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Confisca 231 terzo creditore: diritti sempre salvi

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava a una società creditrice, cessionaria di un credito ipotecario, la restituzione di somme derivanti da una confisca ex D.Lgs. 231/2001. La Corte ha stabilito che i termini di decadenza previsti dalla normativa antimafia non si applicano a questo tipo di confisca e che il giudice dell’esecuzione ha il dovere di valutare la buona fede del creditore, non potendo rigettare la richiesta per presunta tardività o mancato accertamento. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo esame nel merito.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Confisca 231 terzo creditore: la Cassazione chiarisce i diritti e i termini

Una recente sentenza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale: la tutela del Confisca 231 terzo creditore. La pronuncia chiarisce l’inapplicabilità di certi termini di decadenza e ribadisce il dovere del giudice di accertare la buona fede di chi vanta diritti sui beni oggetto della misura. Si tratta di una decisione fondamentale per gli operatori finanziari e per chiunque detenga garanzie reali su patrimoni di società.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una società specializzata in operazioni di cartolarizzazione che aveva acquistato un credito ipotecario originariamente concesso da un istituto bancario a un’altra impresa. Successivamente, i beni di quest’ultima società, posti a garanzia del credito, sono stati oggetto di confisca ai sensi del D.Lgs. 231/2001, che disciplina la responsabilità amministrativa degli enti.

La società acquirente del credito ha quindi presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere la restituzione di una parte delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni confiscati, in virtù della sua posizione di creditrice ipotecaria di buona fede. La richiesta, tuttavia, è stata respinta dalla Corte d’Appello.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte territoriale ha rigettato la domanda per due motivi principali:

1. Tardività: La richiesta è stata ritenuta tardiva, in quanto presentata dopo la definitività del provvedimento di confisca. Il giudice ha applicato, per analogia, i termini di decadenza previsti dalla normativa antimafia (D.Lgs. 159/2011).
2. Mancato accertamento della buona fede: La Corte ha inoltre rilevato che non era stata accertata la buona fede della società richiedente, quale cessionaria del credito.

Contro questa decisione, la società ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’errata applicazione della legge.

Le Motivazioni della Cassazione sul tema Confisca 231 terzo creditore

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, smontando entrambe le argomentazioni della Corte d’Appello. Le motivazioni sono di grande interesse e segnano un punto fermo nella tutela del Confisca 231 terzo creditore.

L’inapplicabilità dei termini di decadenza della normativa antimafia

Il punto centrale della sentenza è la netta distinzione tra la confisca disposta ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e quella prevista dal codice antimafia. La Cassazione ha stabilito che l’art. 19 del D.Lgs. 231/2001, nel sancire che sono “fatti salvi i diritti acquisiti dai terzi in buona fede”, delinea una disciplina autonoma. Tale norma non richiama i termini di decadenza dell’art. 58 del D.Lgs. 159/2011.

Di conseguenza, è errato applicare questi termini perentori a una confisca “231”. La tutela del terzo in buona fede, in questo contesto, non è subordinata al rispetto di scadenze non espressamente previste. La richiesta di restituzione, pertanto, non poteva essere considerata tardiva.

L’onere di verifica della buona fede

La Corte ha inoltre censurato la decisione della Corte d’Appello per aver omesso di esaminare nel merito la buona fede della società ricorrente. Nonostante fosse già stata accertata la buona fede del creditore originario (l’istituto bancario) e nonostante la ricorrente avesse fornito ampie allegazioni sulla natura dell’operazione di cessione (una cartolarizzazione strutturata e trasparente), il giudice di merito non ha proceduto ad alcuna verifica.

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: spetta sempre al giudice penale, in sede esecutiva, verificare l’effettiva condizione del soggetto terzo. Il creditore ha un onere di allegazione, cioè deve fornire gli elementi a sostegno della propria buona fede, ma è il giudice che deve poi valutarli concretamente. Non può rigettare l’istanza semplicemente affermando un mancato accertamento, senza averlo esperito.

Conclusioni

La sentenza rappresenta una vittoria significativa per la certezza dei diritti dei terzi. Le conclusioni pratiche sono chiare:

1. Regole diverse per confische diverse: I termini di decadenza previsti per le misure di prevenzione antimafia non possono essere estesi automaticamente alla confisca ex D.Lgs. 231/2001. Questo garantisce maggiore protezione ai creditori che agiscono in questo specifico ambito.
2. Ruolo attivo del giudice: Il giudice dell’esecuzione non può assumere un ruolo passivo. Di fronte a una richiesta di un terzo creditore, ha il dovere di esaminare gli elementi forniti per accertarne la buona fede.
3. Tutela del cessionario: La posizione del cessionario di un credito è derivativa. Se il creditore originario era in buona fede, tale condizione si estende al successore, che ha pieno diritto di far valere le proprie garanzie sui beni confiscati.

I termini di decadenza previsti dalla normativa antimafia si applicano sempre alle richieste dei terzi creditori in una confisca D.Lgs. 231/2001?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la disciplina della confisca prevista dall’art. 19 del D.Lgs. 231/2001 è autonoma e non richiama i termini di decadenza stabiliti dal D.Lgs. 159/2011 (codice antimafia). Pertanto, la richiesta di un terzo creditore non può essere rigettata per tardività sulla base di tali termini.

Chi deve provare la buona fede del terzo creditore che vanta diritti su beni confiscati?
Il terzo creditore ha un onere di allegazione, ovvero deve fornire al giudice tutti gli elementi utili a dimostrare la propria buona fede e l’anteriorità del suo diritto. Tuttavia, spetta al giudice dell’esecuzione il compito di verificare e accertare concretamente tale condizione, non potendo rigettare l’istanza per un mero “mancato accertamento” senza aver condotto le necessarie valutazioni.

La cessione di un credito garantito da ipoteca su un bene poi confiscato trasferisce anche la tutela della “buona fede” all’acquirente del credito?
Sì. La cessione del credito comporta la successione del cessionario (l’acquirente) nella medesima posizione del cedente (il creditore originario). Di conseguenza, la buona fede del creditore originario, unita alla legittimità dell’operazione di cessione, fonda il diritto del nuovo creditore a veder tutelata la propria posizione nei confronti della confisca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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