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Confisca allargata e terzo: il ruolo della moglie

La Corte di Cassazione ha confermato il sequestro di un immobile finalizzato alla confisca allargata, sebbene fosse intestato alla moglie dell’imputato. La decisione si fonda sulla prova che l’acquisto è avvenuto con proventi illeciti del marito, derivanti da una lunga attività di narcotraffico. La Corte ha ritenuto irrilevante la titolarità formale del bene, dando peso alla sproporzione tra i redditi leciti della coppia e il valore dell’immobile, e alla sussistenza di un collegamento temporale ragionevole tra l’attività criminale e l’investimento, configurando un’ipotesi di interposizione reale.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: Sequestrabile la Casa Intestata alla Moglie se Acquistata con Fondi Illeciti del Marito

La confisca allargata rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per contrastare l’accumulazione di patrimoni di origine criminale. Ma cosa succede quando i beni, pur essendo stati acquistati con proventi illeciti, sono formalmente intestati a un terzo, come il coniuge dell’imputato? Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione torna a delineare i confini tra titolarità formale e disponibilità sostanziale, confermando la legittimità del sequestro di un immobile intestato alla moglie di un soggetto accusato di narcotraffico internazionale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca ex art. 240-bis c.p., emesso dal G.i.p. del Tribunale di Milano su un immobile di proprietà della moglie di un uomo gravemente indiziato per il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La misura cautelare reale veniva confermata in prima battuta dal Tribunale, ma successivamente annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione per un difetto di motivazione.

Nel successivo giudizio di rinvio, il Tribunale di Milano confermava nuovamente il sequestro. Contro questa seconda ordinanza, la moglie proponeva ricorso per cassazione, sostenendo diversi motivi. In sintesi, la difesa argomentava che l’immobile era stato acquistato con fondi leciti, in parte derivanti dai propri redditi e in parte da legittime attività imprenditoriali del marito svolte in Africa, iniziate ben prima del periodo a cui si riferivano le contestazioni penali. Inoltre, l’intestazione esclusiva a suo nome era dovuta unicamente allo stato di latitanza del marito al momento del rogito, ma l’intenzione originaria era quella di un acquisto in comproprietà.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo le argomentazioni della ricorrente infondate e giudicando la motivazione dell’ordinanza impugnata logica, coerente e non meramente apparente. I giudici di legittimità hanno stabilito che il Tribunale di Milano, nel giudizio di rinvio, aveva correttamente adempiuto all’onere motivazionale, fornendo elementi concreti a sostegno della riconducibilità dell’immobile alla sfera patrimoniale illecita del marito.

Le Motivazioni: la prova della provenienza illecita nella confisca allargata

Il fulcro della decisione risiede nell’analisi dei presupposti per l’applicazione della confisca allargata a beni intestati a terzi. La Corte ha chiarito diversi principi fondamentali.

L’Onere della Prova in caso di Intestazione a Terzi

A differenza del caso in cui il bene è intestato direttamente all’imputato, quando il titolare formale è un terzo (in questo caso, il coniuge), non opera la presunzione di illecita provenienza. Spetta all’accusa dimostrare che si è in presenza di un’interposizione (fittizia o, come nel caso di specie, reale) e che il bene, pur formalmente altrui, è nella disponibilità effettiva dell’imputato ed è stato acquistato con proventi delle sue attività criminali. La semplice sproporzione tra il reddito del terzo e il valore del bene non è sufficiente, ma costituisce un elemento logico a sostegno della tesi accusatoria.

Il Principio di ‘Ragionevolezza Temporale’ Esteso

La difesa aveva tentato di scardinare il nesso tra il reato e l’acquisto, sostenendo che i pagamenti dell’immobile erano avvenuti prima del periodo di commissione del reato associativo contestato (dal 2020). La Corte ha avallato la valutazione del Tribunale, che ha ritenuto di poter retrodatare l’attività criminosa del marito. Basandosi su dichiarazioni di collaboratori di giustizia e sul contenuto di chat criptate, i giudici di merito hanno concluso che l’imputato era dedito al narcotraffico da decenni (‘è trent’anni che facciamo sto’ lavoro’) e che le sue attività imprenditoriali in Africa erano funzionali al reinvestimento dei proventi illeciti. Si è così stabilito un collegamento cronologico ‘ragionevole’ tra un’attività criminale di lunga data e l’accumulazione delle risorse necessarie all’acquisto.

L’Insufficienza dei Redditi Leciti e l’Interposizione Reale

La Corte ha inoltre ritenuto provata l’impossibilità per la moglie di far fronte all’investimento con i propri redditi, che risultavano esigui o nulli negli anni in cui venivano effettuati i principali pagamenti. La stessa ammissione della ricorrente, secondo cui era stato il marito a farsi carico degli oneri economici, ha rafforzato la tesi dell’accusa. La situazione è stata quindi qualificata come un’ipotesi di ‘interposizione reale’, in cui la moglie è diventata a tutti gli effetti la proprietaria legale dell’immobile, ma agendo come fiduciaria del marito, vero dominus dell’operazione, finanziata con i suoi capitali di provenienza illecita.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio in materia di misure patrimoniali: la titolarità formale di un bene non costituisce uno schermo invalicabile contro la confisca allargata. Quando l’accusa fornisce un quadro probatorio solido, basato su elementi gravi, precisi e concordanti, i giudici possono superare l’apparenza giuridica per accertare la realtà sostanziale. Per i terzi, in particolare per i familiari di soggetti coinvolti in gravi reati, ciò significa che la semplice intestazione di un bene non è sufficiente a garantirne la sicurezza patrimoniale se non è supportata da una trasparente e dimostrabile capacità reddituale autonoma che ne giustifichi l’acquisto.

Quando un bene intestato a un coniuge può essere oggetto di confisca allargata?
Un bene intestato a un coniuge può essere sottoposto a confisca allargata quando l’accusa dimostra che, nonostante la titolarità formale, esso è stato acquistato con fondi di provenienza illecita dell’altro coniuge (l’imputato) e rientra nella sua effettiva disponibilità e sfera di interessi.

Cosa si intende per ‘ragionevolezza temporale’ nella confisca?
Per ‘ragionevolezza temporale’ si intende la necessità di un collegamento cronologico plausibile tra l’attività illecita dell’imputato e l’acquisizione dei beni. La sentenza chiarisce che i giudici possono basarsi su prove che dimostrano l’inizio dell’attività criminale in un’epoca molto precedente a quella formalmente contestata nel capo d’imputazione.

In caso di confisca di un bene intestato a un terzo, su chi grava l’onere della prova?
L’onere della prova grava interamente sull’accusa. Non è sufficiente dimostrare la sproporzione tra il valore del bene e il reddito del terzo; l’accusa deve provare concretamente la discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva, dimostrando che il bene è di fatto riconducibile all’imputato e acquistato con i suoi proventi illeciti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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