificati nel ricorso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce la potenza dello strumento della confisca allargata nel sistema penale. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Onere della Prova: Per soggetti indagati o condannati per reati gravi (come quelli di mafia, corruzione, terrorismo, ecc.), la semplice sproporzione patrimoniale è sufficiente per attivare il sequestro. Spetta a loro, e non all’accusa, dimostrare con prove concrete la liceità dei propri averi.
2. Tracciabilità e Documentazione: Diventa fondamentale per chiunque poter documentare in modo chiaro e inequivocabile l’origine dei propri beni e delle proprie fonti di reddito. In assenza di una contabilità trasparente, difendersi da una misura di questo tipo può diventare estremamente difficile.
3. Lotta alla Criminalità Organizzata: La decisione conferma che la confisca allargata è un pilastro nella lotta alla criminalità economica, poiché mira a colpire non solo i proventi diretti del reato, ma l’intero arricchimento illecito accumulato nel tempo, prosciugando le risorse finanziarie delle organizzazioni criminali.

Nella confisca allargata è necessario dimostrare che il bene sequestrato deriva direttamente dal reato contestato?
No, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è affatto necessario dimostrare il vincolo di pertinenzialità del bene con i reati per cui si procede. La misura si fonda sulla sproporzione accertata tra i guadagni dichiarati e il patrimonio, che fa scattare una presunzione legale di illecita accumulazione.

Su chi ricade l’onere di provare la provenienza lecita dei beni in caso di sequestro per confisca allargata?
L’onere della prova si inverte e ricade sull’interessato. È lui che deve superare la presunzione di illecita provenienza, fornendo allegazioni specifiche e verificate dalle quali si possa desumere l’origine legittima del bene sequestrato, ad esempio dimostrando che è stato acquistato con proventi proporzionati alla propria capacità reddituale lecita.

Un ricorso in Cassazione contro un provvedimento di sequestro può basarsi su una motivazione ritenuta insufficiente?
Il ricorso per cassazione contro provvedimenti cautelari reali è consentito solo per violazione di legge. Un vizio di motivazione può essere fatto valere solo se è così radicale da rendere il provvedimento privo dei requisiti minimi di coerenza e logicità, ma non per una semplice rivalutazione delle prove o delle argomentazioni del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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