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Confisca allargata: la Cassazione sui reati spia

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato per possesso illegale di armi, il quale contestava la confisca allargata dei suoi beni. La Corte ha stabilito che, per applicare la confisca allargata, non è necessario che il cosiddetto ‘reato spia’ abbia generato profitti diretti. È sufficiente la condanna per uno dei reati previsti dalla legge e la dimostrazione di una sproporzione tra il valore dei beni posseduti e il reddito dichiarato. La valutazione di tale sproporzione, se logicamente motivata, non è sindacabile in sede di Cassazione.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca allargata: anche senza profitto dal reato scatta la misura

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33632/2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale patrimoniale: la confisca allargata. Questa pronuncia chiarisce un aspetto fondamentale: la misura può essere applicata anche quando il reato per cui si è stati condannati (il cosiddetto ‘reato spia’) non è di per sé produttivo di un guadagno economico. Ciò che conta è la sproporzione tra i beni posseduti e i redditi leciti.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un provvedimento di sequestro e confisca emesso dalla Corte di Appello di Reggio Calabria nei confronti di un soggetto condannato in via definitiva per reati legati alla detenzione illegale di armi, aggravati dal metodo mafioso (art. 7 legge n. 203 del 1991).

La misura ablativa si basava sull’istituto della confisca allargata (art. 240-bis c.p.), in quanto il valore dei beni immobili acquistati dal condannato e dalla sua famiglia tra il 2009 e il 2015 era stato ritenuto del tutto incompatibile con i redditi dichiarati dal nucleo familiare.

In sede di esecuzione, il giudice aveva parzialmente accolto l’opposizione del condannato, revocando la confisca solo per l’importo eccedente il valore di 71.131,07 euro. L’uomo, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando due principali violazioni di legge.

I Motivi del Ricorso e la Confisca Allargata

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomenti principali:

1. Natura del reato: Sosteneva che la detenzione di armi, a differenza del traffico o della vendita, non è un reato che genera profitti. Di conseguenza, mancando un nesso di causalità economica tra il delitto e l’arricchimento, la confisca allargata non sarebbe stata applicabile.
2. Errata valutazione delle prove: Affermava che i giudici di merito avessero erroneamente calcolato le entrate lecite della sua famiglia, omettendo di considerare importanti somme derivanti da ‘disinvestimenti’, come lo svincolo di buoni fruttiferi della madre e la liquidazione di una polizza assicurativa del padre. Tali somme, a suo dire, avrebbero giustificato l’acquisto degli immobili.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, ritenendolo in parte infondato e in parte inammissibile.

La non necessità di un reato ‘lucrativo’ per la confisca allargata

Riguardo al primo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la disciplina della confisca allargata non richiede che il ‘reato spia’ sia la fonte diretta dell’arricchimento. La legge presuppone unicamente due condizioni:

* Una condanna definitiva per uno dei reati specificamente elencati dalla norma.
* La presenza di beni nella disponibilità del condannato di valore sproporzionato rispetto al suo reddito o alla sua attività economica, di cui non si possa giustificare la provenienza lecita.

Il reato, quindi, funge da ‘indicatore’ di pericolosità sociale e di una generale propensione a delinquere che può aver generato ricchezza illecita, a prescindere dal singolo delitto per cui è intervenuta la condanna.

La valutazione della sproporzione è compito del giudice di merito

Sul secondo motivo, la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando che la valutazione della sproporzione e l’analisi delle fonti di reddito sono questioni di fatto, riservate al giudice di merito. Il sindacato della Corte di legittimità è limitato alla verifica della coerenza e logicità della motivazione, non può entrare nel merito dei calcoli peritali.

Nel caso specifico, i giudici hanno rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, le somme provenienti dai disinvestimenti dei familiari erano state effettivamente prese in considerazione nella perizia. Erano state inserite in un’apposita colonna del calcolo contabile e, quindi, non erano state ‘pretermesse’. La doglianza del ricorrente si è così rivelata un tentativo, non consentito in Cassazione, di ottenere una nuova e più favorevole lettura delle prove già esaminate nei gradi precedenti.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara interpretazione della ratio dell’art. 240-bis del codice penale. L’istituto della confisca allargata non è una sanzione che colpisce il profitto di un reato specifico, ma una misura di sicurezza patrimoniale che mira a neutralizzare l’accumulazione di ricchezza di origine illecita da parte di soggetti ritenuti socialmente pericolosi, la cui pericolosità è desunta dalla condanna per determinati reati-catalogo. Pertanto, è irrilevante se il singolo reato di detenzione d’armi abbia prodotto o meno un vantaggio economico. La Corte ha inoltre sottolineato che le valutazioni di merito, come quelle sulla congruità dei redditi e sulla correttezza delle perizie contabili, se adeguatamente motivate dal giudice che ha analizzato le prove, non possono essere rimesse in discussione in sede di legittimità. La difesa del ricorrente, insistendo su una presunta omissione di dati che invece erano stati esaminati, ha tentato di trasformare il giudizio di Cassazione in un terzo grado di merito, cosa che l’ordinamento non permette.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza conferma due principi cardine in materia di confisca allargata:
1. L’applicabilità della misura è legata alla tipologia del reato commesso e alla sproporzione patrimoniale, non alla capacità del singolo reato di generare profitto.
2. Le contestazioni relative all’analisi finanziaria e patrimoniale, che costituiscono il cuore della valutazione sulla sproporzione, devono essere adeguatamente argomentate nei gradi di merito e non possono essere riproposte in Cassazione come una semplice richiesta di rivalutazione delle prove. Questa pronuncia rafforza ulteriormente uno degli strumenti più efficaci nel contrasto alla criminalità, colpendo le organizzazioni e i singoli individui nel loro patrimonio, vero motore delle attività illecite.

La confisca allargata si applica anche se il reato commesso non produce un guadagno economico?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’applicazione della confisca allargata (art. 240-bis c.p.) non richiede che il ‘reato spia’ per cui si è stati condannati sia di per sé produttivo di ricchezza. È sufficiente la condanna per uno dei reati previsti dalla norma e l’accertamento di una sproporzione tra i beni posseduti e i redditi leciti.

Quali sono i presupposti per disporre la confisca allargata?
I presupposti sono due: in primo luogo, una condanna definitiva per uno dei reati-catalogo elencati nell’art. 240-bis c.p.; in secondo luogo, la constatazione che il condannato abbia la disponibilità, diretta o indiretta, di beni il cui valore è sproporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica svolta e di cui non sia in grado di giustificare la provenienza lecita.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione economica fatta dal giudice sulla provenienza dei fondi?
No, non direttamente. La valutazione relativa alla sproporzione tra il valore dei beni e i redditi, così come l’analisi delle deduzioni difensive sulla provenienza lecita dei fondi, è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. In sede di Cassazione è possibile censurare tale valutazione solo se la motivazione è palesemente illogica, contraddittoria o carente, ma non è possibile chiedere alla Corte di riesaminare le prove e le perizie per giungere a un risultato diverso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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