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Confisca allargata: beni sequestrati anche con assoluzione

Un imprenditore viene assolto dall’accusa di intestazione fittizia di beni, ma il suo patrimonio aziendale e i conti correnti rimangono sotto sequestro. La Corte di Cassazione chiarisce che la confisca allargata, applicata ad altri coimputati per reati associativi, giustifica il mantenimento del vincolo. Questo tipo di misura non richiede un nesso diretto tra bene e reato, ma si basa sulla sproporzione patrimoniale, rendendo inefficace una difesa basata su concetti della confisca ordinaria.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: Perché i Beni Restano Sequestrati Anche in Caso di Assoluzione

Può un imprenditore, assolto dall’accusa di intestazione fittizia, vedersi comunque negare la restituzione dei propri beni, tra cui conti correnti e un’intera azienda? La risposta è affermativa, e la chiave risiede in un potente strumento di contrasto alla criminalità economica: la confisca allargata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi cardine di questa misura, evidenziando come la sua applicazione possa prescindere dalle sorti processuali del singolo individuo, se il patrimonio è collegato ad altri soggetti condannati per gravi reati.

Il Caso: Assoluzione dal Reato ma Sequestro Confermato

La vicenda giudiziaria ha origine da un procedimento penale complesso che vedeva coinvolti più soggetti. Un imprenditore, accusato del delitto di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.), viene assolto con la formula “perché il fatto non costituisce reato”. Di conseguenza, la confisca disposta nei suoi diretti confronti viene formalmente revocata. Tuttavia, i suoi beni, consistenti nei saldi di conti correnti e nell’intero compendio aziendale di una S.r.l., rimangono sotto sequestro preventivo. La difesa dell’imprenditore presenta appello contro tale decisione, ma il Tribunale del riesame lo dichiara inammissibile. La questione giunge così all’esame della Corte di Cassazione.

La Difesa e i Motivi del Ricorso in Cassazione

La linea difensiva si basava su tre argomenti principali:

1. Erronea inammissibilità dell’appello: Si sosteneva che l’ordinanza della Corte di Appello fosse autonomamente impugnabile.
2. Mancanza di valutazione nel merito: Il Tribunale del riesame non avrebbe esaminato la censura cruciale, ovvero la mancanza di un nesso di pertinenzialità tra i beni sequestrati e le condotte associative attribuite agli altri coimputati, condannati in via definitiva.
3. Insussistenza di preclusioni processuali: Si contestava l’idea che la pendenza di un altro ricorso per Cassazione (relativo solo alla pena per un reato di armi) potesse bloccare l’esame dell’appello sul sequestro.

In sostanza, la difesa chiedeva ai giudici di riconoscere che, una volta assolto il proprio assistito, i beni a lui riconducibili avrebbero dovuto essere immediatamente restituiti, non essendoci prova di un loro legame diretto con i reati commessi dagli altri.

La Chiave di Volta: La Differenza tra Confisca Ordinaria e Confisca Allargata

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, chiarisce un punto fondamentale che costituisce il cuore della decisione. L’errore della difesa è stato quello di impostare il ricorso sui principi della confisca ordinaria (art. 240 c.p.), che richiede la prova del cosiddetto “nesso di pertinenzialità”, ossia un legame diretto tra il bene da confiscare (come profitto, prodotto o prezzo del reato) e il reato stesso.

Nel caso di specie, invece, il sequestro era finalizzato alla confisca allargata (o per sproporzione), disciplinata dall’art. 240-bis c.p. Questa misura ha presupposti e finalità completamente diversi. Essa:

* Si applica a seguito di condanna per specifici e gravi reati (i cosiddetti “reati spia”, come l’associazione a delinquere aggravata).
* Colpisce beni di cui il condannato è titolare (anche per interposta persona) il cui valore è sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta.
* Non richiede la prova che quei beni siano il frutto diretto del reato per cui è intervenuta condanna. Si fonda, infatti, su una presunzione legale: la sproporzione patrimoniale, unita alla condanna per un reato spia, fa ritenere che tali ricchezze abbiano un’origine illecita.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla confisca allargata

La Corte di Cassazione ha spiegato che, sebbene l’imprenditore fosse stato assolto e la confisca nei suoi confronti revocata, il vincolo sui beni era stato mantenuto in relazione alla posizione degli altri imputati, condannati per il delitto associativo aggravato (art. 416-bis.1 c.p.). Era proprio questa condanna a fungere da presupposto per la confisca allargata sui beni che, secondo l’accusa, erano nella loro disponibilità, seppur formalmente intestati all’imprenditore assolto.

Di conseguenza, la doglianza della difesa sulla mancanza del nesso di pertinenzialità è stata giudicata “aspecifica” e “generica”. Contestare l’assenza di un legame diretto tra i beni e il reato è un argomento irrilevante nell’ambito della confisca allargata. La difesa avrebbe dovuto, invece, confrontarsi con i presupposti specifici di tale istituto, ad esempio contestando la sproporzione patrimoniale o la riconducibilità dei beni ai soggetti condannati.

Il ricorso, essendo fondato su un presupposto giuridico errato e non pertinente al caso di specie, è stato dichiarato inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce la potenza dello strumento della confisca allargata come misura di aggressione ai patrimoni di presunta origine illecita, superando le rigidità probatorie della confisca tradizionale. In secondo luogo, dimostra come, in contesti plurisoggettivi, le vicende patrimoniali possano essere strettamente interconnesse: l’assoluzione di un soggetto non garantisce automaticamente la liberazione dei beni a lui intestati, se questi sono ritenuti nella disponibilità di altri soggetti condannati per reati che attivano la presunzione di illecita accumulazione. Infine, la sentenza sottolinea un principio processuale cruciale: le impugnazioni devono essere specifiche e pertinenti. Un motivo di ricorso, anche se astrattamente corretto, se non si confronta con la reale ratio decidendi del provvedimento impugnato, è destinato all’inammissibilità.

È possibile che i beni di una persona assolta rimangano sotto sequestro?
Sì, è possibile. Come chiarito dalla sentenza, sebbene l’imputato sia stato assolto, i beni a lui formalmente intestati possono rimanere vincolati se il sequestro è finalizzato alla confisca allargata nei confronti di altri coimputati, condannati per reati che la consentono (cd. reati spia).

Che cos’è la confisca allargata e come si differenzia da quella ordinaria?
La confisca allargata (art. 240-bis c.p.) è una misura di sicurezza che colpisce i beni di valore sproporzionato rispetto al reddito di un soggetto condannato per specifici gravi reati. A differenza della confisca ordinaria, non richiede la prova di un nesso di pertinenzialità, cioè un legame diretto tra il bene e il reato, basandosi su una presunzione di illecita provenienza del patrimonio.

Perché il ricorso dell’imprenditore è stato considerato generico e quindi rigettato?
Il ricorso è stato ritenuto generico perché la difesa ha basato le sue argomentazioni sulla mancanza del “nesso di pertinenzialità” tra i beni e il reato. Questo argomento è pertinente per la confisca ordinaria, ma non per quella allargata, che era il fondamento giuridico del sequestro nel caso di specie. Il ricorrente non si è confrontato con i reali presupposti della misura applicata, rendendo il suo motivo di impugnazione aspecifico e, di conseguenza, inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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