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Confisca allargata e onere della prova del terzo

La Corte di Cassazione ha stabilito che, nel contesto della confisca allargata, spetta al terzo che rivendica la proprietà di un bene dimostrarne la provenienza lecita. Il caso riguardava alcuni orologi di lusso, confiscati a un soggetto condannato, la cui moglie ne reclamava la proprietà sostenendo fossero donazioni. La Corte ha ritenuto insufficienti tali prove, confermando che l’onere della prova incombe sul terzo interessato alla restituzione e non sull’accusa.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: L’Onere della Prova del Terzo Proprietario

La disciplina della confisca allargata rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dello Stato per colpire i patrimoni di provenienza illecita. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce un aspetto fondamentale di questo istituto: l’onere della prova quando un terzo soggetto rivendica la proprietà di un bene sequestrato. La pronuncia analizza il caso della confisca di alcuni orologi di lusso, offrendo spunti cruciali per comprendere chi deve dimostrare cosa in questi complessi procedimenti.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dal sequestro preventivo di quattro orologi di lusso, appartenenti a una nota marca, trovati nella disponibilità di un uomo condannato per gravi reati. Successivamente al sequestro, disposto per sproporzione rispetto ai redditi, i beni venivano confiscati con la sentenza di condanna.

Una terza persona, la moglie del condannato, si opponeva alla confisca, rivendicando la proprietà esclusiva degli orologi. A sostegno della sua tesi, presentava delle dichiarazioni che attestavano la provenienza dei beni da donazioni. Tuttavia, il Tribunale del riesame confermava il provvedimento ablatorio, ritenendo che la donna non avesse documentato adeguatamente la proprietà. In particolare, i giudici sottolineavano che beni di quel valore hanno un regime di circolazione che prevede documentazione di acquisto e certificati di garanzia, prove che la ricorrente non era stata in grado di fornire.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla confisca allargata

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso della donna inammissibile, confermando di fatto la confisca degli orologi. La decisione si fonda su un principio cardine in materia di confisca allargata (disciplinata dall’art. 240-bis del codice penale): l’inversione dell’onere della prova.

I giudici hanno chiarito che, a differenza della confisca ordinaria, in quella allargata opera una presunzione di illecita provenienza dei beni quando vi è una manifesta sproporzione tra il loro valore e il reddito del condannato. In questo scenario, non è l’accusa a dover provare che il bene appartiene effettivamente al condannato, ma è il terzo che ne rivendica la proprietà a dover dimostrare, con prove concrete e adeguate, la propria titolarità e la provenienza lecita dei fondi utilizzati per l’acquisto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha smontato le argomentazioni della ricorrente punto per punto. Innanzitutto, ha ribadito che il terzo che chiede la restituzione di un bene sottoposto a confisca allargata deve fornire allegazioni idonee a dimostrare la sua qualità di proprietario. Non può limitarsi a contestare la ricostruzione dell’accusa, ma deve assumere un ruolo attivo, provando il suo diritto. Le semplici dichiarazioni sulla provenienza da donazioni sono state giudicate insufficienti, in quanto non dimostravano l’acquisto originario e legittimo dei beni.

In secondo luogo, la Cassazione ha affrontato la questione della normativa sulla tracciabilità dei preziosi (d.lgs. 92/2017). La ricorrente sosteneva che, al momento dell’acquisto, tale legge non fosse ancora in vigore. La Corte ha ritenuto l’argomento irrilevante, osservando che, anche prima di tale normativa, la circolazione di orologi di lusso è da sempre accompagnata da una documentazione specifica (certificati, garanzie, documenti di vendita) che ne attesta l’autenticità e la provenienza. L’assenza di tale documentazione è stata considerata un elemento a sostegno della decisione del Tribunale.

Il ragionamento del Tribunale, secondo la Cassazione, non è stato né assente né meramente apparente, ma logico e ben argomentato, e pertanto non censurabile in sede di legittimità, dove il giudizio è limitato alla sola violazione di legge.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di estrema importanza. Chiunque si trovi a rivendicare la proprietà di beni sequestrati nell’ambito di un procedimento per confisca allargata deve essere consapevole che su di lui grava un pesante onere probatorio. Non è sufficiente affermare di essere il proprietario o di aver ricevuto il bene in dono; è necessario fornire prove documentali solide e convincenti che attestino l’acquisto legittimo e la propria estraneità ai fatti illeciti. In assenza di una prova rigorosa, la presunzione di illecita provenienza prevarrà, con la conseguente perdita definitiva del bene.

In caso di confisca allargata, chi deve provare la proprietà lecita di un bene, lo Stato o il terzo che lo rivendica?
Secondo la Corte di Cassazione, nella confisca allargata (art. 240-bis c.p.) l’onere della prova incombe sul terzo interessato. È quest’ultimo che deve dimostrare, mediante allegazioni idonee, di essere il legittimo proprietario e di aver acquistato il bene con fondi leciti.

Una semplice dichiarazione di aver ricevuto un bene in regalo è sufficiente per evitarne la confisca allargata?
No. La sentenza chiarisce che le sole dichiarazioni, anche se asseverate, che attestano una donazione non sono sufficienti a vincere la presunzione di illecita provenienza se non sono accompagnate da prove sull’originario acquisto legittimo del bene.

La mancanza di documenti di acquisto per beni di lusso, come orologi preziosi, può giustificarne la confisca?
Sì. La Corte ha ritenuto che, indipendentemente da normative specifiche sulla tracciabilità, i beni di lusso circolano abitualmente con una documentazione che ne attesta l’acquisto e l’autenticità (certificati, garanzie). La mancanza di tale documentazione è un elemento che i giudici possono valutare negativamente nel decidere sulla richiesta di restituzione del terzo proprietario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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