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Confisca allargata: annullata per motivazione carente

Un soggetto, condannato per reati di droga, si vede applicare in fase esecutiva una confisca allargata su una somma di denaro. La Corte di Cassazione ha annullato tale provvedimento perché la motivazione della Corte d’Appello sulla sproporzione tra il denaro e i redditi leciti era troppo generica e non fondata su un’analisi oggettiva dei dati finanziari. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che valuti in modo rigoroso la situazione patrimoniale del condannato.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca Allargata: la Cassazione fissa paletti sulla prova della sproporzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20038/2024) offre importanti chiarimenti sui presupposti applicativi della confisca allargata, in particolare sull’onere motivazionale che grava sul giudice nel valutare la sproporzione tra i beni del condannato e i suoi redditi leciti. La Suprema Corte ha annullato con rinvio un’ordinanza della Corte d’Appello di Torino, ritenendo la sua motivazione troppo generica e non ancorata a dati oggettivi.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una condanna per detenzione di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti. Nel corso delle indagini, veniva rinvenuta una somma di 34.900 euro in una cantina di pertinenza dell’abitazione del condannato. Il Tribunale, in sede di giudizio, aveva rigettato la richiesta di confisca di tale somma ai sensi dell’art. 240 c.p., ritenendo non provata la sua provenienza diretta dal reato contestato.

Successivamente, in fase di esecuzione della pena, il Procuratore generale proponeva opposizione, chiedendo che venisse disposta la cosiddetta confisca allargata (o per sproporzione), prevista dall’art. 240-bis c.p. La Corte d’Appello accoglieva la richiesta, basando la propria decisione sulla ritenuta sproporzione tra la somma di denaro e la “capacità reddituale dimostrata dal condannato”, caratterizzata da un’attività lavorativa discontinua.

La Decisione della Corte di Cassazione

Investita del ricorso, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza della Corte d’Appello. Pur confermando che la decisione sulla confisca ordinaria (art. 240 c.p.) non preclude un successivo esame per quella allargata (art. 240-bis c.p.), i giudici di legittimità hanno censurato pesantemente il percorso argomentativo seguito per affermare la sussistenza della sproporzione patrimoniale.

Le Motivazioni: i limiti della confisca allargata

Il cuore della pronuncia risiede nella critica alla motivazione del provvedimento impugnato. La Cassazione ha stabilito che, per disporre una misura così incisiva come la confisca allargata, non è sufficiente un giudizio generico e presuntivo. Il giudice dell’esecuzione, chiamato a compiere un accertamento ex novo, deve fondare la sua valutazione su elementi concreti e oggettivi.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello si era limitata a evocare la “discontinuità dell’attività lavorativa” del condannato, senza però:
1. Analizzare concretamente le entrate lecite: Non è stata effettuata una disamina dettagliata dei redditi del condannato e del suo nucleo familiare nel periodo di interesse.
2. Quantificare la sproporzione: Il giudizio di sproporzione è rimasto astratto, senza un confronto numerico tra il patrimonio (i 34.900 euro) e i flussi di reddito leciti, che potevano essere agevolmente verificati tramite l’accesso ai dati dell’amministrazione finanziaria.
3. Valutare correttamente gli indizi: Le modalità di custodia del denaro, sebbene sintomatiche, sono state considerate dalla Cassazione non necessariamente dimostrative della provenienza illecita del bene.

In sostanza, la Suprema Corte richiede un percorso motivazionale rigoroso, che parta da un’analisi oggettiva dei dati finanziari e giunga a una conclusione logica e riscontrabile sulla sproporzione, e non viceversa.

Conclusioni: L’Onere della Prova nella Confisca per Sproporzione

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale: la confisca allargata non può basarsi su mere congetture. Il giudice deve illustrare con precisione le ragioni per cui il patrimonio del condannato risulta sproporzionato rispetto alle sue capacità economiche lecite, attraverso un’analisi approfondita e documentata. Un riferimento vago a un’attività lavorativa “discontinua” non soddisfa tale onere. Questa decisione rafforza le garanzie individuali, imponendo all’autorità giudiziaria un onere di motivazione stringente prima di poter procedere a un provvedimento ablativo così significativo.

La confisca allargata può essere applicata in fase esecutiva se era stata negata in fase di giudizio?
Sì. La Corte di Cassazione chiarisce che la confisca ordinaria (art. 240 c.p., legata al profitto diretto del reato) e la confisca allargata (art. 240-bis c.p., legata alla sproporzione patrimoniale) hanno presupposti diversi. Pertanto, il rigetto della prima in sede di cognizione non impedisce una nuova e autonoma valutazione sulla seconda in sede di esecuzione.

Cosa deve dimostrare il giudice per ordinare una confisca allargata?
Il giudice deve dimostrare, con una motivazione dettagliata e basata su dati oggettivi, l’esistenza di una sproporzione tra il valore dei beni e il reddito dichiarato o l’attività economica svolta dal condannato. Non è sufficiente un riferimento generico a una “attività lavorativa discontinua”, ma occorre un’analisi concreta delle entrate lecite nel periodo di riferimento.

Il modo in cui viene nascosto il denaro è una prova sufficiente della sua provenienza illecita?
No. Secondo la sentenza, le modalità di custodia del denaro (in questo caso, in una cantina) possono essere un indizio sintomatico, ma non costituiscono di per sé una prova decisiva e necessariamente dimostrativa della sua origine da reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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