Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30004 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30004 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Taranto il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza della Corte di appello di LECCE in data 22/2/2024
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni con le quali il AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio;
udite le conclusioni dei difensori AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali hanno chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 22/2/2024, il Tribunale di Lecce ha rigettato l’istanza di riesame proposta da COGNOME NOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lecce in data 27/12/2023, finalizzato alla confisca allargata ex ari:. 240-bis cod., dell’autovettura Volkswagen Golf TARGA_VEICOLO di proprietà del ricorrente, in relazione ai reati spia di cui all’art. 74 d.p.r. 309/90 e vari illeciti in mater stupefacenti, commessi dal COGNOME nel corso del 2021.
Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione l’indagato il quale eccepisce illogicità e carenza della motivazione (art. 606, lett. e) cod. proc. pen.), avuto riguardo al principio della “ragionevolezza temporale” posto che l’acquisto dell’autovettura, è avvenuto nel 2016, mentre il “reato spia” cui all’art. 74 d.P.R. 309/90, risale al 2021.
Deduce il ricorrente che, nel caso in esame, trova applicazione il principio sancito dalle Sezioni Unite Rizzi secondo cui il divieto introdotto dall’art. 31 L. 161/2017, di giustificare la legittima provenienza del bene da oggetto di confisca allargata o del sequestro ad essa finalizzato con i proventi di evasione fiscale, non si applica ai beni acquisiti nella finestra temporale tra il 29 maggio 2014 e il 19 novembre 2017, come avvenuto nel caso di specie.
Il ricorrente lamenta, infine, il vizio di motivazione o motivazione apparente con riguardo alla ricorrenza del periculum in mora.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato secondo i termini che seguono.
1.1. Va anzitutto ribadito il principio che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Rv. 285608, in fattispecie relativa a sequestro preventivo, in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso che, a fronte di un’approfondita valutazione del Tribunale del riesame degli elementi reddituali del ricorrente, aveva riproposto, sotto il profilo dell’omessa o carente motivazione, questioni riguardanti l’epoca di realizzazione del bene e l’accertamento della sproporzione; cfr., altresì, Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656).
1.2. Ai fini che qui ci occupano va chiarito che il criterio di “ragionevolezza temporale” non va interpretato immaginando che tra i beni del condannato ed il delitto presupposto debba sussistere un collegamento di derivazione quale profitto o provento dello stesso, oppure un nesso pertinenziale (Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, dep. 2004, Montella; Sez. U, n. 29022 del 30/05/2001, Derouach).
La relazione tra “reato-spia” ed elemento patrimoniale non è espressa dal legislatore in termini di produzione causale del secondo ad opera del primo, né di
proporzione di valore tra i due elementi, ragione per la quale anch collocazione temporale dell’incremento della ricchezza del condannato di per non assume rilievo quale criterio di selezione dei beni confiscabili (al riguardo, si richiama l’insegnamento offerto dalle Sezioni Unite Monte/la, secondo cui «essendo la condanna e la presenza della somma dei beni di valore sproporzionato realtà attuali, la con fiscabilità dei singoli beni, derivante da una situazione di pericolosità presente, non è certo esclusa per il fatto che i beni siano stati acquisiti in data anteriore o successiva al reato per cui si è proceduto o che il loro valore superi il provento del delitto per cui è intervenut condanna»).
1.3. Con la sentenza interpretativa di rigetto n. 33 del 2018,1a Consulta, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata nell’ambito di una procedura di esecuzione, dell’art. 12 -sexies, comma 1, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni in I. 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui include la ricettazione tra i delitti presupposto, ha riconosciut che la coerenza col sistema dei valori costituzionali della presunzione relativa di illecita accumulazione dei beni di valore sproporzionato pretende che essa «sia circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale». Ha specificato tale concetto, affermando che il momento di acquisizione del bene da confiscare non dovrebbe risultare così lontano dall’epoca di realizzazione del “reato spia” da rendere ictu ()cui/ irragionevole la presunzione di derivazione del bene stesso da una attività illecita, anche se differente da quella che ha determinato la condanna e rimasta priva di un positivo accertamento.
A tal fine, il criterio della ragionevolezza temporale impedisce la abnorme dilatazione della sfera di operatività dell’istituto della confisca “allargata” ed monitoraggio patrimoniale dell’intera vita del soggetto, sebbene condannato per un singolo reato compreso nella lista.
Pur senza spingersi a suggerire concreti elementi orientativi del giudizio sulla ragionevole distanza tra reato ed acquisto del bene confiscabile, la Corte costituzionale ha precisato che la stessa va comunque determinata in riferimento «alle caratteristiche della singola vicenda concreta e, dunque, del grado di pericolosità sociale che il fatto rivela» e che compete al giudice verificare se, in relazione a tali circostanze e alla personalità del reo, la vicenda criminosa risulti episodica ed occasionale e produttiva di modesto arricchimento, così da non corrispondere al “modello” normativo che fonda la presunzione che ricostruisce in via indiziaria la illiceità della ricchezza acquisita.
1.4. La successiva evoluzione della giurisprudenza di legittimità sul tema evidenzia la costante adesione ai medesimi principi, divenuti patrimonio del diritto vivente, seppur applicati in riferimento a fattispecie concrete nelle quali a
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giudice dell’esecuzione era stata posta la questione con esclusivo riferimento all’anteriorità dell’acquisto dei cespiti rispetto all’epoca di commissione del “reato spia” (cfr., Sez. 2, n. 32626 del 26/10/2018, Rv. 274468; Sez. F, n. 56596 del 03/09/2018, Rv. 274753; Sez. 5, n. 21711 del 28/02/2018, Rv. 272988).
A tali principi si è ispirato il Tribunale del riesame che ha motivato prendendo in considerazione l’operazione economica di acquisto dell’autovettura nel suo complesso, avuto riguardo cioè all’ esborso iniziale di euro 6.300,00, ma anche al protrarsi dell’impegno economico, mediante pagamento delle rate del finanziamento le quali fanno parte dell’originaria operazione economica idonea ad eludere la finalità vietata dall’ordinamento, ossia quella di consentire che il reo possa conservare cespiti riconducibili all’illecita accumulazione patrimoniale, evidenziando che il reddito di euro 16.000,00 euro annui, era insufficiente a sostenere l’importo della rata di finanziamento di euro 472,00 mensili, tenendo conto delle ordinarie spese di mantenimento del nucleo familiare composto da sei persone.
L’ordinanza impugnata risulta, dunque, sotto questo profilo, immune da censure rilevabili in sede di legittimità, risolvendosi l’argomentazione della difesa in una mera proposta di lettura alternativa dei dati di meramente fattuali dovendo rilevare che pur essendosi fatto ricorso a schemi negoziali usualmente praticati, riconducibili a canali formalmente leciti, la finalità perseguita – e ne sue modalità attuative realizzata – si pone in aperto contrasto con il risultato che la norma imperativa di cui all’art. 240-bis cod. pen. mira ad evitare. Non si è, dunque, al cospetto di due momenti distinti, uno caratterizzato da un’erogazione giustificativa del contratto di vendita e altra volta all’adempimento degli oneri connessi, di carattere del tutto neutro e, dunque, indifferente dalle modalità di esecuzione, ma di un unico negozio in cui tutte le somme ad esso causalmente destinate rendono la provvista allegata inidonea a “giustificare” l’entrata del bene nel patrimonio dell’imputato (Sez. 2′ n. 34630 del 12/05/2023, Rv. 285188).
Il motivo con cui si contesta il vizio di motivazione in relazione al periculum in mora, è fondato.
Non può essere condivisa la tesi fatta propria dal Tribunale del riesame in merito ai poteri integrativi che gli competono.
Il Tribunale del riesame, infatti, non può sostituirsi al giudice di primo grado e porre rimedio ad un’omissione motivazionale su un requisito essenziale richiesto all’ordinanza genetica, qual è la motivazione, seppure concisa, come richiedono le Sezioni Unite Ellade (sent. n. 36959/21), circa la configurabilità di tale periculum, onere di motivazione che può ritenersi assolto, come le stesse Sezioni Unite insegnano, solo allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni
per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.
Se è ben vero che il tribunale del riesame, nell’ambito dei poteri di integrazione e di rettifica attribuitigli dall’art. 309 cod. proc:. pen., richiam dall’art. 324, cod. proc. pen., ben può porre rimedio alla parziale inosservanza dei canoni contenutistici cui deve obbedire la motivazione dell’ordinanza che dispone la misura cautelare, tuttavia, allorché si verifichi l’omissione assoluta delle prescritte indicazioni (come evidenzia il comma 9 dell’art. 309, richiamato dal comma 7 dell’art. 324, cod. proc. pen., dovendosi ritenere che la mancanza di motivazione sul periculum in mora sia equiparabile in sede di cautela reale a quella relativa alle esigenze cautelari in sede di cautela personale) è configurabile, per l’accertata mancanza di motivazione – alla quale può essere equiparata la mera apparenza della medesima – la radicale nullità prevista dalla citata norma. Consegue, dunque, che il tribunale non può avvalersi del menzionato potere integrativo-confermativo, bensì deve provvedere esclusivamente all’annullamento del provvedimento coercitivo, non essendo consentito un potere sostitutivo quanto all’emissione di un valido atto, che potrà eventualmente essere adottato dal medesimo organo la cui decisione è stata annullata (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, Rv. 266789; Sez. 2, n. 49536 del 22/11/2019, Rv. 277989).
Nel caso in esame, il Tribunale, da un lato, ha rilevato che il provvedimento genetico non indicava le ragioni che impongono l’anticipazione dell’effetto ablativo, dando atto che il Giudice per le indagini preliminari aveva motivato solo sui requisiti della sproporzione e della mancata giustificazione della legittima provenienza del bene, discostandosi dalla pronuncia delle Sezione Unite Ellade; dall’altro, ha provveduto ad integrare la carenza di motivazione individuando, di propria iniziativa, le ragioni del sequestro, così esercitando un’arbitraria opera di supplenza della motivazione del giudice per le indagini preliminari sul punto, da questi radicalmente, irrevocabilmente ed illegittimamente pretermessa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro preventivo in data 27.12.23 e dispone la restituzione all’avente diritto del bene in sequestro. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione del presente dispositivo al Procuratore generale in sede per i provvedimenti occorrenti ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso, 19/07/2024