Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46283 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46283 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Lentini il 19/08/1993
avverso l’ordinanza del 10/06/2024 del Tribunale di Catania
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; lette le conclusioni del difensore, avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Catania, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di COGNOME NOME, quale partecipe della associazione mafiosa “cosa nostra” nella articolazione territoriale denominata clan COGNOME, affiliata al clan COGNOME – Ercolano (capo 1 della incolpazione
provvisoria), nonché per gli ulteriori delitti scopo di rapina (capo 8), furto (capo 9) e danneggiamento seguito di incendio (capi 10,11, 12), tutti aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1. cod. pen.
Avverso il provvedimento ricorre l’indagato, tramite il difensore, articolando due motivi.
2.1. Con il primo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine agli artt. 273 e 309 comma 9, cod. proc. pen.
L’ordinanza genetica sarebbe priva della autonoma valutazione degli indizi di colpevolezza, poiché si sostanzierebbe in un mero richiamo alla CNR e alla richiesta del Pubblico ministero.
Il Tribunale, nel richiamare pedissequamente l’ordinanza del GIP, non solo non avrebbe rilevato il vizio, ma lo avrebbe perpetuato.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza circa la sua partecipazione alla associazione mafiosa.
Il Tribunale non avrebbe valutato le censure difensive.
Inoltre sarebbe incorso in un “evidente travisamento dei fatti” poiché gli unici elementi indiziari a suo carico perverrebbero dalle dichiarazioni dell’indagato stesso (all’epoca in cui era collaborazione di giustizia) poi ritrattate e prive di elementi di riscontro, posto che “dagli atti di indagine emerge in maniera inequivocabile l’assenza dello Scan durra alla vita dell’associazione”.
La difesa ha spiegato che l’indagato ha avuto conoscenza dei fatti grazie alla disponibilità di atti e di telefoni cellulari attraverso i quali reperire informazioni.
Gli elementi raccolti sarebbero privi di consistenza e insufficienti a qualificare l’indagato come partecipe ex art. 416-bis cod. pen. secondo i caratteri delineati dalla giurisprudenza di legittimità.
Nessuna delle parti ha avanzato richiesta di discussione orale, dunque il processo, instaurato con ricorso proposto dopo il 30 giugno 2024, segue il cd. “rito scritto” ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. come modificato dal d. Igs. n. 150 del 2022 e successive modifiche e integrazioni.
Il difensore del ricorrente ha trasmesso una memoria a sostegno dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
I due motivi proposti sono generici sia sotto il profilo intrinseco sia sotto quello estrinseco.
Al riguardo va ricordato che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili sia quando risultino intrinsecamente indeterminati sia quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento che l’atto di impugnazione non può ignorare (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME Rv. 268823).
2.1. Il ricorso si sostanzia nella prospettazione di meri assunti, del tutto sganciati dal quadro indiziario raccolto, che si esauriscono in un’assertiva negazione dei presupposti dell’art. 273 cod. proc. pen.
Le censure, inoltre, non si misurano con quanto delineato nell’ordinanza impugnata che, sulla scorta di una analitica disamina, supera le obiezioni difensive coltivate in sede di riesame e qui sommariamente riproposte.
2.2. In particolare, diversamente da quanto dedotto con il primo motivo, l’ordinanza genetica esponeva una specifica e autonoma valutazione del compendio indiziario raccolto, e risulta esente da censure di invalidità.
Il provvedimento del Tribunale, poi, contiene un dettagliato scrutinio delle censure proposte con l’istanza di riesame (cfr. pagg. 3-14 sul capo 1, pagg. 14 e 15 sul capo 8, pagg. 15-17 sui capi 9 e 10, pag. 17-18 sul capo 11 e pagg. 18 e ss. sul capo 12) facendo corretta applicazione del principio consolidato in forza del quale la confessione non soggiace alla regola valutativa di cui all’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. (cfr. tra le altre Sez. 1, n. 35336 del 04/05/2022, Ruà, Rv. 283571 – 01) e può essere posta addirittura a base del giudizio di colpevolezza dell’imputato (non solo quindi dei gravi indizi di colpevolezza) anche in caso di ritrattazione, laddove il giudice, apprezzandone favorevolmente la veridicità, la genuinità e l’attendibilità, fornisca, come nella specie, ragione dei motivi per i quali debba respingersi ogni sospetto di intendimento autocalunniatorio o di intervenuta costrizione sul soggetto, e debba ritenersi inverosimile la successiva ritrattazione (cfr. tra le ultime Sez. 1, n. 34356 del 20/06/2024, T., Rv. 286996 – 01).
2.3. Il secondo motivo esula dal novero dei vizi deducibili, poiché il “travisamento del fatto” non rientra nella previsione dell’art. 606, comma 1, cod. proc. pen. e, in ogni caso, è aspecifico, in quanto si esaurisce in un mero accenno a una diversa spiegazione dei fatti, ampiamente confutata dal Tribunale che:
pone in luce la inverosimiglianza della prospettazione difensiva (pagg. 1112);
indica tutti gli elementi che corroborano le primigenie dichiarazioni confessorie rese dall’imputato durante il percorso di collaborazione con la giustizia, successivamente interrotto: il bagaglio conoscitivo privilegiato che il ricorrente mostrava di possedere (pagg. 4 e ss.); la concordanza rispetto alle dichiarazioni
di numerosi collaboratori di giustizia e agli esiti dei vari procedimenti penali (pag. 13); il contenuto di alcune conversazioni telefoniche intercettate (pagg. 13 – 14); la perfetta sovrapponibilità agli esiti degli accertamenti di polizia giudiziaria rispetto a circostanze che potevano essere conosciute soltanto da chi avesse preso parte agli episodi criminosi (pag. 15 e ss.).
La inammissibilità dei motivi principali si riverbera, ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., su quelli, peraltro reiterativi, proposti con la memoria difensiva.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che si stima equa, di euro 3.000,00.
La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 29/11/2024