Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8984 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8984 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/05/2023 della Corte di Appello di Bologna
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 13 maggio 2016 la Corte di appello di Bologna ha disposto sequestro preventivo e confisca ex art. 12-sexies della legge 356/1992, di un immobile sito in Botricello e di una polizza assicurativa intestati a NOME COGNOME, nell’ambito del procedimento instaurato nei confronti di NOME COGNOME, condannato con sentenza passata in giudicato per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.
La Corte di appello di Bologna, con ordinanza del 28 settembre 2016, ha rigettato l’opposizione avanzata dallo COGNOME nei confronti dell’ordinanza di confisca.
La Corte di RAGIONE_SOCIALEzione, con sentenza del 5 luglio 2017, ha dichiarato l’inammissibilità dei ricorsi proposti dal COGNOME COGNOME e dallo COGNOME avverso l’ordinanza di sequestro e confisca emessa dalla Corte di appello di Bologna in data 13 maggio 2016.
La Corte di appello di Bologna, con ordinanza del 5 novembre 2018, ha respinto l’istanza di revoca del provvedimento di confisca avanzata nell’interesse di NOME COGNOME in considerazione della sopravvenuta irrevocabilità del provvedimento del giudice di esecuzione e della assenza di nuove questioni di diritto o di nuovi elementi di fatto.
NOME COGNOME ha avanzato ulteriore istanza di revoca della confisca, istanza rigettata dalla Corte di appello di Bologna con ordinanza del 25 febbraio 2022.
COGNOME ha, quindi, ha proposto ricorso avverso tale ordinanza di rigetto, ricorso che è stato riqualificato come opposizione dalla Corte di RAGIONE_SOCIALEzione, con ordinanza del 3 maggio 2022, con conseguente trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna.
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, propone, quindi, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza, emessa il 12 maggio 2023, con il quale la Corte di Appello di Bologna ha respinto la richiesta di revoca parziale della confisca.
Con l’unico motivo di impugnazione, il ricorrente lamenta difetto di motivazione e violazione degli artt. 125, 240-bis e 666 cod. proc. pen. conseguente alla mancata dimostrazione che i beni confiscati siano stati acquistati con risorse finanziarie provenienti da NOME COGNOME.
7.1. La difesa ha evidenziato che l’immobile confiscato sarebbe stato acquistato il 3 marzo 2018 e, quindi, in data successiva all’emissione della sentenza di primo grado con il quale NOME COGNOME è stato condannato per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen.; di conseguenza detto immobile non poteva essere oggetto di confisca in quanto entrato nel patrimonio dello COGNOME in data successiva alla emissione della predetta condanna.
Il ricorrente ha, quindi, evidenziato che la nuova istanza di revoca sarebbe fondata su un elemento nuovo e, in particolare, sul principio di diritto -affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 27421 del 25 febbraio 2021- secondo cui la confisca allargata può essere disposta in sede esecutiva esclusivamente in relazione ai beni entrati nella disponibilità del condannato prima della pronuncia della sentenza di primo grado.
7.2. I giudici di appello, con motivazione erronea e carente, avrebbero affermato che i beni confiscati sarebbero riconducibili al COGNOME COGNOME in considerazione dell’incapienza del patrimonio del ricorrente, senza indicare le circostanze da cui desumere che lo COGNOME si sarebbe prestato alla titolarità apparente al fine di salvaguardare il bene del condannato dal pericolo di confisca e senza fornire alcun ulteriore elemento indicativo della disponibilità delle risorse
in capo al COGNOME COGNOME nonché della provenienza di tali risorse in data antecedente al 19 luglio 2007.
La Corte di appello, con motivazione congetturale ed apodittica, avrebbe affermato che il COGNOME COGNOME ha continuato a commettere il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. fino al 2020, affermazione che non può trovare fondamento nella condanna del predetto in considerazione del fatto che la motivazione della sentenza pronunciata il 15 dicembre 2022 dal Tribunale di Modena non è stata ancora depositata e che, pertanto, non può assumere alcun valore al di fuori della prova del fatto storico relativo alla celebrazione di un processo a carico del COGNOME COGNOME
La Corte di appello non poteva, inoltre, affermare che il COGNOME COGNOME ha fatto parte della articolazione emiliana della ‘ndrangheta fino al 2020 in quanto il giudice dell’esecuzione può decidere esclusivamente in base ai fatti accertati con il provvedimento cui deve dare esecuzione senza poter considerare il contenuto di diversi provvedimenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto avanzato per motivi aspecifici e non consentiti, perché involgenti difetti di motivazione già denunciati con la richiesta di revoca della confisca ed affrontati in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale.
Appare necessario, preliminarmente, ribadire che il difetto di motivazione integra gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento o manchi del tutto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento (vedi Sez. U. n. 5876 del 13/02/2004, Ferazzi, Rv. 226710- 01; Sez. U. n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611- 01), inidoneità non ravvisabile nel caso oggetto di scrutino.
2.1. Ciò posto, occorre prendere atto che il ricorrente, pur lamentando formalmente violazione di legge, contesta in realtà la concreta ricostruzione della vicenda resa dalla Corte territoriale.
Le doglianze difensive sono, ictu ocu/i, riferibili ad una motivazione, non già meramente apparente, ma ritenuta illogica e non condivisa dal ricorrente e, quindi, dedotte per ragioni escluse dal sindacato della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione in materia di misure cautelari reali (vedi pag. 7 del ricorso “le argomentazioni contenute nella decisione impugnata non risultano immuni da vizi di logicità e da debolezze argomentative”).
2.2. Va, comunque, sottolineato che la Corte territoriale, con motivazione articolata, approfondita, conforme alle risultanze ed ineccepibile in punto di logica, ha dettagliatamente affrontato tutte le doglianze dedotte dal ricorrente, in particolare evidenziando l’irrisorietà dei redditi percepiti dallo COGNOME e la notevole sperequazione tra tali fonti di reddito e le somme necessarie per l’acquisto dell’immobile confiscato.
In motivazione sono state dettagliatamente indicate le ragioni in virtù delle quali i giudici aditi, previa ricostruzione della situazione patrimoniale del nucleo familiare del ricorrente, hanno ritenuto corrette le conclusioni cui è giunto il Tribunale in ordine alla diretta riconducibilità di quanto confiscato alla figura del COGNOME COGNOME, alla finalità elusiva posta a fondamento della fittizia intestazione di beni che potevano esser sottoposti a misure patrimoniali, all’attività di “sistematica spoliazione di immobili a lui intestati” posta in essere dal COGNOME COGNOME nel periodo intercorrente tra l’emissione della sentenza di appello pronunciata nei suoi confronti per il reato spia di cui all’art. 416-bis cod. pen. ed il passaggio in giudicato della stessa nonché all’individuazione dell’ambito temporale a cui è riconducibile il progressivo accumulo di risorse illecite da parte del COGNOME COGNOME (vedi pagg. 2 e 3 del provvedimento impugnato).
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di assoluta carenza o apparenza della motivazione e perciò insindacabili in questa sede.
Le differenti valutazioni e la diversa ricostruzione che il ricorrente ha invocato nel ricorso, si pongono in modo palese al di fuori del perimetro dei motivi ammissibili in questa sede, avendo ad oggetto una richiesta di rivalutazione della vicenda nel merito, non deducibile nel giudizio legittimità.
2.3. La Corte di merito ha, inoltre, richiamato quanto correttamente affermato dal Tribunale in ordine alla confiscabilità di quanto intestato al ricorrente, nonostante la formale acquisizione dei beni in data successiva alla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado emessa nei confronti del COGNOME COGNOME. Tale affermazione trova fondamento nel fatto che detti beni, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, sarebbero stati acquistati utilizzando “mezzi finanziari” acquisti dal COGNOME COGNOME “in un momento antecedente alla pronuncia di primo grado” e nell’accertata partecipazione di quest’ultimo all’articolazione territoriale della ‘ndrangheta attiva in Emilia quantomeno nel periodo 2001/2008 (vedi pagg. 3 e 4 del provvedimento impugnato).
La Corte territoriale ha, quindi, correttamente applicato il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite secondo cui è possibile la confisca di beni acquistati in epoca successiva alla pronuncia della sentenza di condanna per il reato spia,
allorquando l’acquisto sia stato effettuato utilizzando risorse finanziarie guadagnate in data anteriore alla condanna (vedi Sez. U, n. 27421 del 25/02/2021, Crostella, Rv. 281561 – 01).
Il provvedimento impugnato risulta, pertanto, immune da censure suscettibili di essere ricondotte a profili di violazione di legge; le deduzioni difensive sul punto non sono idonee ad individuare profili di mancanza o apparenza della motivazione e indulgono piuttosto nella prospettazione di letture alternative, non consentite in questa sede, anche in considerazione della risalente e prolungata reiterazione di condotte lucrogenetiche da parte del COGNOME COGNOME.
Il ricorrente, in particolare, non va al di là della parziale enunciazione del principio di diritto, visto che non si rinviene nel motivo alcuna indicazione utile a tracciare il richiamato perimetro temporale e le ragioni di una sua eventuale violazione ad opera della Corte di appello con conseguente aspecificità della doglianza.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 24 novembre 2023
La Presidente