Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33632 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33632 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Locri il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/0 ( 12 24 della Corte di appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; la difesa con p.e.c. del 24 aprile 2024 ha fatto pervenire memoria di replica alle conclusioni del Sostituto Procuratore generale e, ulteriormente argomentando i motivi di ricorso, ha concluso chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’esecuzione, decidendo in sede di opposizione, ha parzialmente accolto la richiesta, proposta nell’interesse di NOME COGNOME, di revoca del sequestro e della confisca, disposta in data 19 gennaio 2021, limitandola ai beni di proprietà del predetto, eccedenti il valore di eur 71.131,07, con conferma nel resto del provvedimento opposto.
Nei confronti del COGNOME, la Corte di appello di Reggio Calabria aveva disposto ai sensi dell’art. 240-bis cod. pen. il sequestro preventivo e la confisca dei beni immobili elencati a p. 1 e 2 del provvedimento impugnato, muovendo dal presupposto che, con la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria del 16 febbraio 2018, divenuta definitiva in data 11 luglio 2019 il ricorrente era stato condannato per i reati di cui agli artt. 81,110 cod. pen., 2, 4, 7 legge n. 895 del 1967 e 7 legge n. 203 del 1991, commessi sino al 3 ottobre 2009.
Si tratta di reati cd. spia, in quanto contestati come aggravati ai sensi della art. 7 legge n. 203 del 1991, dunque, tali da legittimare l’adozione di provvedimenti ablativi per il caso di sproporzione economica, ritenendo che i costi di acquisto e di costruzione dei beni immobili sequestrati, entrati nel patrimonio del condannato tra il 2009 e il 2015, erano del tutto incompatibili con l’ammontare del reddito del nucleo familiare, raggiunto negli anni tra il 2008 e il 2018, calcolato facendo riferimento a parametri economici di settore.
All’esito del giudizio di opposizione, avverso il diniego della revoca della confisca, il Giudice dell’esecuzione, considerati gli esiti delle consulenze di parte e della perizia disposta, è giunto a disporre la revoca della confisca nei limit sopra indicati.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite dei difensori di fiducia, affidando le proprie doglianze ad un unico motivo, con il quale si deduce violazione dell’art. 240-bis cod. pen., in relazione tanto all’applicazione dell’istituto rispetto a un reato non produttivo di introiti, qua in ordine alla parziale lettura della prova, concernente la definizione effettiva della legittimità degli introiti familiari utilizzati per l’acquisto e la realizz degli immobili oggetto di provvedimento ablativo.
In primo luogo, si rileva che non è stata considerata la natura del reato per il quale il ricorrente è stato condannato.
Si evidenzia che seppure non sia necessaria la sussistenza di un nesso di pertinenzialità tra le acquisizioni patrimoniali e la commissione dell’illecito, come ritenuto dalle Sez. U, ricorrente COGNOME, in tema di prevenzione il riferimento è
-1
costituito dalla commissione di un reato tipico, produttivo di disponibilità illecite generatrici di acquisizione non diversamente giustificate rispetto alla commissione del delitto.
Il reato per il quale l’imputato è stato condannato in via definitiva è quello d detenzione e non vendita, traffico, commercio o importazione di armi. Sicché il delitto, anche se aggravato ai sensi dell’art 7 legge n. 203 del 1991, per sua natura non ha in sé la capacità di generare risorse economiche.
In tale prospettiva si richiama la giurisprudenza che ha imposto la verifica dell’esistenza della correlazione temporale tra commissione del reato e acquisizione di beni, che fonda sulla giustificazione data dalla necessità di dar conto che i beni non siano ictu °cuil, estranei al reato.
In secondo luogo, si evidenzia che i dati da cui trarre la definizione delle entrate del nucleo familiare del ricorrente, delle utilità da questi tenute disposizione e dei provenienti dall’attività d’impresa sarebbero errati.
In particolare, la difesa si riferisce alle osservazioni di cui a p. 16 e 17 d provvedimento impugnato che sono riportate per esteso.
Si deduce, con riferimento a tale punto dell’ordinanza, l’omessa considerazione di introiti costitutivi di provvista familiare lecita che è sta considerata dal perito nominato dal Giudice dell’esecuzione, genericamente “disinvestita” e che, invece, costituiva fonte lecita di acquisizione dell’incremento del patrimonio familiare, spendibile al di là del costo medio della vita.
Quindi, considerando i disinvestimenti provenienti dal nucleo familiare del ricorrente, negli anni in esame, sarebbero stati, illegittimamente, espunti dalla possibilità di utilizzare, da parte dello stesso nucleo familiare, lo svincolo di be fruttiferi della madre del ricorrente, avvenuto in data 11 dicembre 2009 per euro 26.174,37 nonché la liquidazione della polizza assicurativa del padre del ricorrente, avvenuta nell’anno 2008 per euro 32.329,20
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso con requisitoria scritta chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, stante l’assenza di tempestiva richiesta di trattazione orale, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d. I. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, come prorogato.
La difesa, AVV_NOTAIO, ha fatto pervenire a mezzo p.e.c. del 24 aprile 2024, memoria di replica, ulteriormente argomentando in ordine ai motivi di ricorso e insistendo per l’annullamento dell’impugnato provvedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è infondato.
1.1.11 primo aspetto censurato è manifestamente infondato.
La disciplina dettata dall’art. 240-bis cod. pen. non attribuisce alcun rilievo al quantum in ipotesi ricavato dall’imputato dalla commissione del c.d. “reatospia” ascrittogli.
La confisca prevista dall’art. 240-bis cod. pen., presuppone, infatti, unicamente che i beni da acquisire si trovino nella disponibilità diretta o indiretta dell’interessato, se questi sia stato dichiarato colpevole di uno dei cd. reati “spia tassativamente indicati, e che detti beni presentino un valore sproporzionato rispetto al reddito da quest’ultimo dichiarato ovvero all’attività economica dal medesimo esercitata (tra le altre, Sez. 1, n. 13242 del 10/11/2020, dep. 2021, Fortuna, Rv. 280986 – 01).
1.2. Del pari, il secondo aspetto dedotto dal ricorrente è inammissibile.
Preliminarmente si osserva, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 1555 del 21/09/2021, Arcuri, Rv. 282407), che in tema di confisca cd. allargata conseguente a condanna per uno dei reati di cui all’art. 12-sexies, commi 1 e 2, d. I. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modifiche, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 (attualmente art. 240-bis cod. pen.), non è censurabile in sede di legittimità la valutazione relativa alla sproporzione tra i valore di acquisto dei beni nella disponibilità del condannato e i redditi del suo nucleo familiare, ove la stessa sia congruamente motivata dal giudice di merito con il ricorso a parametri suscettibili di verifica e sia preceduta da un adeguato e razionale confronto con le avverse deduzioni difensive.
Il Collegio osserva che, per un verso, la censura appare versata in fatto e mira ad ottenere il riesame di circostanze di fatto riportate, tra l’altro, ne perizia non consentito in sede di legittimità.
Per altro verso, si osserva che il ricorrente si lamenta (cfr. p. 13 dell’ordinanza) del fatto che, nel computo delle entrate del nucleo familiare del ricorrente, dovevano essere prese in considerazione le somme di euro 26.174,37 di euro 32.329,20, provenienti dallo svincolo di buoni fruttiferi della madre del ricorrente e dalla liquidazione della polizza assicurativa del padre del ricorrente, operazioni che si collocano nel periodo temporale oggetto di esame peritale e che, secondo la lettura dell’elaborato peritale proposta con il ricorso, sarebbero state pretermesse.
Il Collegio osserva che, con l’opposizione, la difesa si lamentava del fatto che non fosse stato usato un metodo corretto nel valutare la situazione economico-patrimoniale del nucleo familiare del condannato e, nelle ultime conclusioni, successive all’espletamento da parte del Giudice dell’esecuzione di perizia, si è riportata alle conclusioni del consulente di parte COGNOME, nella parte i cui questi, tra gli altri punti critici non oggetto di censura nella presente sede aveva affermato che non sarebbero state prese in considerazione, nell’elaborato
peritale, le due poste derivate dallo svincolo di buoni fruttiferi e della liquidazio della polizza.
A fronte di tale specifica deduzione, devoluta con l’opposizione, a p. 16 del provvedimento impugnato, il Giudice dell’esecuzione dà atto che per giurisprudenza costante il criterio della sproporzione del reddituale non può essere ricavato esclusivamente dalle stime RAGIONE_SOCIALE, relative alla spesa media annua.
Si tratta di conclusione in linea con la giurisprudenza di questa Corte elaborata in tema di confisca di prevenzione, secondo la quale, al di fuori delle specifiche presunzioni di cui all’art. 26, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, il rapporto esistente tra il proposto e i familiari conviventi può costituir circostanza di fatto significativa della fittizietà della intestazione di beni di primo non possa dimostrare la lecita provenienza, quando il terzo familiare convivente, che risulti formalmente titolare dei cespiti, sia sprovvisto di effettiv capacità economica. Nella fattispecie cui si riferisce il precedente richiamato, la Corte di legittimità, nell’annullare con rinvio il decreto di confisca di beni intest a familiari del proposto, ha precisato che il criterio della sproporzione reddituale non può essere ricavato, esclusivamente, dalle stime RAGIONE_SOCIALE relative alla “spesa media annua” (Sez. 2, n. 14981 del 09/01/2020, Cesarano, Rv. 279224 – 01).
Ancora, ha osservato il Giudice dell’opposizione che le elaborazioni statistiche forniscono un risultato di tipo essenzialmente indiziario circa l’effettività delle spese, così uniformandosi alla giurisprudenza di legittimit secondo la quale, in tema di confisca di prevenzione, ai fini della valutazione della sproporzione tra redditi dichiarati e valore degli acquisti effettuati, si ritenuto che le spese di sostentamento del nucleo familiare del proposto, che determinano il reddito netto, rilevante per calcolare la capacità di acquisto, possono essere desunte anche dalle analisi RAGIONE_SOCIALE, precisando però che dette elaborazioni statistiche forniscono un risultato di tipo essenzialmente indiziario circa l’effettività delle spese, restando a carico della parte interessata l’oner dimostrativo della propria effettiva capacità di investimento (Sez. 2, n. 36833 del 28/09/2021, COGNOME, Rv. 282361 – 01).
Inoltre, il Giudice esecuzione ha osservato che il perito ha preso in considerazione i dati estrapolati dal sito Internet della banca dati RAGIONE_SOCIALE, relativi costo della vita negli anni 2008-2018, avuto riguardo al territorio di riferimento (Sud Italia).
Si è rilevato poi, con ragionamento lineare ed immune da illogicità manifesta, come, nella seconda consulenza tecnica di parte elaborata per confutare le conclusioni peritati, con riferimento al costo della vita ricavato dai dati RAGIONE_SOCIALE, il consulente avesse utilizzato gli stessi valori indicati dall’esp finanziario nominato quale perito dal GE. L’argomento secondo il quale il valore
della spesa media familiare in Calabria è più basso rispetto a quello genericamente riferito al Sud Italia articolato nell’atto introdutti dell’opposizione è stato ritenuto, poi, dal Giudice dell’esecuzione argomento non coltivato dalla difesa avendo il consulente tecnico di parte prestato acquiescenza alle conclusioni del perito.
Inoltre, la Corte, sull’unico, specifico argomento oggetto di contestazione nella presenta sede, ha motivato ritenendo infondata la censura sub 4, svolta dall’opponente, ritenendo che le somme di euro 26.174,37 e 32.329,20 provenienti dallo svincolo di buoni fruttiferi della madre del ricorrente e dall liquidazione della polizza assicurativa del padre, non erano state trascurate dal perito, come dedotto, ma che, anzi, queste erano state prese in esame nella valutazione complessiva svolta dal perito il quale le aveva riportate, come disinvestimenti, nella colonna E, come risulta dalle tabelle riportate nella relazione peritale a pagine 30 e 31.
In definitiva, la difesa, con l’atto l’impugnazione oggetto di esame nella presente sede, propone di ritenere dette somme costitutive di una fonte lecita di acquisizione di incremento del patrimonio familiare, spendibile al di là del costo medio della vita, che sarebbe stata pretermessa dal perito.
Si tratta, però, di deduzione generica, che non spiega le ragioni per le quali dette somme che, nell’elaborato peritale sono state considerate secondo il Giudice dell’esecuzione, invece sarebbero state del tutto pretermesse, o, comunque, erroneamente escluse dal calcolo svolto circa la sproporzione, seguendo il metodo utilizzato dall’esperto nominato. Né si allegano i punti della perizia controversi e la relazione del consulente tecnico di parte.
Né, infine, la memoria di replica rispetto alle conclusioni della parte pubblica aggiunge alcunché su tale specifico punto.
In tale sede, invero, il ricorrente assume, chiarendo meglio quanto espresso nel ricorso, che il perito considerando disinvestiti i proventi positivi introitati dal nucleo familiare COGNOME negli anni sottoposti ad esame, avrebbe illegittimamente – espunto le due somme sopra descritte dalla possibilità di utilizzazione da parte dello stesso nucleo familiare, senza altro specificare.
In ogni caso, rileva il Collegio che alla luce dell’esame dell’atto (cfr. p. 30 31 della relazione peritale) che si assume travisato, sembra, in assenza di specifiche deduzioni svolte in tal senso, che il perito, in sostanza, diversamente da quanto dedotto, consideri le due somme in questione e le indichi come “disinvestimenti” (colonna B). Quindi, l’esperto non ne ha trascurato la consistenza, espungendole dal calcolo effettuato, ma ne ha tenuto conto, ai fini della valutazione demandata dal Giudice dell’esecuzione che ha elaborato il quesito sottopostogli (cfr. tabelle riportate a pagina 9 e 10 dove, ai reddit complessivi del nucleo familiare, di cui alle colonne A, viene aggiunto anche
l’importo relativo ai “disinvestimenti” di cui alla colonna B, che si riferiscono a due somme indicate dalla difesa, tanto che l’importo del disavanzo lordo su base annua – di cui alla colonna E – viene calcolato tenendo conto anche di A+B e il disavanzo netto, denominato G, viene calcolato dai perito sottraendo ad E il costo della vita, denominato F).
2.Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 9 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente