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Confisca allargata: inammissibile ricorso del prestanome

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un sequestro finalizzato alla confisca allargata. Il ricorrente, legale rappresentante di una società, era ritenuto un mero prestanome. La Corte ha stabilito che la sproporzione patrimoniale va valutata rispetto al dominus effettivo e non al prestanome, confermando la legittimità del sequestro basato su un solido quadro indiziario di intestazione fittizia.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: la Cassazione chiarisce il ruolo del prestanome

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. Sez. 6 Num. 23228 Anno 2024) offre importanti chiarimenti sulla confisca allargata e sul suo corretto ambito di applicazione, specialmente in contesti di intestazione fittizia di beni e società. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del legale rappresentante di una società, ritenuto un mero prestanome, confermando che l’analisi sulla sproporzione patrimoniale deve concentrarsi sul proprietario effettivo e non sulla figura di facciata.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Catania aveva rigettato la richiesta di riesame contro un decreto di sequestro finalizzato alla confisca allargata (ex art. 240 bis c.p.) di una società immobiliare. Il legale rappresentante di tale società aveva proposto ricorso per cassazione, sostenendo l’illogicità della motivazione e la violazione di legge, asserendo che la provenienza lecita degli elementi patrimoniali era stata dimostrata.

Tuttavia, le indagini avevano delineato un quadro diverso. La società era ritenuta parte di un complesso schema societario creato per riciclare i proventi di un’organizzazione criminale di stampo mafioso. Il legale rappresentante era considerato una semplice “testa di legno”, mentre il vero dominus e beneficiario economico delle attività era un altro soggetto, gravemente indiziato di essere il referente imprenditoriale della cosca.

Il Principio della Confisca Allargata applicato al Dominus

Il nodo centrale della questione riguarda l’individuazione del soggetto su cui effettuare la valutazione di sproporzione tra patrimonio e reddito, presupposto della confisca allargata. La difesa del ricorrente si era concentrata sulla regolarità formale dei flussi finanziari della società. I giudici, sia di merito che di legittimità, hanno invece spostato il focus dal prestanome al proprietario effettivo.

La Corte ha ribadito che, in presenza di un’intestazione fittizia, il presupposto della sproporzione deve essere verificato in capo al soggetto che ha la reale disponibilità dei beni, il cosiddetto deus ex machina. Nel caso di specie, quest’ultimo risultava avere redditi scarsissimi o nulli, a fronte della disponibilità di un ingente patrimonio societario e immobiliare. L’apparente trasparenza delle operazioni societarie era, in realtà, funzionale a mascherare l’origine illecita del denaro.

I Limiti del Ricorso in Cassazione in Materia Cautelare

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i limiti del proprio sindacato sui provvedimenti in materia di misure cautelari reali. Il ricorso è ammesso solo per violazione di legge e non per contestare l’apprezzamento dei fatti operato dal giudice del riesame. Una motivazione illogica è censurabile solo se il vizio è così radicale da renderla inesistente o incomprensibile.

Nel caso analizzato, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché, invece di denunciare una reale violazione di legge, tentava di ottenere una nuova valutazione del materiale probatorio. Il ricorrente non aveva efficacemente “dialogato” con le argomentazioni del Tribunale, omettendo di contestare il punto cruciale della decisione: il suo ruolo di mero prestanome e la riconducibilità della società a un soggetto terzo.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso per diverse ragioni convergenti. In primo luogo, ha evidenziato come il ricorrente avesse proposto un vizio di motivazione (ex art. 606, co. 1, lett. e) c.p.p.), un motivo generalmente non ammesso contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo, se non nei casi di vizio radicale. Inoltre, il ricorso è stato considerato generico e aspecifico, poiché ha bypassato la ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito, incentrata sull’intestazione fittizia della società e sulla sua inclusione in un “sistema” di riciclaggio. La difesa, secondo la Corte, ha commesso un “errore di fondo” nel focalizzarsi sulla provenienza lecita dei redditi del prestanome, ignorando che l’indagine patrimoniale doveva essere diretta nei confronti del dominus effettivo, i cui redditi erano palesemente sproporzionati rispetto ai beni posseduti.

Le conclusioni

La sentenza rafforza un principio fondamentale nella lotta alla criminalità economica: le misure patrimoniali come la confisca allargata devono colpire la ricchezza illecita nel suo nucleo effettivo, superando gli schermi formali. Per contestare efficacemente un sequestro di questo tipo, non è sufficiente dimostrare una regolarità contabile apparente, ma è necessario smontare l’impianto probatorio che sorregge l’accusa di intestazione fittizia. Il giudizio di legittimità non è la sede per una rivalutazione dei fatti, ma solo per la verifica della corretta applicazione della legge, che in questo caso è stata pienamente confermata.

In un caso di sequestro per confisca allargata, la sproporzione tra beni e reddito va valutata rispetto al titolare formale (prestanome) o al proprietario effettivo (dominus)?
La sentenza chiarisce che la valutazione della sproporzione patrimoniale deve essere effettuata nei confronti del dominus effettivo, ovvero colui che ha la reale disponibilità dei beni, e non del prestanome o titolare fittizio.

È possibile contestare un sequestro in Cassazione semplicemente affermando la provenienza lecita dei beni?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non è sufficiente affermare la provenienza lecita dei beni se non si contesta l’impianto accusatorio principale, come l’esistenza di un’intestazione fittizia e il ruolo di prestanome. Il ricorso deve evidenziare una violazione di legge, non un diverso apprezzamento dei fatti.

Quali sono i limiti del ricorso in Cassazione contro un provvedimento di sequestro preventivo?
Il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per “violazione di legge”. Non è possibile chiedere alla Corte di riesaminare le prove o i fatti del caso, ma solo di verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e l’assenza di vizi logici radicali nella motivazione del giudice precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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