Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8011 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 8011  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MARJIAMPOLE (LITUANIA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, il quale ha chiesto rigettarsi il ricorso;
udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, il quale ha insistito nei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con decreto del 27 febbraio 2016, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano disponeva il sequestro preventivo di tutti i beni dell’indagato NOME ; tra i beni vi erano anche un immobile ed una imbarcazione di proprietà esclusiva di COGNOME NOME, moglie di NOME; con sentenza del 15 febbraio 2023, il Tribunale di Milano condannava NOME, ma non disponeva nulla in relazione ai beni in sequestro; con istanza del 13 luglio 2023, il difensore di NOME presentava istanza di restituzione; con ordinanza del 25 luglio 2023 adottata ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., il Tribunale di Milano disponeva la confisca dei beni; a seguito di proposizione dell’appello, il Tribunale di Milano quale giudice del riesame, con ordinanza del 18 settembre 2023, in parziale accoglimento dell’appello proposto nell’interesse di COGNOME NOME, in qualità di terza interessata, accoglieva l’istanza di dissequestro di alcuni oggetti sottoposti a sequestro nei confronti del marito NOME, rigettando nel resto l’appello relativo, in particolare, alla richiesta di dissequestro di un immobile e di un’imbarcazione.
1.1 Avverso l’ordinanza ricorre per Cassazione il difensore di COGNOME NOME, rilevando che la stessa era rimasta estranea al giudizio di cognizione perché mai citata, per cui non poteva ricorrere al giudice competente per il grado di appello; il provvedimento portato all’attenzione del Tribunale del riesame era stato emesso in palese violazione dell’art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen. e se anche si ritenesse che l’apertura della partecipazione al giudizio del terzo interessato sia limitato alle ablazioni per sproporzione (così per Sez. 2, n. 53384/18), allo stato attuale della normativa vigente, la lettura della norma sarebbe incostituzionale; né poteva essere valorizzato un risalente indirizzo ermeneutico secondo cui le ragioni del terzo avrebbero potuto essere fatte valere in sede esecutiva.
Il difensore chiede dunque di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 104-bis comma 1-quinquies disp. att. cod. proc. pen. per contrasto con con gli artt. 3 e 24 Cost.
Il difensore rileva inoltre che la ritenuta incapacità reddituale della ricorrente, mai indagata, era un dato sganciato da copertuca probatoria
1.2 Il difensore eccepisce l’erroneità del ricorso alla procedura di correzione di errore materiale di cui all’art. 130 cod. proc. pen.: l’ordinanza di rigetto faceva riferimento all’esito della sentenza, nella quale non veniva affrontato alcun profilo relativo alla riconducibilità al patrimonio di NOME dei beni intestati al NOME; inoltre, essendo stato NOME prosciolto da alcuni reati che avrebbero generato un corposissimo profitto, si sarebbe dovuta effettuare una cernita tra i beni in sequestro, con conseguente restituzione di tutto ciò che risultava
ultroneo rispetto al provento dei reati per i quali era intervenuta condanna; n oltre 100 pagine di motivazione della sentenza, relativamente ai beni di cui si chiesta la restituzione non vi era alcun elemento che potesse consentire affermare che i beni fossero riconducibili a NOME, che la NOME fosse priv reddito, che i beni fossero stati acquistati con risorse di NOME e che le fossero di provenienza illecita.
1.3 Il difensore rileva che l’applicabilità dell’art. 130 cod. proc. pen. è e quanto l’emendamento si risolve in una modifica essenziale o nella sostituzione di una decisione già assunta, come avvenuto nel caso in esame, in cui l sentenza si era arricchita di una disposizione sanzionatoria ablatoria di b rispetto ai quali non vi era alcun riscontro nella motivazione.
1.4 II difensore eccepisce violazione di legge sotto il profilo della manc contestazione dell’intestazione fittizia dei beni in capo alla ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
1.1 Come precisato dal Sez.3 n. 24658 del 21/04/2023, e da Sez. 2, n. 38855 del 28/09/2021, Rv. 282196 – 01, “In tema di confisca ex art. 12-sexies del d.l. n. 306 del 1992, l’eventuale mancata citazione, nel giudizio cognizione, del terzo interessato al provvedimento ablatorio, ai sensi dell’ 104-bis, comma 1-quinquies, disp. att. cod. proc. pen., integra una mer irregolarità, considerato che il sistema di garanzie, previsto dall’art. 178 proc. pen., è riservato alle sole parti processuali, né è prevista alcuna facol terzo di costituirsi, ove non citato. (Fattispecie in cui la Corte ha esclu fosse abnorme il provvedimento che aveva dichiarato inammissibile la costituzione per la prima volta nel giudizio di appello del terzo interess precisando che lo stesso, non è, comunque, privo di tutela, potendo adire giudice dell’esecuzione, anche richiedendo la revoca della misura, ovvero agir nel giudizio di merito cautelare, quando la confisca sia preceduta dal sequestr vedi anche Sez. 6, n. 26346 del 09/05/2019, Rv. 276382; Sez. 1, n. 16806 del 21/04/2010, Rv. 247072; Sez. 6, n. 803 del 02/03/1999, Rv. 214780 – 01).
In particolare, nella più recente pronuncià er -t -Ver ii ita dopo l’entrata in vigore dell’art.104-bis disp. att. cod. proc. pen., avvenuta nel 2018, è altresì affrontato il tema del rispetto dei principi sovranazionali, in accor quali questa Corte, nella sua composizione più autorevole ha chiarito, in u pronuncia emessa in tema di lottizzazione abusiva, che le questioni relative a conformità della confisca al principio di protezione della proprietà di cui all’ del Prot. n. 1 CEDU, come interpretato dalla pronuncia della Grande Camera
della Corte EDU del 28 giugno 2018, RAGIONE_SOCIALE contro Italia, possono essere proposte dagli interessati al giudice dell’esecuzione, anche chiedendo la revoca della misura e che, in tale fase, al fine di compiere l’accertamento richiesto, il giudice gode di ampi poteri istruttori ai sensi dell’art. 666, comma 5, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 278870 – 04, conformi: Sez. 3, n. 50363 del 29/10/2019, Rv. 277940; Sez. 3, n. 58444 del 04/10/2018, Rv. 275459); i terzi possono altresì agire nel giudizio di merito cautelare, prima della definitività del provvedimento ablativo quando la confisca sia preceduta da sequestro (Sez. 6 4 2, n. 53384 del 12/10/2018, Rv. 274242- 01; Sez. 6, n. 8268 del 19/01/2018, Rv. 272229; Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017, Rv. 270938 – 01).
A tale proposito, si deve rilevare che la ricorrente avesse già proposto la questione nel giudizio cautelare, come si evince dall’ordinanza impugnata che, alle pagine 4 e 5 rileva che con ordinanza del 13.04.2016 era stato rigettato il ricorso afferente ai medesimi beni oggetto della presente procedura, in quanto, relativamente all’immobile, non era “stato documentato chi abbia corrisposto le somme impiegate per l’acquisto del bene chi ne abbia l’effettivo utilizzo, chi provveda al pagamento delle spese condominiali e degli altri oneri gravanti sulla proprietà, chi sia l’intestatario delle relative utenze ovvero chi percepisca eventuali utili prodotti dal bene. Lo stesso dicasi per l’imbarcazione. Nemmeno è stato prodotto atto di acquisto, anche al fine di collocare la compravendita né eventuale contratto di mutuo, né il prospetto delle rate pagate né i redditi prodotti dalla COGNOME, che non risulta svolgere o aver svolto alcuna attività anche al fine di valutarne la capienza rispetto alla compravendita dell’immobile e della barca”.
Su tutti tali aspetti i motivi di ricorso non si confrontano, limitandosi a proporre censure relativi a vizi procedurali, privi di rilevanza, senza introdurre alcun elemento di novità rispetto a quanto già osservato dal Tribunale nel 2016
L’inammissibilità del ricorso del terzo interessato per manifesta infondatezza non consente peraltro il formarsi di un valido rapporto d’impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare ammissibile la questione di legittimità costituzionale prospettata dalla difesa (vedi Sez. 6, n. 22439 del 15/05/2008, Rv. 240513 – 01), peraltro in relazione ad una possibile interpretazione della norma.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato in quanto si censura in realtà un vizio di motivazione, e non una violazione di legge come previsto dall’art. 325 cod.proc.pen.
2.Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/01/2024