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Confisca Allargata: Fondi illeciti non sanabili

La Corte di Cassazione ha stabilito che la ‘confisca allargata’ è legittima anche quando i beni sono acquistati con fondi derivanti da polizze assicurative svincolate, qualora si dimostri che i premi originariamente versati provenivano da attività illecite. In questo caso, nonostante la richiesta di revoca basata su tale provvista, i giudici hanno confermato la confisca analizzando a ritroso l’origine del denaro, rivelatasi sproporzionata rispetto ai redditi leciti del condannato e riconducibile a reati come l’usura.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: L’Origine Illecita dei Fondi Non Si ‘Pulisce’ con le Polizze Assicurative

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 37494 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di confisca allargata: l’utilizzo di strumenti finanziari, come le polizze assicurative, non è sufficiente a ‘ripulire’ la provenienza illecita del denaro. Se i fondi originariamente investiti sono frutto di reato, i beni acquistati con il capitale disinvestito restano aggredibili. Questo principio chiarisce come il controllo sulla sproporzione tra reddito e patrimonio vada oltre la facciata di operazioni apparentemente lecite.

Il Caso: Dalla Confisca alla Richiesta di Revoca

La vicenda giudiziaria trae origine da una confisca disposta nel 2012 a carico di un soggetto per un appartamento, un terreno e un’autovettura di lusso. Anni dopo, il condannato presentava un’istanza per ottenere la revoca di tale misura, sostenendo di avere acquistato quei beni con la provvista derivante dallo svincolo di alcune polizze assicurative, avvenuto nel 2007.

L’Iter Giudiziario e il Ruolo delle ‘Prove Nuove’

La richiesta di revoca si basava su quella che, in termini tecnici, viene definita una ‘prova nuova’ (o ‘nova’): lo svincolo delle polizze, un fatto non pienamente valutato nel giudizio di cognizione originario. In un primo momento, la Corte di Cassazione aveva annullato un precedente diniego della Corte di Appello, incaricandola di valutare con maggiore attenzione questo nuovo elemento.

Tuttavia, nel successivo giudizio di rinvio, la Corte di Appello ha nuovamente rigettato l’istanza, ma questa volta con una motivazione più approfondita, poi confermata in via definitiva dalla Cassazione con la sentenza in esame. L’analisi dei giudici non si è fermata alla provenienza dei fondi dal disinvestimento, ma è andata a ritroso, indagando sull’origine del denaro usato per sottoscrivere quelle stesse polizze a partire dal 2001.

La Decisione della Cassazione sulla confisca allargata

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto cruciale della sentenza risiede nell’aver stabilito che l’analisi sulla liceità della provvista non può essere superficiale. Anche se i beni confiscati sono stati acquistati con somme formalmente lecite (il capitale liquidato da un prodotto assicurativo), la confisca allargata rimane legittima se si dimostra che i capitali inizialmente investiti in quel prodotto erano di origine illecita.

L’Analisi a ritroso: l’origine dei premi assicurativi

La Corte ha evidenziato come, all’epoca della sottoscrizione delle polizze, il soggetto fosse sostanzialmente ‘impossidente’ e non avesse redditi leciti dichiarati in grado di giustificare investimenti così cospicui. Anzi, è emerso che proprio in quegli anni l’uomo era stato condannato in via definitiva per diversi reati di usura. Di conseguenza, i giudici hanno concluso che il denaro investito nelle polizze era il frutto di tali attività criminose.

Le Motivazioni: la confisca allargata e la sproporzione

La motivazione della sentenza si fonda sull’articolo 240-bis del codice penale, che disciplina la confisca allargata. Questa misura non colpisce solo il profitto diretto del reato per cui è intervenuta la condanna, ma tutti i beni di cui il condannato è titolare in modo sproporzionato rispetto al proprio reddito e per i quali non riesce a fornire una giustificazione lecita.

La Corte chiarisce che la ‘mediazione’ operata da strumenti contrattuali come una polizza assicurativa o un mutuo non interrompe il nesso tra l’attività illecita e l’arricchimento finale. In altre parole, usare denaro sporco per pagare i premi di una polizza non rende ‘pulito’ il capitale che verrà liquidato alla scadenza o allo svincolo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione ha importanti implicazioni pratiche. Conferma che, nell’ambito della confisca allargata, gli organi giudiziari sono tenuti a svolgere un’indagine patrimoniale approfondita, che non si ferma alle apparenze. L’onere della prova sulla provenienza lecita dei fondi grava sul condannato, e qualsiasi tentativo di ‘schermare’ capitali illeciti attraverso operazioni finanziarie intermedie è destinato a fallire se l’origine del denaro non è convincentemente giustificata. Per i cittadini e i professionisti, questo significa che la tracciabilità e la liceità delle fonti di reddito sono elementi imprescindibili per la sicurezza del proprio patrimonio, specialmente in contesti che potrebbero essere oggetto di accertamenti penali.

È possibile chiedere la revoca di una confisca allargata già disposta con sentenza definitiva?
Sì, la sentenza chiarisce che è possibile chiedere in sede di esecuzione la revoca della confisca allargata, ad esempio sulla base di ‘prove nuove’, cioè elementi non valutati nel precedente giudizio.

Se acquisto un bene con i soldi derivanti dallo svincolo di una polizza assicurativa, la sua provenienza è considerata lecita?
Non necessariamente. Come stabilito in questo caso, se i fondi utilizzati per pagare i premi di quella polizza erano di origine illecita o ingiustificata rispetto al reddito, anche il capitale liquidato viene considerato ‘contaminato’. Di conseguenza, i beni acquistati con esso sono soggetti a confisca.

Cosa si intende per ‘sproporzione’ ai fini della confisca allargata?
La sproporzione è la palese incongruenza tra il valore dei beni posseduti da una persona e i redditi leciti da questa dichiarati o la sua attività economica. Se il condannato non riesce a giustificare la legittima provenienza di tale ricchezza in eccesso, i beni possono essere confiscati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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