Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30810 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30810 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NEGER EUCLIDES nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza pronunciata in data 9.11.2022 dal Tribunale di La Spezia, in composizione monocratica, che ha dichiarato l’imputato COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/90.
1.1. Alla affermazione della responsabilità dell’imputato i giudici di merito sono pervenuti sulla scorta delle dichiarazioni rese dal personale di PG, del rinvenimento e del sequestro presso l’abitazione del GIL di circa 90 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, della confessione dallo stesso resa, delle intercettazioni ambientali relative ai colloqui in carcere disposte dagli operanti che avevano proceduto all’arresto di NOME COGNOME il quale, in occasione del sequestro dello stupefacente, si trovava all’interno della abitazione del NOME e in specie nella stanza ove era rinvenuta la cocaina.
1.2. La Corte territoriale ha respinto i motivi di gravame proposti avverso la sentenza di primo grado con i quali era stata chiesta l’assoluzione ai sensi del secondo comma dell’art. 530 cod. proc. pen. sul presupposto della non attendibilità della dichiarazione autoaccusatoria reda dal GII e sul mancato riscontro della stessa.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore munito di apposita procura, articolando tre motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo si deduce l’illogicità della motivazione con riferimento alla valutazione della “confessione” resa dall’imputato che, ad avviso della difesa, non poteva essere posta a base del giudizio di responsabilità senza un previo positivo apprezzamento della veridicità e della genuinità della stessa anche al fine di escludere intenti auto-calunniatori. La Corte si è limitata a ritenere l’insussistenza di elementi che facciano dubitare della attendibilità del dichiarante e lo ha fatto dopo avere affermato che il procedimento era scaturito dal sequestro dello stupefacente presso l’abitazione dell’imputato ed in specie nella stanza all’interno della quale si trovava tale NOME COGNOME che veniva tratto in arresto.
2.2. Rileva ancora la difesa che, con riferimento alle captazioni ambientali, la Corte territoriale, ha utilizzato una formula dubitativa che non dà conto se dalle stesse debba ricavarsi che COGNOME fosse estraneo al fatto o piuttosto cercasse di “chiamarsi fuori” da una ipotesi concorsuale. Tale valutazione non può essere disancorata dalla circostanza che l’odierno ricorrente, senza motivazione
apparente, allorquando non era neppure lambito dal procedimento penale conseguente all’arresto del COGNOME, senza conoscere la lingua italiana, si presentava alla Polizia giudiziaria e confessava la commissione di quel delitto.
2.3. Con il terzo motivo si contesta la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte, respingendo la prospettazione difensiva relativa alla non attendibilità della confessione resa dal NOME nel corso delle indagini, deduce che la stessa non è stata smentita né nel giudizio di primo grado né in quello di appello durante il quale l’imputato è rimasto assente.
Il P.G. ha rassegnato le proprie conclusioni scritte chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Va premesso che, poiché si versa in ipotesi di doppia conforme, la sentenza impugnata e quella resa dal giudice di primo grado si integrano e vanno lette congiuntamente sulla scorta del consolidato insegnamento d questa Corte, dal quale non vi è ragione di discostarsi, secondo cui «Il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile» (v. già Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, più recenti, Sez. 5, n. 14022 del 12/01(2016, Genitore e altro, Rv. 266617; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, COGNOME ed altri, Rv. 225671; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, COGNOME ed altri, Rv. 224079).
Peraltro, a fronte di una doppia conforme, il vizio dedotto di mancanza o manifesta o illogicità della motivazione, inteso come di tale gravità da minare il ragionamento probatorio, sì da rendere illogica la motivazione a causa della forza dimostrativa del dato non considerato nella nozione pacificamente accolta dalla giurisprudenza di legittimità (v., tra le numerose, Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, COGNOME e altri, Rv. 258774-01; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, COGNOME, Rv. 257499-01; Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, COGNOME, Rv. 243636-01; Sez. 1, n. 24667 del 15/06/2007, COGNOME, Rv. 237207-01) può essere rilevato, in sede di legittimità, soltanto nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specific deduzione che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado. Tale circostanza non ricorre nel caso in esame dato che le doglianze
espresse ai punti 1 e 2 mirano a ricostruire diversamente da come concordemente ritenuto dai giudici di merito la detenzione della droga in capo al RAGIONE_SOCIALE e come tali sono inammissibili.
2.1 La sentenza impugnata, che richiama espressamente quella di primo grado, non presenta alcuna illogicità nel valorizzare le dichiarazioni spontanee rese dal Gil. Costui aveva riferito dettagliatamente i contatti con tale COGNOME, suo connazionale che gli aveva offerto del denaro per custodirgli un pacco che poi era stato recapitato presso la sua abitazione in un frangente in cui in casa c’era solo il fratello, il quale ignaro gli telefonava e gli chiedeva cosa fare. NOME, allora gli ave detto di ritirarlo e di metterlo nella sua camera. Al suo rientro NOME aveva aperto la confezione di cellophane ed aveva constatato che si trattava di cocaina. Aggiungeva, nelle dichiarazioni rese, di sapere che la sostanza era detenuta da un certo COGNOME COGNOME cui COGNOME non si fidava più. Con le dettagliate dichiarazion confessorie rese, l’imputato scagionava COGNOME COGNOME che era un suo conoscente, che frequentava la sua palestra, che occasionalmente si trovava a casa sua e che era all’oscuro della presenza dello stupefacente.
Va rammentato che la confessione, può costituire prova sufficiente della responsabilità del dichiarante e ciò indipendentemente dalla esistenza di riscontri esterni purché il giudice prenda in esame le circostanze che hanno determinato la dichiarazione e dia conto delle circostanze che escludono intendimenti autocalunniatori o l’intervenuta costrizione dell’interessato (Sez. 6, n. 13085 del 3/10/ 2013, dep. 2014, Rv. 259489).
Nel caso in esame l’affermazione di responsabillità dell’imputato, contrariamente all’assunto difensivo, non si fonda unicamente sulle dichiarazioni autoaccusatorie rese da GIL. I giudici di merito hanno evidenziato, con motivazione affatto illogica, per un verso, come in occasione della perquisizione e del sequestro eseguiti il 26 agosto 2016, all’interno dell’abitazione del predetto sono stati rinvenuti i tre involucri contenenti la cocaina nonché il cellophane all’interno del quale lo stupefacente era stato consegnato e che GIL ha dichiarato di avere aperto. Per altro verso in maniera coerente e logica, i giudici di primo e secondo grado, hanno esaminato le dichiarazioni del COGNOME captate in modalità ambientale, mentre costui si trovava in carcere, allorquando si dichiarava estraneo alla detenzione ed attribuiva la responsabilità ad una terza persona che avrebbe dovuto assumersi le proprie responsabilità, essendo tra l’altro incensurato.
2.2. Quanto alle intercettazioni ambientali va confutato l’assunto secondo cui la Corte territoriale avrebbe, illogicamente, formulato una interpretazione dubitativa. Si legge in sentenza “la lettura delle intercettazioni agli atti può suggerire o l’estraneità effettiva del COGNOME al fatto o il tentativo, da parte de
medesimo, di chiamarsi fuori da una ipotesi concorsuale, non certo l’estraneità del GIL alla ricezione dello stupefacente”.
E’ lo stesso ricorrente ad ammettere nel ricorso che il contenuto delle intercettazioni non consente di affermare la estraneità dell’Imputato, salvo ad inserirle in un “quadro generale” senza, tuttavia, richiamare alcun passaggio che 14.1- krf (uv , . stuterarrauto-calunniosa la articolata e minuziosa confessione resa da COGNOME il 16 settembre 2016. Si tratta all’evidenza di una allegazione del tutto aspecifica e tra l’altro non autosufficiente perché si risolve in una generica lettura alternativa di passaggi neppure indicati delle conversazioni, rispetto ad una motivazione non manifestamente illogica.
2.3 Il terzo motivo è infondato. L’argomento speso dalla Corte in merito al silenzio mantenuto in primo grado dall’imputato ed alla sua mancata comparizione nel giudizio di appello non costituisce una arbitraria valutazione della strategia difensiva ma un argomento che è stato “coniugato” agli altri elementi emersi a suo carico. Si legge, infatti, nella sentenza della Corte territoriale “ove l’intento del G fosse stato quello di favorire il COGNOME, non si comprende davvero perché a distanza di tempo dai fatti l’odierno appellante sia rimasto inerte non solo non fornendo spiegazione alcuna nel giudizio di primo grado ma rimanendo assente anche nel giudizio di appello (a rischio cautelare ormai esaurito per il presunto favorito) così evitando di coltivare la tesi difensiva e di fornire un minimal appiglio in fatto a sostegno della sua estraneità alla vicenda”
Sul punto questa Corte ha avuto modo di precisare che al giudice non è precluso valutare la condotta processuale dell’imputato, “coniugandola” con ogni altra circostanza sintomatica, con la conseguenza che nella formazione del suo libero convincimento, ben può considerare, in concorso di altre circostanze, la portata significativa del silenzio serbato su circostanze potenzialmente idonee a scagionarlo” (Cass. Sez. 2 sent. n. 46664 del 20/9/2019 ud. dep. 18/11/2019; Sez. 6 sent. n. 28008 del 19/6/2019 ud., dep. 26/6/2019 Rv. 276381 -01).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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