Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18431 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18431 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nata a ROMA il 17/05/1990
avverso la ordinanza del 12/12/2024 del TRIBUNALE LIBERTA’ ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG presso la Corte di Cassazione
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 27/12/2014, il Tribunale di Roma, decidendo in sede di riesame, ha confermato il provvedimento del Giudice per le indagini preliminare che ha disposto il sequestro preventivo di alcuni orologi di lusso nella disponibilità di NOME la cui proprietà Ł stata rivendicata da NOME che ha promosso la procedura di riesame in qualità di proprietaria, terza interessata alla restituzione.
I predetti orologi (n. 4 orologi di marca Rolex) erano oggetto del provvedimento di sequestro per sproporzione emesso dal G.i.p. in data 14/4/2022; successivamente ne era stata disposta la confisca con sentenza di condanna del 13/12/2022 emessa a carico di NOME per il delitto di cui all’art. 74, d.P.R. 309/90, condanna confermata in grado di appello.
Il Tribunale ha ritenuto di condividere le ragioni del provvedimento ablatorio, sostenendo che non fosse stata adeguatamente documentata la proprietà dei beni in capo alla richiedente. Ha osservato come gli orologi di marca in sequestro siano connotati da un peculiare regime di circolazione, che prevede il trasferimento accompagnato da documentazione di acquisto proveniente da rivenditori autorizzati. Nel caso in esame la ricorrente, pur avendo prodotto dichiarazioni asseveranti la provenienza da donazioni, non ha fornito prova dell’originario acquisto.
Avverso il provvedimento di cui sopra ha proposto ricorso per cassazione l’interessata al
dissequestro, articolando i seguenti motivi di doglianza.
I) Erronea applicazione della legge penale in tema di confisca allargata; violazione delle norme processuali in materia di gravità indiziaria; violazione del principio costituzionale della presunzione d’innocenza.
Priva di fondamento sarebbe l’affermazione secondo cui i beni oggetto di confisca non possano ritenersi di proprietà della ricorrente.
Alla luce della documentazione prodotta (fotografie e verbali di indagini difensive) emergerebbe chiaramente come gli orologi fossero di proprietà esclusiva della sig.ra NOME COGNOME, essendo stati peraltro rinvenuti nella sua abitazione; inoltre, dall’analisi del carteggio processuale appare evidente come l’Ufficio dl Procura, per il tramite della Polizia Giudiziaria, non abbia svolto alcun tipo di accertamento in ordine alla provenienza della merce oggetto del provvedimento di sequestro.
Non si può ritenere che l’applicazione di tale misura possa prescindere dal rispetto delle garanzie del giusto processo e del principio di non colpevolezza.
Anche nei confronti del terzo interessato l’accertamento dei presupposti dell’ablazione deve seguire il criterio imposto dal principio costituzionale per cui l’onus probandi incombe su chi avanzi la pretesa, in questo caso il pubblico ministero.
La presunzione di non colpevolezza non può non valere anche per il terzo, non potendosi ammettere che, a fronte della medesima sanzione (la confisca), le due posizioni – quella dell’imputato e del terzo – vengano differenziate.
Peraltro, nella struttura dell’art 240 cod. pen. e delle altre disposizioni in materia la non appartenenza a persona estranea al reato opera quale condizione di legalità della misura.
Ciò significa che Ł il giudice, a dover accertare in positivo, in caso di confisca, che il bene sia nella effettiva disponibilità dell’imputato e, qualora risulti formalmente intestato a persona diversa, che tale intestazione sia meramente fittizia oppure che il terzo sia coinvolto nel reato o versi in mala fede.
II) Violazione di legge. Erronea interpretazione ed applicazione del d.lgs. 5 luglio 2017.
Parimenti infondata risulterebbe l’affermazione contenuta a pag. 3 dell’impugnato provvedimento, secondo cui i preziosi oggetto di confisca sono suscettibili di circolare con modalità documentabili.
In primo luogo, come risulta dall’informativa intitolata «Esiti accertamenti eseguiti presso la RAGIONE_SOCIALE», gli orologi in sequestro risultano essere usati (c.d. «secondi polsi») e, dunque, non potevano essere registrati a nome di NOME COGNOME.
Inoltre, gli obblighi di documentazione anche per gli orologi usati sono diventati operativi solamente dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 92 del 5 luglio 2017, che ha introdotto importanti novità al fine di tracciare l’acquisto di preziosi, tra cui gli orologi.
Tuttavia, così come si evince dalla memoria difensiva e dalla documentazione ad essa allegata, l’acquisto di tali beni Ł avvenuto in un periodo antecedente rispetto all’entrata in vigore della summenzionata novella legislativa e, pertanto, il trasferimento di tali oggetti non necessitava di particolari formalità di registrazione e di pagamento.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
In linea generale, quanto alla legittimazione a ricorrere del terzo interessato nel caso di confisca, si osserva come le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 48126 del 20/7/2017, COGNOME, Rv. 270938, abbiano riconosciuto al terzo interessato rimasto estraneo al processo, proprietario del bene già in sequestro, di cui sia stata disposta con sentenza la confisca, la possibilità di chiedere al giudice della cognizione, prima che la pronuncia diventi irrevocabile, la restituzione del bene e, in caso di diniego, di proporre appello dinanzi al Tribunale del riesame.
Quanto ai limiti del rimedio esperibile, il terzo può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità e la proprietà dei beni sottoposti a vincolo, assolvendo al relativo onere di allegazione, rimanendo però del tutto estraneo ad ogni questione giuridica relativa ai presupposti della confisca (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 1251 del 07/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287474).
Sempre in via generale, deve aggiungersi come nel caso dell’istituto della confisca c.d. allargata, disciplinata all’art. 240-bis cod. pen., venga in rilievo la effettiva disponibilità del bene in capo al condannato, oltre al presupposto della sproporzione rispetto al suo reddito: il bene, pertanto, potrà essere sottoposto a sequestro ed alla successiva confisca anche se intestato ad un terzo ove sia dimostrata la titolarità fittizia.
Soltanto nella diversa ipotesi della confisca ex art. 240 cod. pen. la proprietà del bene in capo ad un soggetto rimasto estraneo al reato Ł ostativa al sequestro.
Deve pure osservarsi, in via preliminare, come il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti del Tribunale, quale giudice del riesame reale, possano essere proposti, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., solo per violazione di legge e dunque, con riferimento agli accertamenti in fatto, soltanto in caso di assenza o mera apparenza della motivazione .
4. Ciò premesso, il primo motivo di ricorso Ł palesemente destituito di fondamento.
La ricorrente, terza estranea al reato, nel rivendicare la proprietà degli orologi sequestrati e confiscati al marito NOME solo apparentemente articola deduzioni suscettibili di sostenere il lamentato vizio della violazione di legge e della erronea applicazione delle norme penali in materia di confisca e di onere probatorio. In realtà, non solo le doglianze non trovano riscontro nella lettura del provvedimento, ma la prospettazione difensiva posta a fondamento delle censure svolte nel primo motivo di ricorso si discosta dalla disciplina codicistica e dai principi ermeneutici stabiliti in sede di legittimità.
L’assimilazione contenuta nel ricorso della posizione della ricorrente a quella dell’imputato Ł del tutto inconferente: in tema di confisca allargata, applicabile al decalogo di reati di cui all’art. 240-bis cod. pen., vige una presunzione di derivazione illecita del bene ove si accerti la sproporzione tra i redditi dell’autore del reato e i beni da questi posseduti.
Il terzo che sia proprietario di un bene oggetto di sequestro ai fini di confisca ex art. 240-bis cod. pen., ove richieda la sua restituzione, deve dimostrare, mediante idonee allegazioni, di essere proprietario; sicchØ, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, incombe sul terzo interessato l’onere della prova circa la sua qualità di proprietario, avente diritto alla restituzione.
Del pari inammissibile Ł il secondo motivo di ricorso.
I giudici del riesame, con argomentare logico, hanno valutato inadeguate le allegazioni offerte dall’interessata ai fini della dimostrazione della sua qualità di proprietaria dei beni in sequestro.
Indipendentemente dalla disciplina sulla circolazione dei preziosi, recepita in via normativa con d. lgs. 92/2017 (contenente disposizioni per l’esercizio dell’attività di compro oro), il Tribunale del riesame ha ritenuto non dimostrato l’acquisto originario degli orologi di lusso, acquisto che sempre si accompagna a documenti di vendita e certificati di garanzia.
Ha invero osservato come la suocera della ricorrente si fosse limitata ad indicare in quali occasioni aveva donato gli oggetti preziosi ad NOME, senza però fornire elementi in ordine alle circostanze dell’acquisto dei beni; egualmente, con riferimento all’orologio risalente all’anno 1979, ha evidenziato come la ricorrente non avesse prodotto elementi relativi all’acquisto ed al pregresso possesso familiare dell’orologio.
Trattasi, all’evidenza, di argomentazioni non censurabili in questa sede sotto il profilo dell’apparenza della motivazione, vizio legittimante il sindacato di questa Corte in materia.
Quanto alla lamentata violazione delle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 92/2017, Ł d’uopo rilevare come, anche prima della introduzione di tale normativa, in vigore dal 5/7/2017, gli orologi di cui si tratta fossero assoggettati ad un regime di circolazione ben documentabile; risulta, pertanto, sostenuta da valide argomentazioni l’osservazione contenuta nella ordinanza, in base alla quale la proprietà dei beni avrebbe dovuto essere dimostrata attraverso idonea documentazione di acquisto.
Consegue alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME