Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1066 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1066 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a CASTROREALE il 24/04/1939 NOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il 28/09/1971
avverso l’ordinanza del 25/06/2024 del GIP TRIBUNALE di MESSINA
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inamm ssibili i udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME promuovevano incidente di esecuzione con il quale chiedevano, in qualità di terze interessate, la revoca della confisca di beni, ad esse intestati, disposta, ai sensi dell’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992 (ora prevista dall’art. 240-bis cod. pen.), nell’ambito del procecimento penale celebratosi a carico di NOME COGNOME e definito con sentenza di co :danna dell’imputato perché ritenuto responsabile di aver partecipato all’associazione mafiosa dei “barcellonesi”.
Le due istanti – che non avevano partecipato al procedimento di cognizione – rivendicavano di essere titolari effettive, e non mere prestanome, dell’azi nda di famiglia “Bellinvia NOME“, fondata nel lontano 1966, e chiedevano, pertzinto, la restituzione dei beni già oggetto di sequestro preventivo risalente al 2011.
Con ordinanza depositata in data 30 dicembre 2022, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, in funzione di giudice dell’esec Azione, rigettava l’istanza.
Nessun dubbio, per il giudice adito, poteva sussistere in ordine alla riconducibilità all’OFRIA dei beni “di famiglia”, alla luce di quanto statuit3 dalla sentenza di primo grado del G.U.P. di Messina (che recepiva quanto esposto nel provvedimento di sequestro preventivo), confermata, per quanto d’interesse nelle sedi successive.
Le argomentazioni del giudice della cognizione venivano integra mente riportate, fra virgolette, dalla fine di pag. 2 alla fine di pag. 6 del provved ment reiettivo (pag. 7 conteneva il solo dispositivo) e si imperniavano, essenzial nente, sul dichiarato dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME C:NOME COGNOME e NOME COGNOME sulla vicenda estorsiva subita nel 1991 dall’imprenditore NOME COGNOMEcon il successivo subentro della ditta “RAGIONE_SOCIALE” nell’attività di smaltimento di rifiuti prima esercitata dall’imprenditore estorto) e sulla condanna in primo grado subita dall’OFRIA per il reato di cui all’art. 611 cod. pen., aggravato ai sensi dell’art. 7 I. n. 203 del 1991 (commess) negli anni 2002-2003).
Tali elementi, ad avviso del G.U.P. di Messina, siccome integra mente mutuati dal giudice dell’esecuzione, delineavano la fisionomia dell’inpresa “mafiosa”, il che conduceva alla conclusione che la COGNOME e la COGNOME, rispettivamente madre e moglie convivente dell’imputato, non fossero titolari di redditi leciti, poiché quelli da esse percepiti risultavano collegati a detta attivi imprenditoriale; da ciò conseguiva la palese sproporzione tra redditi leciti (di fatto insussistenti) ed il cospicuo patrimonio, costituito da beni immobili e mobili registrati, acquisito nel tempo dal nucleo familiare.
Avverso la menzionata ordinanza reiettiva le terze inte -essate proponevano ricorso per cassazione, poi qualificato come atto di opposiz one ex artt. 676 e 667, comma 4, cod. proc. pen.
In quella sede, la difesa delle opponenti lamentava che il giudice a quo avesse completamente ignorato una serie di elementi e considerazioni, sup portate da esiti di investigazioni difensive e documentazione allegati, che avrebbero dimostrato l’infondatezza della tesi accusatoria sulla illecita provenienza cei beni confiscati e sulla loro effettiva riconducibilità a NOME COGNOME
Più nel dettaglio, sarebbero state trascurate le riflessioni articolate dalla difesa in ordine: a) alla effettiva titolarità dell’azienda; b) alla inutilità dell’ d’intercettazione ambientale effettuata dai Carabinieri del R.O.S., in assenza di elementi di supporto alla disposta confisca; c) alla sopravvenuta esclusicine del ruolo di “capo”, attribuito all’OFRIA, giusta sentenza della Prima Seziona della Corte di cassazione n. 8316/16, ignorata dal giudice dell’esecuzione; i) alla inattendibilità di quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia, successiva mente smentito da numerose, puntuali e contrarie dichiarazioni, raccolte in sede di investigazioni difensive, rese da parte degli imprenditori operanti nello stesso settore di attività dell’impresa “Bellinvia”, e, quindi, in regime di concorrenza; e) alle risultanze delle sopravvenute e prodotte consulenze tecniche di partE, dalle quali risultava che lo sviluppo dell’azienda era stato tutt’altro che repentina mente vertiginoso e del tutto estraneo a logiche criminali; f) alla insussistenza li ogn asserita attività intimidatoria posta in essere in danno di imprese concorrianti da parte dell’OFRIA.
Venivano, anche, acquisite e prodotte dalla difesa le relazioni zinnuali redatte dall’amministrazione giudiziario, dalle quali risultava che l’azienda, pur in assenza del proprio ritenuto dominus, NOME COGNOME aveva regolai mente continuato l’attività imprenditoriale, mantenendo gli stessi livelli di redc produttività e di occupazione.
Il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza in epigrafe, ricettava l’opposizione, osservando che la difesa opponente, nell’eccepire care ilza di motivazione dell’ordinanza opposta, aveva riproposto “le medesime cansure mosse al provvedimento di confisca nell’incidente di esecuzione originaria mente presentato e già sottoposte al vaglio da parte del giudice dell’esecu:iione”; riteneva, pertanto, il giudice a quo, “in assenza di elementi di novità, di ribz dire le conclusioni in precedenza espresse”, riproducendo, nella sostanza, il provvedimento oggetto di opposizione.
NOME COGNOME e NOME COGNOME per mezzo dei rispettivi di iensori e procuratori speciali, hanno proposto ricorso per cassazione, articolanc o due motivi.
5.1. Con il primo, deducono “inosservanza dell’art. 125 cod. proc. pen., in relazione all’art. 111, sesto comma, Cost., per totale mancanza di motivazione, nella misura in cui il Giudice, riportandosi al proprio precedente provvedim 2nto n. 4/19 R.G.E. del 30/12/2022, ha ignorato, allora come oggi, tutte le argomertazioni difensive supportate da riscontri documentali”.
Denunciano, inoltre, “motivazione assente e comunque insufficiente, contraddittoria e manifestamente illogica, nella misura in cui il Giudice non ha considerato né motivato sulla dimostrata legittima provenienza dei beni né sulla loro disponibilità in capo alle ricorrenti in valore proporzionato al reddito, nonché sulla insostenibilità della tesi che lo sviluppo dell’azienda sia stato direttz mente proporzionale alla, anch’essa insussistente, ascesa criminale di COGNOME NOME, individuato quale suo dominus”.
A fronte del disorientante “vuoto motivazionale” stigmatizzato, la difesa delle ricorrenti rappresenta di non avere “altra alternativa se non quella di Dffrire, ancora una volta, le argomentazioni svolte in sede di ricorso per incidente di esecuzione”, al fine di consentire alla Corte di legittimità di verificarne la tota mancanza di esame.
Si riproducono, di seguito, dette argomentazioni, già in precedenza sintetizzate nella superiore esposizione in fatto.
5.2 Con il secondo motivo si eccepisce, ancora, vizio di motivazionE “nella misura in cui il Giudice ha apoditticamente ritenuto non scalfita l’asserita int . neità di COGNOME NOME nell’associazione mafiosa barcellonese dalle soprav lenute dichiarazioni di segno contrario – peraltro ritenute isolate – rese da COGNOME NOME, nonché da quelle di analogo tenore rese da NOME COGNOME“.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va accolto, in quanto il primo, assorbente, motivc deve considerarsi manifestamente fondato.
La difesa delle ricorrenti, in ossequio al principio di autosufficierza, ha documentalmente dimostrato di aver addotto, sia in occasione della presentazione dell’atto introduttivo dell’incidente di esecuzione, sia in occasione della successiva opposizione, una serie di elementi di prova (testimoniale, documentale e a mezzo di consulenze tecniche) miranti a confutare i presupposti legittimanti la confisca “allargata” e, in particolare, quello della titolarità solo formale, in capo alle ter interessate, dei beni oggetto del provvedimento ablatorio, ritenuti nella effettiva
disponibilità di NOME COGNOME condannato per il reato di partecipazicine ad associazione mafiosa (clan dei “barcellonesi”).
Ebbene, né nella prima fase, né in quella successiva della decisione sulla opposizione, il giudice dell’esecuzione si è curato di fornire il dovuto riscontro motivazionale, se non altro al fine di confutarne la rilevanza, alle pluri – ne ed eterogenee deduzioni difensive, essendosi il predetto limitato, in entrambe le sedi, a riproporre, pressoché integralmente e pedissequamente, la motivazione spesa dal giudice di primo grado nel giudizio di cognizione (a sua volta ricalcante quelia addotta in sede di sequestro preventivo, provvedimento, tuttavia, risalE nte al 2011).
La totale abdicazione ai suoi compiti valutativi emerge in tutta la sua evidenza sol che si abbia riguardo al riferimento “automatico” al ruolo “a Dicale” che avrebbe rivestito l’OFRIA in seno alla compagine “barcellonese”, operato dal giudice dell’esecuzione in entrambi i provvedimenti emessi, nonostante detti) ruoio apicale fosse stato già definitivamente escluso dalla Corte di cassazione, s 2i an i prima della ordinanza resa il 30 dicembre 2022, con sentenza Sez. 1, n. 3E16 del 14 gennaio 2016, COGNOME e altri, non mass.
Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, cor rinvio per nuovo esame al Tribunale di Messina – Ufficio G.I.P., che procederà a nuova valutazione tenendo conto di tutti gli elementi forniti e prodotti dalla difE sa nel corso delle due fasi di merito dell’incidente di esecuzione de quo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribu .1ale di Messina – Ufficio G.I.P.
Così deciso in Roma, 1’11 ottobre 2024
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